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 2020  novembre 26 Giovedì calendario

Intervista all’economista Branko Milanović

Capitalismo da solo, è il titolo in inglese del nuovo libro di Branko Milanovi?: perché non ha più concorrenti sistemici. Scomparsi il feudalesimo e il comunismo, per la prima volta nella storia dell’umanità abbiamo un solo sistema socioeconomico che governa il mondo, visto che la Cina, per parametri oggettivi, è un paese capitalista. Nell’edizione italiana è diventato Capitalismo Contro Capitalismo, per sottolineare che ci sono due varianti distinte e perfino antagoniste: uno è il capitalismo liberale e meritocratico occidentale, l’altro è il capitalismo politico della Cina e di pochi altri paesi. Ne parlo con Milanovi? guardando ai cambiamenti in corso dell’economia globale per effetto della pandemia.Nel primo anno dell’era del coronavirus, c’è molta attenzione sulla competizione tra il modello statunitense e quello cinese. Sembra che il modello cinese possa uscirne vincitore. È possibile che il capitalismo politico si dimostri superiore? Se così fosse, quali sarebbero le conseguenze? Altri paesi saranno più inclini ad adottare la ricetta cinese?«Abbiamounadifferenzamolto marcatatra la Cina e gli Stati Uniti, ma è importante sottolineare il successo dei paesi asiatici, il Vietnam o la Thailandia,la Corea, Taiwan e il Giappone;e il fallimento non solo degli Stati Uniti e del Brasile, ma anche dei paesi europei. È più unsuccesso dell’Asia che della sola Cina. Detto questo,è vero che la Cina avrà fatto molto meglio di qualsiasi altro Paese.Questofenomeno sarebbela continuazione e l’accelerazione della convergenza tra redditi cinesi e redditi occidentali. Riguardo alla replicabilità del modello cinese,è possibile che la Cina abbiain futuroun ruolo più attivo nelcercare di esportare il suo sistema economico/politiconel resto del mondo».Guardare anche ad altri paesi asiatici è importante e ci riporta all’origine del “capitalismo politico” in Cina. Quando Deng Xiaoping divenne il leader dopo la morte di Mao Zedong e decise di abbandonare gradualmente il comunismo economico, guardò alle cosiddette “tigri asiatiche” degli anni Settanta, Giappone, Corea del Sud, Singapore, Hong Kong, Taiwan. Il modello giapponese aveva ingredienti del “capitalismo politico”, il ruolo del governo nella pianificazione e nel sostegno alle industrie strategiche, nella loro espansione sui mercati esteri.Giappone, Corea del Sud e Taiwan sono democrazie liberali e condividono anche alcune caratteristiche del capitalismo occidentale. Il modello cinese diventerà esportabile verso economie avanzate, oltre ai paesi emergenti?«L’idea di capitalismo politico che uso viene dal ruolo storico globale del comunismo.Questo è statocruciale nella trasformazione delle società colonizzate osemicolonizzate – con sistemi principalmente agrari/feudali – in nuovi Stati indipendenti attraverso la liberazione dall’influenza straniera. In secondo luogo, l’ideologia comunistaha avutoun ruolocentrale nella trasformazione dei rapporti feudalidi produzione, non solo per le riforme agrarie,ma anche in quelle dell’istruzione per le donne e del sistema sanitario. LaCina è un caso paradigmatico,cui aggiungoalmeno altri dodici paesi che rientrerebbero in quelgruppo, tracui Singapore,ma non laRussia. Rielaboro, da una prospettiva marxista, il ruolo globale delcomunismoinunmododiversoda comevienenormalmente presentato.Credoche la Cina siainteressata ad esportare il proprio modello economico,non solo conla Belt and RoadInitiative, ma anchecon le misure per contrastare il virus e trovarneil vaccino. Storicamente i paesichehannoavuto piùsuccesso economicoebbero deiseguaci.Per esempioilRegno Unito conla rivoluzione industriale. La Germania, quandoeraall’apice delsuo potere con la Prussia e con l’unificazione, fu presa amodello dalGiappone.Ovviamente lo stesso vale per gli Stati Uniti o l’Unione Sovietica, che all’apice della sua influenza è statacopiata anche in India. Sarebbestrano che il modello cinese,dopo 40 annidi successi, non trovasse seguaci».Siamo nel mezzo di un enorme esperimento di politiche economiche, di deficit spending per fermare la recessione e di politiche monetarie estremamente espansive. L’impatto sulle diseguaglianze?Secondo un recente studio della banca svizzera UBS, i miliardari sono diventati ancora più ricchi dall’inizio della pandemia. Uno dei motivi è l’andamento dei mercati azionari, in particolare delle grandi imprese tecnologiche e gli aumenti stellari della capitalizzazione. Jeff Bezos, principale azionista di Amazon, ha aumentato la propria ricchezza di altri 73 miliardi di dollari da metà marzo a metà settembre. Il suo concorrente cinese, Jack Ma, fondatore di Alibaba, ha aumentato la sua ricchezza del 45% in dieci mesi.Gli studi di Thomas Piketty e Walter Scheidel dimostrano che in passato le calamità globali diminuirono le diseguaglianze. Sarà la prima volta che una catastrofe ha l’effetto opposto, nonostante l’allargamento del ruolo dello Stato?«Ilruolo dello Stato è tornato al centro delladiscussione politica. Quando ci sono circostanze straordinarie, quandodevi avereospedali capacidi ricevereun numero sufficiente di pazienti, devi incrementare il ruolo dello Stato rispettoa quando si guardava soloalla massimizzazione del profitto. È l’esempio della Germania, che stava per razionalizzare il suo sistema sanitario e fortunatamente non l’ha fatto, così ha un surplus di posti letto. Sulle diseguaglianze: le prove aneddotiche mostranocheiguadagni incima alla piramide sono enormi. A posteriori è facile razionalizzare l’arricchimento di Amazone Alibaba e dei loro azionisti.Gli asset finanziari sono saliti di prezzo, ea guadagnaresono statepersoneche erano già ricche. Questo è stato un effetto inaspettato della crisi».Le raccomandazioni politiche del libro sono interessanti e sorprendenti. Contesta che la riduzione delle diseguaglianze possa avvenire in prevalenza attraverso l’investimento nell’istruzione. A causa della tendenza a sposarsi fra persone dello stesso status professionale e sociale, una società meritocratica aumenta le diseguaglianze. Poi c’è la raccomandazione a rendere più facile per la classe media e i lavoratori possedere capitali. Dovremmo tutti diventare azionisti? Le politiche fiscali vanno concepite in modo da rendere più facile la proprietà diffusa di capitale?«Se si guarda alle forzesistemiche che incrementanole diseguaglianze nelle società capitalistiche, queste portano alla creazione di una classesuperiore molto istruitae che tendea trasmettere i propri vantaggi ai figli.Attraverso l’eredità, quindi finanziariamente; attraverso unalto livello di istruzione; e attraverso la rete di relazioni sociali. Il pericolo è di creare una classe superiore permanente,comeunanuova aristocrazia.Bisogna rompere queste catene di trasmissione, in modi diversi. Il primo è la tassazione dell’eredità, rompendola trasmissione finanziaria.Poisi deve rompere la parteeducativa, enfatizzando l’istruzione pubblica.Infine bisogna diffondereuna ricchezzafinanziaria cheal momento è molto concentrata. Daqui il suggerimento di favorire attraverso vantaggi fiscali la capacità della classe media dipossedere beni finanziari».