la Repubblica, 28 novembre 2020
L’eterno potere di perle e diamanti
Iris Apfel, novantanovenne modella, testimonial e musa del gusto americana non ha dubbi: «I gioielli hanno il potere di trasformarti. Possono esaltare o destabilizzare, farti sentire grunge, gotica o ultra elegante. In un attimo». Senza bisogno di altri ornamenti. Deve saperlo bene Kamala Harris. Insieme alle bluse col fiocco e ai tailleur, la vicepresidente degli Stati Uniti ha fatto di orecchini e fili di perle l’ornamento feticcio del suo stile solido e discreto. «Le perle sono da sempre simbolo di potere, accanto ai diamanti, pensiamo a quelli incastonati nelle corone dei reali», spiega Cristina Marchetti, docente di Sociologia dei fenomeni politici alla Sapienza di Roma, autrice di Moda e politica. La rappresentazione simbolica del potere (Meltemi, pp. 150, 15 euro), «Inoltre le perle hanno un profondo significato alchemico, rimandano alla conchiglia creatrice ed evocano un concetto di autorità misto a femminilità. Già nel ’500 Elisabetta I d’Inghilterra faceva ricamare i suoi abiti con una quantità di perle».
Una passione quella per i gioielli in bianco che fa pensare alle “signore” di The Crown. La quarta stagione della serie Netflix sulla vita di Elisabetta II (interpretata da Olivia Colman), oltre a essere concentrata sulla tensione tra la sovrana e Margaret Thatcher (Gillian Anderson), è costellata da affilate battute che non trascurano il look. È il caso del cosiddetto “Balmoral Test”. Invitata alla residenza reale, la Thatcher si presenta a una battuta di caccia vestita con tanto di tacchetti e abito azzurro elettrico, “il colore ideale per mimetizzarsi con la natura”, è il commento sarcastico di Sua Maestà. Ma la vera protagonista è Lady Diana (Emma Corrin). Tre donne e tre gusti diversissimi, se pensiamo alle mise rigorose amate dal primo ministro, ai tailleur dalle tonalità sorbetto della regina o agli abiti drappeggiati di Lady D, tutte però accomunate da scintillanti orecchini e fili di perle.
Uo di stile inconsapevolmente in linea con gli insegnamenti impartiti da Colette in Gigi. Uscito nel 1942, il romanzo racconta l’educazione sentimentale dell’omonima quindicenne allevata da sua nonna e da sua zia Alicia, famosa cortigiana a riposo. In questa sorta di fiaba moderna, intessuta sullo sfondo di pettegolezzi Belle Époque, non mancano le lezioni di stile, come quella dedicata al discernimento delle pietre preziose. Così, insieme ai segreti della seduzione, Gigi apprende la differenza tra i peridoti e gli smeraldi, tra i topazi e i diamanti giunchiglia. Zia Alicia proseguiva poi “mettendo in guardia” la nipote da pietre dure e “gioielli artistici” concludendo che gli unici da prendere in considerazione erano i gioielli con perle o pietre preziose.
I gioielli contemporanei sembrano terner conto di queste raccomandazioni. Al di là degli stili, siano essi “illuminati” da perle o diamanti, evocano quell’epoca passata alla storia come “mode blanche” e iniziata all’indomani del 1929 quando l’Exposition de la Bijouterie, Joaillerie et Orfèvrerie tenuta al Palais Galliera di Parigi (oggi Musée de la mode) segnò, in contrapposizione agli arcobaleni di pietre tipici dell’Art Déco, un ritorno alla monocromia. Non è un caso che in seguito il grande gioielliere francese Georges Fouquet così definì il nuovo orientamento: “Se la caratteristica dell’Esposizione del 1925 è stata il colore, l’esposizione Galliera segna la nascita delle note bianche”.
Che oggi stia accadendo qualcosa di simile, oltre a tante ambasciatrici di stile, lo dimostrano gli orecchini in oro bianco e diamanti di Pasquale Bruni e Giorgio Visconti, così come i bracciali tennis di Re-Carlo. Accanto ai diamanti, ecco poi le perle che illuminano i bracciali in argento dalla linea minimal di Pianegonda e i girocollo in argento e perle di Giovanni Raspini. «Tutti modelli», commenta Simona Segre, docente di Fashion Studies all’Università di Bologna, «che per la loro versatilità si intonano con ogni mise in sintonia con questo momento di difficoltà. E con la loro luminosità quasi smaterializzata, ben si adattano a questa fase di vita virtuale».