Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  novembre 24 Martedì calendario

Biografia di Antony Blinken

Nella vita di Antony Blinken, John Lennon si mescola con Valérie Giscard d’Estaing; il regista Abel Ferrara con l’artista Christo; il pianista Leonard Bernstein con Catherine Deneuve. Il talento di Antony è fiorito in un percorso ricco di avventure e di opportunità. Nato a New York, figlio di Donald, un importante avvocato e di Judith, artista e impresaria nel mondo della musica e della danza. A otto anni il piccolo Antony si trova catapultato a Parigi, insieme con la madre che nel frattempo aveva divorziato e aveva sposato Samuel Pisar, un altro avvocato della comunità ebraica, sopravvissuto ai campi di concentramento di Auschwitz e Dachau. Blinken ha frequentato l’Ecole Jeannine Manuel, istituto privato e selettivo, immergendosi nell’ambiente cosmopolita e pieno di contaminazioni tra arte, cultura, politica nell’establishment francese, frequentato dalla madre e dal padre adottivo. A 21 anni Antony si divideva tra chitarra, i concertini con una banda Jazz e il cinema. Voleva fare il regista, non il segretario di Stato.
Ma alla fine torna negli Stati Uniti. Studia ad Harvard e alla Columbia Law School. Può contare sui formidabili network delle sue due famiglie. Il padre Donald gli apre le porte di New York. Pisar quelle di Washington e dell’amministrazione di Bill Clinton, da cui sarà nominato ambasciatore in Ungheria. Entra nel dipartimento di Stato nel 1993, a 31 anni, lavorando agli Affari europei. In quegli anni conosce Evan Ryan, una funzionaria della Casa Bianca, la sua futura moglie. Nel 2000 l’incontro con Biden, all’epoca presidente della Commissione Esteri del Senato. Ne diventa il principale collaboratore, ruolo che ha di fatto conservato negli ultimi vent’anni. Nel 2009, Joe diventa vice presidente e lo chiama alla Casa Bianca come suo consigliere per la sicurezza nazionale.
I cardini della sua visione politica fanno parte della tradizione clintoniana più che obamiana: multilaterismo, collaborazione con gli alleati, interventismo nelle aree di crisi. Nel suo libro appena pubblicato, La Terra Promessa Obama lo cita due volte e sempre in collegamento con le turbolenze in Medio Oriente, probabilmente la sua area principale di competenza. Nel 2011-2012 Blinken si schierò a favore «delle primavere arabe», le «forze del cambiamento» soprattutto in Egitto e in Libia.
Ora la comunità internazionale si aspetta che riporti gli Stati Uniti negli accordi stracciati da Trump: il Protocollo di Parigi sul clima e poi l’accordo con l’Iran sul nucleare. Ma la vera sfida per lui, come per tutta l’amministrazione Biden, sarà il rapporto con la Cina. Blinken, nel corso di recenti discussioni in diversi think tank di Washington, ha prefigurato un’«alleanza soft» con i partner europei e asiatici, per convincere Pechino a osservare gli standard internazionali sul commercio, la moneta, i diritti intellettuali, bocciando la strategia dello scontro frontale a colpi di dazi.