Corriere della Sera, 30 novembre 2020
La protesta dei giudici onorari
«Il ministro della Giustizia dice che la caratteristica del lavoro di noi magistrati onorari è la “spontaneità dell’adesione”? E allora noi questo mese, “spontaneamente”, non facciamo udienze». Parte da Palermo e Milano la protesta dei magistrati onorari (5.000 in tutta Italia), ai quali di proroga in proroga lo Stato ha di fatto sub-appaltato le udienze nel 50% del civile e nell’80% del primo grado del pena-le monocratico, benché siano pagati a cottimo 98 euro lordi a udienza e non abbiano malattia né pensione. La mossa, soprattutto dei viceprocu-ratori onorari, è quella di non dare più la disponi-bilità per dicembre, e subito se ne vedono i contraccolpi: a Milano 16 pm togati sono stati pre-cettati per non far saltare i processi di domani e mer-coledì, e oggi il procura-tore Francesco Greco ha convocato una riunione per discutere come coprire altre cento udienze nel mese, anticipando che, se necessario, egli stesso e i suoi vice faranno alcuni di questi turni. Ma è aritmetica che, se i magi-strati onorari dovessero tenere duro, molte Procu-re non riuscirebbero a reggere. La pandemia ha esacerbato la sensazione di essere trattati – lamen-tano – come «schiavi» di una «classe» inferiore, visto che, mentre i pm togati stavano in smart working a casa, le uniche udienze che per legge non si sono mai fermate sono state le convalide degli arresti o le espulsioni in materia d’immigrazione, proprio quelle mandate avanti quasi solo dagli onorari, con alto rischio di esposizione al virus ma nessuna tutela in caso di malattia. A farli poi infu-riare è stato il 19 novembre il ministro Bonafede quando, in risposta a una interpellanza, ha detto non solo che «la distinzio-ne tra magistrati profes-sionali e onorari è basata sulla spontaneità dell’ade-sione di soggetti impegna-ti in altre occupazioni, e sulla precarietà e tempora-neità delle funzioni esercitate», ma anche che la loro esistenza «è legata altresì alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della magistratura professio-nale».