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 2020  novembre 27 Venerdì calendario

Il super-piano Ue per salvare l’olfatto

Il timore, non nascosto, di medici e ricercatori all’inizio della pandemia era che l’anosmia, cioè l’alterazione dell’olfatto – correlata al Covid-19 – potesse segnalare che il virus si faceva strada, attraverso il naso, nel cervello, dove avrebbe potuto causare danni gravi e duraturi.
Gli ultimi studi, dovuti a neuroscienziati impegnati su questo fronte, stanno fornendo le spiegazioni a livello molecolare. Chiarendo il mistero su come il virus arriva a derubare le sue vittime dell’olfatto, all’ultimo posto nella gerarchia dei sensi, ampiamente dominata dalle suggestioni di vista e udito. La pandemia ci ha fatto scoprire quanto sia cruciale nell’esperienza umana, e quanto grande sia il potere di innescare ricordi e trasportarci indietro nel tempo.
Non poteva quindi arrivare più a proposito questo piano di catalogazione degli odori, un progetto monstre, Odeuropa, sotto l’egida dell’Unione europea. Consisterà nell’immane lavoro di identificazione e catalogazione degli odori descritti dagli europei negli ultimi cinque secoli. Coinvolgerà una ventina di esperti, tra storici, profumieri, chimici e informatici e costerà circa 3,3 milioni di dollari. Certo, “i documenti sensoriali” non si trovano facilmente negli archivi. Ma i responsabili del progetto, attingendo ad una pluralità di fonti – letterarie, tecnico-scientifiche, memorialistiche – contano di raccogliere una gran messe di dati storici che saranno curati e pubblicati in una biblioteca digitale dei vecchi odori europei che potranno essere utilizzate nei musei e in mostre speciali.
Chissà se sarà possibile catturare “l’odor di femmina” capace, un tempo, di imporsi ai nasi maschili, come quello ben addestrato di Don Giovanni, nell’opera di Mozart che annusa, prima di vederla, una donna, provocando l’esclamazione ammirata del servo Leporello «cospetto che odorato perfetto!». Che odore avevano Maria Antonietta e la Gioconda? E Maria de Cléves che soggiogò Enrico VIII con il profumo della sua biancheria? Riusciranno gli esperti a catalogare l’odore delle ascelle di cui Casanova, convinto del suo potere seduttivo, inzuppava il suo fazzoletto di merletto, usato come arma di seduzione olfattiva? E il profumo di muschio di cui era impregnato il boudoir di Giuseppina che stregava Napoleone? Il progetto Odeuropa non sarebbe stato forse accolto con tanta curiosità se la pandemia di Covid- 19 non avesse attirato l’attenzione sulla perdita, sia pure temporanea, dell’olfatto, sottovalutato e sottoutilizzato. E, infatti, il collegamento con l’oggi è stato variamente richiamato dai responsabili dello studio. «L’olfatto è la chiave della nostra vita quotidiana – ha spiegato, William Thalet, storico dei profumi presso l’Università di Ruskin nel Regno Unito – l’abbiamo visto durante la pandemia, quando le persone hanno perso il senso dell’olfatto dopo essersi ammalate di Covid-19». Peraltro, perdita dell’olfatto è così comune nelle persone colpite dalla malattia – un buon ottanta per cento, secondo le stime più attendibili – che alcuni ricercatori ne hanno raccomandato l’uso come test diagnostico perché potrebbe essere un segno più affidabile della febbre o di altri sintomi. Un po’ come accadeva per l’epistassi durante la Spagnola.
Ma, in realtà, il silenzio olfattivo non riguarda solo chi è stato colpito dal Covid-19. Tutti, anche chi non è incappato nel virus sperimenta un decisivo cambiamento nella vita olfattiva. La barriera della mascherina che dobbiamo indossare uscendo di casa, cancella gli odori; il distanziamento fisico mette in sordina i “sensi di prossimità” e azzera le emanazioni, i sentori, i vapori vitali dei corpi; la sanificazione, la disinfezione, la sterilizzazione nascondono le testimonianze del tempo organico. Che odore ha il mondo attraversato dalla pandemia?