Ha appena fatto uscire un singolo che si intitola Clito, né più ne meno, sfrontato o meglio dire sincero. «Ma io non mi sono posta il problema, ho pensato questa è una canzone che ascolteranno in quattro gatti». Però quando esce un suo pezzo si parla di milioni di streaming e visualizzazioni. Francesca Calearo ci parla dalla sua casa, dove vive con la famiglia e lancia pezzi come Sciccherie e Sentimi che scivolano tra ansie ritmiche e slanci emotivi in forma di melodia.
Come vive questo rapporto tra parola ritmata e melodia?
«Lo vivo male, malissimo».
Ma come male…
«Sì perché non capisco mai dove devo andare. Quello che sto per dire è molto schematico, ma per capirci: consideriamo rap e pop, ovvero quello che va in streaming e quello che va in radio, io so di essere entrambe le cose, nel mio underground c’è un poco di mainstream e nel mio mainstream c’è qualcosa di underground, mi trovo bene a mescolare tutto anche perché non mi vedo come una che crea, piuttosto uno chef che grazie alle sue capacità e alla sua intelligenza inventa un piatto mettendo insieme ingredienti, che prende da De André come dallo Zecchino d’oro, di cui tra l’altro sono una grande fan».
Fino a che punto fan?
«Tanto da esserci andata. Avevo otto anni, ho presentato al pianista la mia canzone che si chiamava Lo stelliere , una canzone vecchia dello Zecchino, lui non sapeva suonarla, e fu un disastro, quindi non mi presero, pensai che i talent non facessero per me. Mi hanno spesso tarpato le ali, ma io mi dissi che un giorno gliel’avrei fatta vedere…».
Ma dietro tutto questo, a dispetto di quello che si dice dei giovanissimi sembra che ci sia una visione di sogno. È possibile?
«Sì, mi dicono che sono concreta, e invece no, ho tantissima paura del mondo, di affrontare le situazioni. Sono spinta da un grande desiderio di crescere che può essere paragonato all’amore da quanto è forte. Ma non ho mai desiderato fama e denaro, non lo dico per farmi bella, davvero non me frega niente. Mi sono costruita un mondo in cui tutto è bello e io cerco di trasferirlo nella mia musica, devo fare in modo che il mondo in cui entro tutti i giorni sia il mondo che vorrei, il mondo che sogno».
La sfrontatezza di alcuni pezzi non contrasta con le sue paure e la sua riservatezza?
«C’è un mio testo non ancora uscito che dice: "non ho mai risposto a ‘chi è Madame?’ ma forse una risposta ce l’ho già, è l’unica voce che può rendere giustizia con parole mascherate a tutta la mia verità". Questo spiega molto: metto una maschera che mi permette di dire cose che potrebbero sembrare volgari, ma è solo una della maschere che coprono la mia riservatezza e mi permettono di parlare di me».
A dispetto dei valori che ha veicolato per decenni, la musica si è rivelata un mondo molto maschile, per non dire maschilista. È stato un problema?
«Non perdo tempo a definirmi in un genere, se ne ho bisogno imito una posa di donne autorevoli, con righe potentissime, ma nell’approccio alla scrittura prendo spesso esempio da quella maschile, anche Clito in realtà è una scrittura maschile, che io rendo femminile perché sono una donna, ma avrebbe potuto scriverla un maschio dicendo cazzo al posto di clito. Per me tutte le persone sono eguali, non dovremmo neanche porci la questione».
Da dove viene quello che scrive?
«Io scrivo sempre quello che vivo. Non posso fare altro. La mia sensibilità viene dalle influenze che ho avuto, e sono soprattutto musica italiana anni 60, i cantautori, De André e il pop americano anni 2000 tipo Justin Bieber».
De André e Bieber sembrerebbero inconciliabili…
«Forse perché la vostra generazione aveva un apprendimento verticale, da un concetto si approfondiva fino alla fine, ora è orizzontale, come un monitor di computer, hai più pagine che metti di fianco, contemporaneamente. Anche io sono legata al passato, vado a cercare chi può aver vissuto prima di me le mie stesse cose, ora sto leggendo Pirandello e ascolto Chopin, sono come uno Xanax culturale, il passato è fondamentale, ma per far sì che la mia musica arrivi a tutti, devo parlare di cose che conosco e che vivo».
Come gestisce fama e scuola?
«La fama mi fa paurissima, non sopporto l’idea della folla. Ma io dico quale fama? È una cosa in più, la rimuovo come se non esistesse nulla, ogni canzone è come se ricominciassi da capo. Ma al di là della paura sono molto espressiva, estroversa, quando sono felice sono quasi un’altra persona, la felicità è quello che cerco ogni giorno, la forza mi arriva solo dalla gioia di fare quello che faccio».