il Fatto Quotidiano, 2 dicembre 2020
Piano flop e scontri: così Mustier ha perso Unicredit
“Molti anni fa da ufficiale comandavo 30 paracadutisti. Se volevo che mi obbedissero davvero dovevo ottenere il loro rispetto: quindi saltavo dall’aereo per primo, correvo più di loro e portavo carichi più pesanti. Per chiedere tanto devi dare tanto”. La leadership non è bastata a salvare Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di UniCredit. In una riunione informale, domenica i consiglieri della seconda banca italiana, unico istituto nazionale considerato sistemico dalla Bce, lo hanno isolato: da un lato l’ad, arroccato sul suo piano industriale Team 23; dall’altro i consiglieri espressi dagli azionisti, che vogliono adattare il piano allo scenario Covid in modo da remunerare i loro investimenti. Così Mustier ha annunciato le dimissioni entro aprile 2021. Ma l’uscita del 59enne manager francese potrebbe avere perfino l’effetto paradossale di portare qualche banca francese al comando nel grattacielo di piazza Gae Aulenti a Milano dove ha sede UniCredit.
Le tensioni intorno all’ad si accumulavano da settimane. A inizio ottobre erano circolate voci sulla sua idea di proporre l’economista Lucrezia Reichlin come presidente. Una mossa per trovare un alleato in cda. Invece il 13 ottobre il consiglio ha cooptato come presidente l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. In ballo c’è il dossier aggregazioni. Restare da soli o andare a nozze grazie ai nuovi bonus fiscali da 5 miliardi per le unioni tra banche? E se questo matrimonio s’ha da fare, cercare un partner estero o in Italia, magari in quell’Mps “salvato” proprio da Padoan?
L’era Mustier, iniziata a giugno 2016, aveva visto subito la pulizia dei conti: UniCredit svalutò gli asset per 13,2 miliardi, chiudendo l’esercizio in perdita di 11,8 miliardi. A inizio 2017 scattò un maxi-aumento di capitale da 13 miliardi che diluì le storiche fondazioni azioniste che hanno sempre fatto il bello e il cattivo tempo nella banca e innalzò tra i soci BlackRock, Capital Group, Norges Bank. Per saziare l’appetito degli azionisti il Mustier ha inanellato una cessione dietro l’altra: in quattro anni UniCredit ha ceduto Fineco, l’asset manager Pioneer, la polacca Bank Pekao, la turca Yapi Kredi (perdendo 1,58 miliardi), l’ucraina Ukrsotsbank, le attività nelle carte di credito in Italia, Germania e Austria, la sua quota dell’8,48% in Mediobanca (che custodisce il controllo delle Generali). L’uscita da attività e mercati redditizi ha focalizzato eccessivamente la banca sull’Italia, dove economia e credito languono. In quattro anni in UniCredit il margine d’intermediazione è calato di 3 miliardi (-26%), i crediti deteriorati del 36% mentre il patrimonio netto è cresciuto di 10,6 miliardi (+21%). I bancari sono calati di un terzo, con 40mila uscite. Il titolo ha perso il 24,5%.
Con il piano Team 23, un anno fa Mustier aveva annunciato l’ennesimo taglio dei dipendenti: 8mila uscite, delle quali 5.500 in Italia, e la chiusura di altre 450 filiali. Nel quadriennio 2020-23 l’ad prevedeva di remunerare gli azionisti con 16 miliardi. Previsioni saltate per la pandemia: in un prospetto pubblicato il 20 novembre UniCredit ha scritto che “gli obiettivi finanziari di Team 23 per 2020 e 2021 non sono più rilevanti, sebbene siano confermate le priorità strategiche”. È sballato il costo del rischio, che al 30 settembre era di 81 punti base rispetto ai 49 del 2019 con attese a 100-120 per il 2020. Traballa anche la remunerazione degli azionisti: il 29 luglio la banca ha accettato di seguire le raccomandazioni della Bce, evitando dividendi e “buyback”, il riacquisto di azioni (per alzarne il valore) nel 2020, e attendendo l’ok per distribuire il capitale in eccesso.
La Borsa non ha preso bene la svolta: gli investitori temono la fusione di Unicredit in Mps ma non solo. In due sedute l’azione della banca milanese ha perso il 12,6%, bruciando 2,8 miliardi di capitalizzazione, due volte e mezza quella del Monte, salita del 6,8%. Secondo Mediobanca Securities, UniCredit è “una nave sicura, ben equipaggiata per la tempesta grazie a conti ripuliti, capitale forte, grandi accantonamenti Covid e diversificazione geografica”, ma ha “una valutazione di Borsa molto riduttiva” e l’abbandono del piano industriale “lascia la nave esposta alle onde e senza una chiara rotta alternativa. Il vuoto di leadership, la valutazione economica e fondamentali solidi potrebbero indurre altri a tentare di prenderne il controllo”. UniCredit sarebbe appetibile come “opzione strategica per le banche francesi per accedere alla Germania e moltiplicare l’accesso alle società europee. Un finale sarebbe paradossale: UniCredit più fragile uguale aggregazioni nazionali più difficili e maggiori possibilità di proprietà francese”. Proprio quello che molti, a partire dal Comitato parlamentare di controllo sui servizi (Copasir) imputavano a Mustier, temendo che il suo progetto di scorporare le attività internazionali per inserirle in una subholding quotata accelerasse una scalata dall’estero. A chi ricorda che “la pensione è la paura dei paracadutisti perché dà loro un senso di vuoto”, c’è chi ribatte che il paracadutista è saltato ma potrebbe tornare con i rinforzi.