La Stampa, 29 novembre 2020
QQAN64 Salvare il pianeta? Chiedete a Platone
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Volete sapere come risolvere l’emergenza clima, proteggere il Pianeta attraverso la sostenibilità, cambiare l’approccio degli esseri umani alla ricerca della felicità, e lungo la strada salvare anche le nostre democrazie dalla minaccia del populismo? Facile, basta chiedere a Platone. È quello che la politologa di Princeton Melissa Lane raccomanda da quando ha pubblicato il saggio Eco-Republic (Princeton University Press, 2011), e lo ripeterà oggi nel suo intervento digitale al Festival del Classico, intitolato per l’appunto «È possibile una repubblica ecologica oggi?».
Cosa risponde a questa domanda?
«Platone non si occupava della sostenibilità ecologica, ma era preoccupato per la stabilità psicosociale, ossia se motivazioni e desideri dei cittadini sono in armonia con obiettivi e valori della società, oppure la minano. Perciò l’ho usato pensando a immagini famose come quella della caverna, che ci fanno riflettere sulla differenza tra apparenza e realtà, spingendoci dall’inerzia all’immaginazione, e poi all’iniziativa».
Perché l’ecologia dovrebbe attivare questo processo?
«Dimostra come la riluttanza a controllare i nostri comportamenti, e il rifiuto di capire e accettare i danni che provocano, ci abbia portato a sbattere contro il muro dell’insostenibilità. La formulazione del capitalismo fatta a partire dal ’700, la società commerciale, la riabilitazione dell’avidità come cosa buona rispetto al fanatismo delle guerre di religione, ha permesso ai nostri Paesi di creare un nuovo sentiero che ha generato squilibrio tra l’individuo e la società. I costi li stiamo vedendo ora con la crisi ecologica, e quella finanziaria del 2008. In contrasto, potremmo tornare all’idea greca dell’etica, dove l’avidità era vista come un vizio, da limitare per il bene della società, ma anche dell’individuo. Platone non fa la morale solo su ciò che è buono per gli altri, ma ragiona anche su come raggiungere la vera felicità per la persona. E questa felicità si trova solo quando c’è equilibrio tra il nostro autocontrollo e la società che creiamo».
Ma il prigioniero che lascia la caverna, quando torna dopo aver visto la luce non viene accolto bene dagli altri. Chi rivela la verità non rischia di fare la fine di Socrate?
«Uso Platone, ma rivisitandolo. Lui pensava che poche persone avessero la rara abilità di uscire dalla caverna e vedere la luce, perché la vera luce era la filosofia, che richiedeva anni di studio. Alla radice della sua idea, però, c’era la basilare differenza tra apparenza e realtà, convenzioni sociali e verità. Nel caso dei cambiamenti climatici non servono anni di studio per vedere i danni che stanno già provocando, e la necessità di mutare i nostri comportamenti, perciò le voci che possono denunciarli sono molte di più. Questo non significa che le avanguardie del cambiamento non siano state vittime dell’intolleranza, perché la gente non vuole sentire chi sollecita mutamenti fondamentali del nostro modo di vivere. Platone però ci aiuta a vedere la profondità della sfida, e forse possiamo essere più ottimisti di lui sul fatto che alla fine il messaggio venga ascoltato».
Come si può far accettare questa sfida alla gente?
«C’è una dialettica interessante tra l’azione degli individui e quella politica. Io enfatizzo il ruolo dell’individuo non perché la politica non sia cruciale, ma perché l’azione politica spesso nasce da piccoli gruppi di individui capaci di costruire movimenti. Quando Tony Blair divenne premier, partecipai a una riunione con lui, in cui disse che dovevamo essere noi a spingerlo a fare le cose necessarie per la sostenibilità. Anche se sono premier - disse - non riuscirò mai a realizzarle, se voi non create collettivamente la pressione culturale necessaria. Ciò spiega il delicato equilibrio tra i politici e il clima culturale, e il ruolo degli individui per portare ai cambiamenti necessari».
Lei indica tre passi che conducono alla soluzione: inerzia, nuova immaginazione e azione. Come si compiono?
«La pandemia è un caso interessante, perché ci ha obbligati a fare dalla sera alla mattina cose che prima ci sarebbero sembrate inconcepibili. Possiamo vivere in una maniera differente, se accettiamo la realtà e la necessità di farlo».
La chiave potrebbe essere un cambio generazionale, innescato non solo da personaggi noti come Greta, ma soprattutto dalla scelta personale di migliaia di ragazzi che abbracciano la sostenibilità?
«Sì. Nella Repubblica Platone parla delle dinamiche generazionali, e dei giovani che reagiscono ai valori dei genitori. La sua narrazione porta al declino, ma noi possiamo essere più ottimisti di lui. I giovani vedono che il re è nudo e hanno il coraggio di dirlo, e questa dinamica potrebbe lavorare a favore del bene».
La vittoria di Trump nel 2016 non era stata un rifiuto di queste idee? Ossia, stiamo nella caverna e vogliamo restarci.
«In parte sì. Ma ci sono anche margini di speranza, e cautela, per quanto è successo dopo. Gli effetti dei cambiamenti climatici sono già evidenti, ed è difficile negarli quando la tua cantina si allaga per le inondazioni, o gli incendi distruggono la tua proprietà. Naturalmente esiste il rischio che la gente traumatizzata fugga ancora di più dalla realtà, e cerchi soluzioni di breve termine controproducenti. Ma ci sono segnali che quando la differenza tra apparenza e realtà viene messa davanti alla faccia della gente, le persone iniziano a discutere la sicurezza di restare nella caverna».
D’altra parte, però, nella nostra società c’è un forte rifiuto della competenza, che alimenta populismo e sovranismo.
«Certo. Questo è un grave pericolo, non solo per l’ecologia, ma per la tenuta stessa della democrazia. Platone in passato veniva bollato come un antidemocratico, da cui non si poteva imparare nulla. In realtà parla di come la democrazia possa essere condannata al declino, e ci aiuta a capire come dobbiamo equipaggiarci meglio per difenderla».
Le presidenziali Usadel 3 novembre sono state una reazione?
«Sì, gli elettori hanno risposto alla domanda di esperienza e competenza, sulle questioni ambientali e oltre. Siamo stati costretti a riconoscere che la democrazia non può essere data per scontata, ma va protetta e sostenuta».
E Platone ci aiuta a farlo?
«Nel Politico parla proprio di una città che si divide in due fazioni così avverse da perdere ogni capacità di interagire. Negli Usa sta accadendo lo stesso, al punto che le famiglie repubblicane e democratiche rifiutano persino i matrimoni tra i rispettivi figli. È una ricetta per il disastro. L’idea di Platone è che il lavoro fondamentale dei politici sia incontrare tali gruppi, e trovare il modo di farli interagire. Forse oggi questo è l’atto più necessario, nella politica degli Usa e di tutti i Paesi attraversati dal populismo».