la Repubblica, 23 novembre 2020
Gli odori perduti d’Europa
Sì, l’olfatto è il senso della memoria e del desiderio, diceva Jean-Jacques Rousseau. Ma l’amore per gli odori al tempo del Covid è potenzialmente pericoloso: la loro mancanza può essere sintomo di contagio e poi annusare è sconsigliato a causa della natura del Coronavirus. Per questo il nuovo progetto finanziato dall’Ue “Odeuropa” è coraggioso, ma affascinante, e anche un sollievo quasi mistico una volta che, si spera, la pandemia sarà sconfitta.
Certo, di tempo ce n’è. Il viaggio di “Odeuropa” partirà il prossimo gennaio e durerà almeno fino al 2023. È stato finanziato dall’Unione europea con 2,8 milioni di euro e i Paesi partner sono sei: Germania, Francia, Slovenia, Paesi Bassi, l’Italia con la Fondazione Bruno Kessler e, nonostante la Brexit che si avvererà a Capodanno, pure il Regno Unito con l’Anglia Ruskin University e lo University College London. Obiettivo: ricreare gli odori che hanno caratterizzato il Vecchio Continente dal XVI al XX secolo.
Per esempio quelli perduti, vedi il rosmarino bruciato e il catrame bollente contro la Grande peste del XVII secolo o i sali per rinsavire utilizzati fino all’Ottocento. Ma anche gli odori che sono cambiati, perlomeno nella nostra percezione, come il tabacco. «Oggi abbiamo un’idea molto diversa della sua aroma», spiega al Guardian il professore William Tullett della Anglia Ruskin University, autore oltremanica di Smell in Eighteenth-Century England, “Gli odori nell’Inghilterra del XVIII secolo”: «Il tabacco è arrivato stabilmente in Europa nel XVI secolo e aveva un odore molto esotico. Poi però è stato rapidamente “addomesticato”, perché sempre più diffuso in casa e nei locali pubblici. Ora invece, per le leggi degli ultimi anni, sta scomparendo da questi posti. Ciò ha un impatto anche su come lo percepiamo adesso».
Il progetto si compone di tre fasi: l’intelligenza artificiale scansionerà fino a 400mila testi storici (romanzi, libri di testo e riviste) in sette lingue (inglese, tedesco, francese, latino, olandese, sloveno e italiano) oltre a dipinti e immagini. Ciò per ottenere quante più informazioni possibili e ricreare una descrizione comune degli odori e del loro contesto: «Il nostro obiettivo è sviluppare un “naso da computer” – spiega Sara Tonelli della fondazione Bruno Kessler – in grado di tracciare odori ed esperienze olfattive in testi digitali in un arco di quattro secoli». Tutte le informazioni raccolte — fase 2 – verranno usate per sviluppare un’enciclopedia di odori e delle emozioni, insieme ai luoghi a loro associati. Terza e ultima fase: alcuni dei profumi storici contenuti nell’enciclopedia (120 circa) verranno riportati in vita da scienziati e profumieri e poi diffusi in musei e altre istituzioni.
Già, perché la conoscenza è sinestetica e passa anche attraverso gli odori. Dunque, il progetto conta di sfruttarli anche per rendere gli spazi pubblici più attraenti o, per esempio, aiutare i non vedenti nella fruizione dei contenuti di un museo. E poi, lo spiegava già la “sindrome di Proust”: gli odori sono la nostra storia e la nostra memoria. Perché gli odori siamo anche noi.