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 2020  novembre 29 Domenica calendario

La biologia è lenta, ci salva la coscienza

Che cos’è la coscienza? E come può essere nata? Ecco due domandine semplici semplici che noi uomini ci siamo posti da tempo e che costituiscono il tema del libro di Joseph LeDoux Lunga storia di noi stessi. Come il cervello è diventato cosciente, appena uscito da Raffaello Cortina. Naturalmente stiamo parlando di coscienza di ordine superiore, quella che ci permette di essere coscienti di essere coscienti. Un bel problema, insomma.
Joseph LeDoux è un grande neurobiologo. Ha compiuto numerose scoperte nel campo dello studio scientifico delle emozioni e, in particolare, della paura. Più di recente si è dedicato appunto al problema della coscienza, forse il più spinoso che esista.
Parlare della coscienza significa mobilitare tutte le nostre conoscenze sulla natura degli esseri viventi e sulla loro storia. Questo perché nessuno sa quando è comparso il fenomeno della coscienza né sappiamo in che maniera sia nata la vita stessa. Non si può che scomodare tutto questo, se si vuole affrontare con qualche speranza di successo il problema della coscienza. E questo è proprio ciò che fa LeDoux in questo libro, imbarcandosi in un viaggio ideale che abbraccia quasi 4 miliardi di anni, dai batteri più semplici fino a noi.

Uno dei pochi passi concreti che si possono fare verso la comprensione del fenomeno coscienza è quello di confrontare chi ce l’ha con chi non ce l’ha. Bene, ma chi è che ce l’ha e chi è che non ce l’ha?
Su questo tema si possono registrare le posizioni più varie, perché esistono persone che tendono a vedere un’estrema continuità fra l’uomo e molti altri animali, mentre altri tendono a sottolineare le differenze e, indirettamente, le discontinuità. Insomma, cambiando la domanda, non ci abbiamo guadagnato niente, se non l’aumento dell’apertura dell’obbiettivo (solitamente accompagnato, per dir la verità, da una perdita di profondità). Nel libro ci viene offerta comunque una carrellata su tutte le forme viventi mai vissute e sulla loro evoluzione, così che buona parte del libro può essere letta come un’autorevole introduzione all’evoluzione biologica.
Poi, all’improvviso, cambia tutto. Lo scienziato sulla breccia prende in mano il discorso, togliendolo al divulgatore, fosse pure di lusso, per intraprendere un’indagine in prima persona.
Di che cosa si tratta? Nientemeno che di una possibile differenza fra noi uomini e il grosso degli altri animali. L’autore tiene a distinguere fra i circuiti cerebrali che servono per assicurarci la sopravvivenza, riguardanti essenzialmente il nutrirsi e il riprodursi, e quelli connessi con le emozioni e la coscienza.

I primi sono vecchissimi e riguardano buona parte degli animali superiori; i secondi sono relativamente recenti e rappresentano una caratteristica tutta nostra. Nelle parole di LeDoux: «I nostri circuiti di sopravvivenza ci collegano alla storia della sopravvivenza degli organismi dotati di sistema nervoso. E le strategie universali di sopravvivenza che i circuiti di sopravvivenza e i comportamenti tatticamente implementano ci collegano all’intera storia della vita. La separazione della storia delle emozioni e di altri stati di coscienza dalla storia profonda dei circuiti di sopravvivenza ci permette di vedere qual è il nostro posto in questa storia antica. Come tutte le altre specie, siamo speciali perché siamo diversi. Le nostre differenze sono importanti per noi perché sono le nostre. Ma sono semplici note a piè pagina di una saga durata 4 miliardi di anni. Solo conoscendo l’intera storia possiamo veramente capire chi siamo e come siamo arrivati a questo punto».
E domani? Che cosa sarà di noi? «Persistiamo come individui solo se persistiamo come specie. Non c’è il tempo perché l’evoluzione biologica venga in nostro soccorso: è un processo troppo lento. Dobbiamo affidarci – scrive l’autore – a vie del cambiamento più rapide: l’evoluzione cognitiva e quella culturale che, a loro volta, dipendono dai nostri cervelli coscienti e dalle loro scelte. Alla fine, è proprio nella coscienza che dobbiamo riporre la nostra fiducia».