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 2020  novembre 26 Giovedì calendario

Detto fatto e l’ennesima polemica degli indignati dei social

L’unica cosa che ci sarebbe da dire sullo scandalo del tutorial del supermercato è: «Quel formaggio francese mi sconquassa le spese: ci dovrò rinunciare». Ma, prima di arrivare lì, riassumiamo, per gente che avesse una vita (che bizzarria) e ieri non fosse passata dai social, perdendosi l’indignazione del giorno. Prima di arrivare lì, partiamo dalle pagine culturali del New York Times.
Ieri il New York Times pubblica una lista, firmata dai suoi due principali critici culturali, dei venticinque più grandi attori del ventunesimo secolo. Forse ne avete sentito parlare perché in mezzo c’è Toni Servillo, e il provincialismo locale va in brodo di giuggiole quando veniamo citati dall’autorevole NYT.
Se vi foste presi il disturbo di scorrere i venticinque nomi, tuttavia, vi avrebbe fatto sorridere lo zelo con cui la cultura americana è diventata la massima esperta di manuale Cencelli. Con risultati a volte ridicoli: devi metterci i neri, devi metterci le donne, e finisce che ci metti Melissa McCarthy e non Leonardo DiCaprio né Brad Pitt (che, oltre a essere maschi bianchi etero, non rientrano neanche in nessun’altra quota: potrebbero almeno ingrassare, diamine).
Poiché questa è l’impostazione che chiunque abbia uno smartphone si vede passare davanti tutto il giorno tutti i giorni, non ci facciamo una ragione del fatto che esistano anche le isole (felici o infelici: non sarò certo io che mi metterò a far la morale agli autori d’un contenitore per massaie che l’intera Rai, dal direttore generale in giù, sta vilmente scaricando). Isole sulle quali la morale dei social non fa alcuna presa. La principale di quelle isole è la televisione.
Nessuno che twitti indignato per una scenetta avvenuta in un contenitore della tv generalista è spettatore della tv diurna. È proprio un diagramma di Venn la cui intersezione è vuota. Gli unici che lo riempiono sono quelli che hanno account dedicati a dire quanto la tv diurna faccia schifo e a incitare allo scandalo quelli che hanno appena spolliciato la lista dei grandi attori del NYT e non vedono l’ora di sospirare «e invece a me tocca vivere in questo paese premoderno, che disgrazia».
Insomma, avevo promesso un riassunto, basta divagare.
Un programma di Rai 2 che nessuno di noi ha mai visto, Detto fatto, pensa bene d’organizzare un siparietto in cui una tizia belloccia fa vedere come appoggiarsi al carrello della spesa coi tacchi a spillo (chi non fa la spesa in tacchi a spillo) e il culo, come si dice a Roma, appizzato. Fa tutte le mossette che noialtre a quindici anni facevamo davanti allo specchio, solleva la gamba, fa le piroette, usa il carrello del supermercato come la sbarra d’un immaginario Flashdance.
In che contesto s’inseriva il siparietto? Impossibile saperlo, giacché la Rai, sempre gheparda nel controllo dei danni, ha ben pensato di togliere la puntata dell’altroieri da RaiPlay, non appena l’internet è insorta (la puntata di ieri, invece, non è proprio andata in onda, mentre i consiglieri d’amministrazione dettavano alle agenzie le solite banalità e il direttore generale Fabrizio Salini parlava di «episodio gravissimo, che nulla ha a che vedere con lo spirito del servizio pubblico e con la linea editoriale di questa Rai. Ovviamente ho avviato un’istruttoria per accertare responsabilità e stiamo facendo valutazioni sul futuro di questo programma». Non si fa in tempo a pensare «Direttore: anche meno» che arriva la notizia della zelante chiusura del programma)..
Si direbbe che, oltre agli indignati di Twitter, la tv non la guardino neanche i dirigenti televisivi, visto che ogni volta trasecolano per quel che è andato in onda non mentre va in onda ma un giorno o una settimana dopo, quando qualcuno su un social decide di svergognarli. Su una rete da te supervisionata va in onda un episodio gravissimo, ma né tu né le migliaia di dipendenti della tua azienda ve ne accorgete, finché non ve lo dice Coniglietto91 su Twitter. Cosa potrà mai andar storto.
Ho aspettato per tutto ieri una dichiarazione di Mina, unica che mi sembrasse qualificata a parlare di quella che era la versione miserabile d’un suo favoloso video. Era il 1988, la canzone s’intitolava Ma chi è quello lì, ed era ambientata in un supermercato, e narrata da una donna piuttosto determinata a portare a casa il taglio di carne giusto. Nel video, a spingere il carrello in collant velati e scarpe col tacco era nientemeno che Monica Vitti, alla quale il formaggio francese sconquassava le spese ma non faceva calare il livello di ormoni: «Ma chi è quello lì, con le cosce come copertoni, quello lì, quello lì, vicino al banco dei peperoni, io lo devo conoscere assolutamente o mi scoppia la mente».
Proseguiva andando a strusciarsi addosso a un tapino che faceva la spesa col cappello ed era chiaramente impreparato ad affrontare una Vitti che gli chiedeva «Scusi lei, mi consiglia i pomodori migliori?», e ovviamente fuggiva quando Monica la volitiva concludeva «è un consiglio prezioso, sa: vivo da sola e solo molto golosa». Ma lei non si lasciava abbattere, avanti un altro: «Ma chi è quello lì, con le cosce come due tinozze, quello lì, quello lì, che sta passando vicino alle cozze».
Magari gli autori di Detto fatto volevano rifare quel video. Magari la tapina che alzava la coscia è la Monica Vitti che quest’epoca si può permettere. Magari riempire uno spazio quotidiano è un inferno (a chi lo dite) e butti dentro anche le idee più scrause. Magari volevano creare il caso («Li sopravvaluti», ha detto un dirigente televisivo cui l’ho ipotizzato). Magari hanno pensato che l’umorismo grossier fosse perfetto per il pubblico che s’incomoda a tenere il televisore acceso, e non hanno tenuto conto del tribunale di Twitter.
Di sicuro, più di trent’anni fa Mina e Monica Vitti avevano già capito un’ovvietà che ancora sembra sfuggire agli autori televisivi romani: se vuoi appoggiare una tizia sexy a un carrello di supermercato, puoi uscirne vivo solo se è ben chiaro, dalla scenetta, che l’oggetto sessuale è l’uomo, mica la spingitrice di carrello. «Quello lì, quello lì, con la bocca come una banana. Quello lì, quello lì: vicino alla pizza napoletana».