ItaliaOggi, 2 dicembre 2020
Alle Hawaii l’acqua sarà offshore
La sete delle Hawaii potrebbe essere risolta dai fiumi d’acqua dolce che scorrono sotto l’oceano. L’oro blu, secondo una recente ricerca universitaria, potrebbe essere pompato in superficie con un meccanismo simile a quello delle piattaforme petrolifere offshore.
L’isola non è arida e le piogge sono frequenti, però la richiesta d’acqua è notevole e per la conformazione geologica del suolo hawaiano è difficile accumularla in superficie. L’acqua dolce viene così attinta da falde acquifere formate dalle precipitazioni atmosferiche a quote elevate, ma l’equilibrio è delicato e il rischio è quello di prelevare troppe risorse idriche lasciando poi a secco le fattorie che ci sono a valle e minando lo stato di salute degli ecosistemi. Gli esperti hanno studiato il ciclo dell’acqua sull’isola e si sono resi conto che le falde stavano in un qualche modo perdendo acqua. E non sull’isola, almeno non sulla parte emersa.
«Tutti pensavano che l’acqua dolce mancante stesse filtrando lungo la costa», ha spiegato al New York Times il ricercatore Eric Attias dell’università delle Hawaii, «Ma io avevo la sensazione che la perdita potesse essere sotterranea e in mare aperto».
E lo studio pubblicato su Science Advances, che riporta l’indagine di un team di geofisici marini, ha messo in evidenza l’esistenza di fiumi sotterranei che scorrono al largo della costa occidentale della grande isola di Hawaii, la maggiore dell’arcipelago, e il loro ruolo nel ciclo dell’acqua dolce hawaiana. La terra che emerge dall’oceano è come la punta di un iceberg: è solo una minuscola frazione dell’isola. I ricercatori si sono concentrati proprio sulla parte sommersa e hanno studiato l’idrogeologia attraverso il sistema dell’imaging elettromagnetico. In pratica, sfruttando l’elevata conducibilità elettrica dell’acqua di mare, dovuta alla maggiore salinità, rispetto a quella dolce, l’equipe coordinata da Attias ha monitorato le rocce costiere sommerse vicino al vulcano Hualalai. Da questo lavoro si sono scoperti fiumi sotterranei di acqua dolce che scorrono per oltre tre chilometri nell’oceano: questi corsi d’acqua attraversano rocce vulcaniche e sono circondati da materiale poroso saturo di acqua salata. Acqua dolce e acqua marina sono separate da sottili strati rocciosi formati da cenere compattata e terreno, un materiale impermeabile. Dalle rilevazioni degli esperti pare che questi fiumi possano contenere abbastanza acqua dolce da riempire 1,4 milioni di piscine olimpioniche.
«È plausibile che sotto l’oceano ci possa essere molta acqua dolce», ha commentato, al New York Times, Graham Fogg, idrogeologo dell’università della California, «però l’acqua dolce scoperta è chiaramente alimentata dalle falde acquifere dell’isola. Drenare acqua potrebbe quindi avere un impatto negativo sugli ecosistemi e sulla disponibilità idrica sull’isola».
Ma come accedere alle riserve sotto l’oceano? E qui entra in gioco la piattaforma offshore. «L’acqua è già sotto pressione, quindi sarebbe necessario pompare relativamente poco e», ha sottolineato Attias, «a differenza del petrolio, non ci sarebbe alcuna minaccia di inquinamento. Se si dovesse verificare una fuoriuscita sarebbe solo un po’ di acqua fresca».
Secondo lo scienziato, questa ricerca potrebbe essere interessante anche per altre isole dalla geologia simile, come Reunion, Capo Verde, Maui, Galápagos. «La nostra scoperta», ha concluso Attias, potrebbe essere una svolta per le sfide idriche degli isolani di tutto il mondo».