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 2020  novembre 29 Domenica calendario

Intervista a Riccardo Chailly

Maestro Riccardo Chailly, lei è il primo, e resterà forse l’unico, a dirigere un 7 dicembre con la Scala a porte chiuse. Sarà un racconto musicale di tre ore, trasmesso da Raiuno dalle 17. Che effetto le fa?
«Debutto, per la prima volta, senza pubblico e non so proprio come possa essere. Forse sarà simile a quanto avviene in sala di incisione. Solo che qui c’è un progetto narrativo e visivo, con 24 cantanti. Il regista Davide Livermore si muove in maniera creativa e comprende bene le potenzialità del teatro. Sarà qualcosa di assolutamente inedito».
Sarà meno stressante senza pubblico?
«Non credo. Anzi, abbiamo la consapevolezza di eseguire per il mondo intero. La Rai ha già avanzato collaborazioni in merito. Mancherà il momento, emotivamente forte, di misurarsi con l’intensità degli applausi. Non ci sarà feedback, rimarremo come sospesi».
Cosa cambia a dirigere per la tv e con il distanziamento?
«Con le aperture della Scala in autunno abbiamo sperimentato il distanziamento tra musicisti, che va contro l’utilità dell’ascolto tra colleghi. Dal podio, io guarderò la sala verso il Palco reale e l’azione scenica con i cantanti avverrà alle mie spalle. È uno stato di emergenza, non confortevole. Ci vuole applicazione collettiva e il rischio è alto perché un musicista è abituato a fare musica insieme».
Dove disporrà orchestra e coro?
«L’orchestra occuperà metà platea e sarà disposta su una grande piattaforma. Il coro sarà nei palchi. Ci sarà un collegamento con il ballo, che sarà diretto da Michele Gamba, un’opportunità per un giovane milanese che ha già diretto alla Scala. Era impossibile fare contemporaneamente le prove di balletto e delle arie».
Si apre con «Rigoletto» e si chiude con «Guglielmo Tell»: in tutto 8 compositori e 33 brani…
«Serata corposa, in totale 15 titoli di opera. Ci siamo assunti un’importante responsabilità per un unicum che spero resti tale. Attraversiamo un secolo di musica per arrivare al brano di Rossini che dà significato alla serata. Ecco il testo: “Tutto cangia, il ciel s’abbella / L’aria è pura, il dì raggiante… Quel contenuto che in me sento / non può l’anima spiegar”. Si conclude con un Do maggiore, la tonalità più raggiante che esista. È l’idea di liberazione che tutti speriamo».
La sigla sarà «Io son l’umile ancella», una registrazione cantata da Mirella Freni.
«La regia darà una visione molto figurativa sulla musica cantata dalla Freni. Poi ci sarà l’Inno di Mameli e il Preludio di Rigoletto con tema la maledizione».
Il secondo brano sinfonico?
«Il Preludio di Carmen. La serata non è un susseguirsi di romanze, ma micropassaggi di opere incastonati in un percorso».
Con tanti cantanti come si fanno le prove?
Emergenza
L’azione scenica con i cantanti avverrà
alle mie spalle. È uno stato di emergenza
«C’è uno schema che fa impressione, come un orario dei treni, arrivi e partenze. Tutto è calcolato con minutaggio. Proveremo con i solisti e con l’orchestra».
La tv sta cambiando i cantanti?
«Per loro, recitare è diventato un fatto naturale. A me piace questo discorso evolutivo della regia se garantisce il rispetto della musica. Bisogna cercare insieme la soluzione, non ci devono essere condizionamenti interpretativi».
Balletti e registrazioni romperanno il ritmo?
«Non credo. Ci sarà un senso unitario con brevissimi interventi parlati».
Veniamo ai rimpianti: prima è saltata la «Salome» con Michieletto ora la «Lucia di Lammermoor» con Kokkos.
«La Salome è stata interrotta addirittura alla prima prova di insieme; la Lucia dopo due settimane di prove di regia. Spero siano recuperate».
Saltate anche le sinfonie del progetto Beethoven e la «Sonata tritematica» per l’anniversario di suo padre.
«Per il brano di mio padre sarebbe stata prima esecuzione assoluta. Beethoven siamo a tre quarti, mancano la Prima e Sesta sinfonia. Le recupereremo con la Filarmonica».
Il Covid cambierà la fruizione musicale?
«Mi auguro che tutto ritorni come prima, ma con la consapevolezza che ciò sarà un privilegio. L’avanzamento tecnologico sia solo un accrescimento. La presenza è imprescindibile. Questo in corso è solo un adattamento che si sta trasformando in un incubo».
A dicembre la Scala ha tre appuntamenti, poi?
«Abbiamo programmato tante volte, ma non riusciamo ad annunciare nulla, non so quando potremo andare oltre le ipotesi».