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 2020  novembre 27 Venerdì calendario

Periscopio

Il Comitato Tecnico Scientifico (Cts) non è un organismo indipendente ma è una sorta di circolo di consiglieri del Principe, naturalmente inclini ad assecondare il Principe. Luca Ricolfi. Il Riformista.
Da quando fu eletto, Trump è stato considerato dai democratici un intruso. Adesso si lamentano se lui disconosce il verdetto. Marcello Veneziani, la Verità.

Casaleggio era convinto che l’epoca della parola scritta e stampata fosse finita e che fosse subentrata l’era del web. Poi ha convertito al suo credo un potente tribuno come Beppe Grillo, creando il Movimento Cinque Stelle che, ignorato, non capito dalla stampa e dai politici, ha preso il potere. Dopo diversi anni, il movimento sta istituzionalizzandosi diventando partito. Oggi una parte del movimento vorrebbe restare nella fase fluida, nascente, ma è impossibile. Un Movimento, qualunque esso sia, diventa sempre istituzione (vedere in poposito mio libro: Movimento e Istituzione del 2014), quindi vincerà il partito. Francesco Alberoni, sociologo, il Giornale.

Il governo tenta di stemperare l’angoscia, che talvolta diventa disperazione, con prospettive che restano remote: i risarcimenti, il vaccino, il Recovery Fund. I «ristori» arrivano troppo lentamente, mentre si allarga la forbice tra chi è garantito e chi no. Vaccinare tutti gli italiani sarà un’impresa titanica, che richiederà buona organizzazione e tempi lunghi. E investire duecento miliardi, per un Paese che su 45 miliardi già stanziati dall’Europa per le infrastrutture ne ha spesi meno di dieci, sarà una sfida cruciale. Il risultato è che tutti dubitano di tutto: di ricevere oggi la cassa integrazione e i sostegni; di avere il vaccino domani; di vedere dopodomani benefici concreti dal programma europeo per la prossima generazione. Aldo Cazzullo. Corsera.

Conte, nonostante i guai che l’Italia subisce in Libia, tiene stretta a sé la delega ai Servizi e ama confrontarsi solo con il suo fidato amico Gennaro Vecchione, capo del Dis, in scadenza nelle prossime settimane. Pare che pur di ottenere la sua riconferma sarebbe disposto a cedere la sua delega ad un suo fedelissimo, il sottosegretario al Cipe Mario Turco anziché a Marco Minniti, o a Vincenzo Amendola o a Luigi Zanda come suggeriscono Quirinale e Pd. È proprio il caso di dire «mamma li turchi». Luigi Bisignani. Il Tempo.

Incontrai Pannella una mattina, a Roma, durante una lunga passeggiata tra i viali dell’Università La Sapienza. Eravamo entrambi studenti di Legge. Lui già faceva i comizietti a Piazza Colonna, affollata nel dopoguerra di agit prop. Era una personalità notevole, più coerente di quanto non sia stato dopo. Oggi, viviamo l’epoca della democrazia del gradimento, in cui obiettivo della politica è assecondare i gusti dell’elettorato. E lui lo sapeva e voleva fare. Mauro Mellini, avvocato (Gian Carlo Perna). Libero.

A proposito di mondializzazione abbiamo fatto, come General Electric, grossi sforzi di collaborazione con l’Arabia Saudita. Ne avevamo fatti con l’Iran prima che fosse sommerso dal khomeinismo e poi li abbiamo fatti massimamente in Europa. Paolo Fresco, ex numero due di General Electric e ad Fiat (Paolo Panerai). Milano Finanza.

A Latina la gente sente ancora il tom tom tom della moto Guzzi del Duce che passa per le strade e controlla. E alla Foce del Duca, al lago di Fogliano, a volte si sente un elicottero: è Kennedy che si ferma, per fare il bagno. La gente sente, vede, io trascrivo e basta... pensa che racconti palle, io? Antonio Pennacchi, scrittore (Eleonora Barbieri). Il Giornale.

Quando scrivevo questa storia globale, la Storia della letteratura italiana che poi fu pubblicata nel 1991, ho cominciato a capire che qualcosa stava finendo, che la frantumazione, l’opacità, la moltiplicazioni delle voci, le novità tecnologiche che si annunciavano, stavano rendendo impossibile una storia letteraria nazionale concepita secondo un disegno organico. Giulio Ferroni, critico letterario (Antonio Gnoli). Repubblica.

Era difficile, pur se ribadisco di aver sbagliato, non sfottere un così palese ed effeminato omosessuale come Gabriel Garko che ribadiva di avere profondi amori femminili. Glieli avevano procurati, questi amori, e imposti, i suoi padroni, agente, produttori, ufficio stampa. Ai quali doveva obbedire (per un complesso di motivi non solo di carattere economico) perinde ac cadaver. Ora Garko fa un’accorata confessione televisiva, fa il suo coming out: commosso e commovente, pur se diciamo, come un annuncio a tumulazione avvenuta. È omosessuale, lo è sempre stato, e ora ha un profondo legame d’amore con un ragazzo di Torre Annunziata che scarica i bagagli alla Malpensa. Paolo Isotta su Gabriel Garko. Il fatto quotidiano.

Io volevo viaggiare. Mamma laureata in letteratura tedesca, papà industriale tessile. Nonostante vivessimo a Como e dunque lontani dai bombardamenti più devastanti, la guerra ci aveva segnato nel profondo. Ricordo un senso di oppressione, di isolamento. Alla fine del conflitto volevo fare una cosa sola: girare il mondo. Partii per l’Africa Settentrionale, andai a intervistare Muhammad Nagib, primo presidente dell’Egitto. Un viaggio rischioso all’epoca, siamo nei primi anni Cinquanta. Fu il primo di molti altri viaggi, tanti dei quali da sola, che ho fatto. Margheria Bulgheroni, prima traduttrice dei Beatles (Roberta Scorranese). Corsera.

Sorridevo, nella cabina che, singultando, scendeva ai piani. «Mi raccomando» mi dicevi sempre, papà. Che cosa? mi chiedevo, certa di me, orgogliosa, a vent’anni. Venivo a trovarti nella tua casa solitaria non spesso: tante sono le cose, si sa, che una ragazza a vent’anni ha da fare. Passavo a cena, alle volte, affamata, e mangiavamo gli spaghetti in una piccolissima cucina nascosta in fondo a un appartamento grandissimo. Aprivo un armadio nella dispensa, a passarne in rassegna il contenuto: pile di scatolette di tonno, carne, fagioli, da anni scadute. Te le eri portate in Vietnam, Congo, Afghanistan, le tenevi sempre in valigia, per un’emergenza, le riportavi come amuleti, e non le buttavi mai. Poi, mentre tu buttavi la pasta, andavo su un terrazzo non largo, ombroso, dove, in un gran disordine, tu piantavi rose, basilico, piselli, gelsomini, ignorandone credo i ritmi e le stagioni: quel che cresceva cresceva. Io non capivo allora quella tua passione, ma la capisco ora: piace, invecchiando, vedere qualcosa che nasce. Marina Corradi, in ricordo del padre Egisto. La Gazzetta di Parma.

L’insofferenza è il primo passo verso l’indifferenza. Roberto Gervaso.