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 2020  novembre 22 Domenica calendario

QQAN30 Intervista a Neri Parenti

QQAN30

Cinismo da set: “Subito dopo l’uragano Katrina convincemmo un operatore, appena atterrato in Florida, che per carenza di posti doveva condividere la stanza con una persona. ‘A un tizio è capitata una bella bionda’. In realtà, superata la soglia, si trovò davanti un lottatore di wrestling totalmente nudo. Impallidì. Non sapeva che era una comparsa”.
Scaramanzia da set: “Aurelio De Laurentiis volle girare a Madrid gli interni di Natale sul Nilo, solo perché il precedente in Spagna era andato bene”.
Imprevisti da set: “Per Natale in crociera erano tutti distrutti dalla stanchezza: passavano la notte a giocare al casinò. Qualcuno si è rovinato”.
Liturgia da set: “Quando giri un film corale, c’è sempre la vittima designata: in Pompieri Lino Banfi venne massacrato”.
Egocentrismi da set: “In Christmas in love Anna Maria Barbera, in arte Sconsolata, fermò le riprese perché Ronn Moss non la guardava con i veri occhi dell’amore”.
Rapporti non solo da set: “Con Villaggio ho condiviso anni; la sua maschera era talmente forte che bastava impostare la scena, poi ci pensava lui”.
Deriso, a volte evitato, annualmente criticato, dal pubblico osannato: Neri Parenti rappresenta un’ampia fetta di cinema, uno spicchio che varia a seconda che la prospettiva sia meramente economica, artistica, sociale o professionale. Ma c’è un dato: i suoi film hanno rappresentato un appuntamento atteso da migliaia di fan, per anni è stato il “veglione” del post-pranzo del 25 dicembre. E nel 2020 oltre ad arrivare sulle piattaforme con Natale su Marte, ha pubblicato un libro (Due palle… di Natale), in cui svela i retroscena dei set, tra scherzi, invidie, carte da gioco, debiti e amici.
Però uno dei primi capitoli è su Pompieri…
Per spiegare la liturgia di un film corale, che ha un percorso a sé e prevede dinamiche come l’esigenza di individuare la vittima. In quel caso, Banfi.
Cosa gli capitò?
Gli altri protagonisti della pellicola erano Paolo Villaggio, Gigi e Andrea, Massimo Boldi, Christian De Sica e Ricky Tognazzi. Nessun letterato. Ma ogni notte studiavano vocaboli improbabili e sul set li piazzavano a caso. ‘Ma come Lino, non sai cosa significa irrefragabile?’; o per indicare un bicchiere d’acqua pieno il termine era ‘onusto’.
Banfi in crisi.
Distrutto. Poi all’improvviso citavano I fratelli Karamazov, e Dostoevskij appellato fraternamente Fëdor; (sorride) non solo, a quei tempi il cellulare era raro, difficile da ottenere, e caro. Villaggio ne sfoggiava uno. Un giorno Lino, soddisfatto, chiama Paolo: ‘Sono in macchina con il mio telefonino’. E Villaggio: ‘Anche io sono in auto, ma non ti posso parlare perché sono sull’altra linea…’.
Di Villaggio parla solo bene.
Il cinismo si racconta da vivi.
Però.
Sotto tale aspetto io e Paolo eravamo uguali. Lui era solo più cattivo di me; (sorride) aveva un agente, Mario De Simone, uno schiavo: gli telefonava a qualunque ora, e a qualunque ora doveva dimostrare una certa prontezza.
Esempio.
Paolo, in casa, aveva un antifurto collegato all’appartamento di Mario, e il poveretto abitava dall’altra parte della città. Tutte le sere, apposta o meno, si scordava di toglierlo. E dopo dieci minuti, si palesava Mario, in pigiama, con sopra il cappotto. Un giorno, Mario, mi ha confessato il lato tragico: ‘Quando sento l’allarme spesso sono vestito: indosso il pigiama nel vago tentativo di intenerire Paolo’. A Villaggio non gliene importava niente.
Implacabile.
L’unico vezzo di De Simone era di acquistare un palchetto durante gli Internazionali di tennis. Paolo accendeva la televisione e quando si accorgeva della presenza sugli spalti di Mario, felice dietro i giocatori, lo chiamava al cellulare: ‘Venga, è un’emergenza’. Paolo godeva nel vedere il suo agente, trafelato, alzarsi e correre via.
Non si è mai ribellato.
Prima di Paolo, Mario seguiva solo attoretti, mentre Villaggio era stato cacciato dalle agenzie a causa di ritardi e bizze. Un cliente pessimo. Nel loro incontro ognuno ha coperto le assenza dell’altro, e Mario era disposto a tutto: una volta si è fatto sparare.
Villaggio era tremendo.
Crudele con gli autisti, li cambiava in continuazione, e nel momento dell’addio applicava la ‘supercazzola’: gli farfugliava qualcosa e qualche indirizzo, ovviamente incomprensibile. All’ennesimo, inevitabile errore, li guardava con commiserazione e aggiungeva: ‘Sono costretto a mandarla via’.
Nel libro racconta spesso di ‘goliardate’.
Scuola di ladri, metà anni Ottanta, Villaggio era fanatico di cucina giapponese e per pranzo gli arrivava il sushi. Un pomeriggio Boldi e Banfi, incuriositi, gli chiedono com’è, e ottengono un invito. Il giorno dopo ci sediamo a tavola: ogni boccone di sushi era avvolto dalla carta, come delle caramelle. Boldi, ignaro, lo prende e mette in bocca, senza scartarlo. Stavo per avvertirlo, ma sento la mano di Paolo sulla coscia: ‘Non mi rovinare uno dei momenti più belli della mia vita’.
Nel libro spesso parla bene di Boldi.
Ha dimostrato una professionalità rara, ha dato il meglio anche quando la moglie stava per morire o il contratto con Aurelio si era concluso male.
Poco di De Sica…
È meno attaccabile, se la cava sempre: è sempre puntuale, sempre preciso, sa sempre le battute; quando tocca a lui, uno potrebbe non andare sul set, e tornare a scena finita. (Ride) Per le riprese di Natale a Miami scegliamo un albergo nell’entroterra, mentre Christian uno davanti al mare; quando scoppiò l’uragano Katrina, vidi l’impossibile, comprese le auto volare; allora lo chiamo, con il pensiero di ‘chissà cosa sta accadendo da lui’, e invece mi risponde placido: ‘Siete messi così? Io sono seduto al ristorante’. Da lui Katrina non era arrivata.
Avete girato poco prima dell’11 settembre, con gli uragani e altri guai. Però non vi fermavate; sembrate Belushi quando dice: ‘Sono in missione per conto di Dio’.
Per conto di De Laurentiis. Che per lui se la batte con Dio.
Un produttore molto presente.
In Merry Christmas era sempre lì e le maestranze avevano escogitato un trucco per parlarne male, senza il rischio di venir beccati: lo chiamavano ‘Manolo’, e aggiungevano ogni tipo di lamentela o insulto. Fino a quando De Laurentiis si convinse che ‘Manolo’ fosse della troupe e, preoccupato da tante lagne, convocò il direttore di produzione: ‘Questo tipo è dannoso. Licenzialo’.
Gli ha mai detto la verità?
Ora nel libro.
Anche con De Laurentiis vi conoscete da decenni.
Per il primo contratto inserì una clausola: il film è giudicato valido se durante la proiezione scattano tre boati in sala.
Scherza?
No, sono serissimo e da allora assisto a ogni prima proiezione, ho bisogno del riscontro, è fondamentale la verifica: magari dei passaggi che tu ritieni infallibili, poi risultato mediocri, e viceversa.
Con chi andava?
A volte con Boldi, in altre con De Sica, mimetizzati; (sorride) il mio esordio è legato alla fine degli anni Settanta, per John Travolto… da un insolito destino. Io e Carlo Vanzina entrambi seduti su una panchina in centro a Roma, davanti al cinema: lui verificava gli spettatori del suo Figli delle stelle, io ero pronto alla catastrofe per una pellicola assurda. E infatti nella mia sala non c’era nessuno. Dopo un po’ sbuca una comitiva di orientali, vedono il cartellone, confondono Travolto per Travolta, ed entrano. Quell’errore è stata la mia salvezza.
Capitolo Anna Maria Barbera.
Dovevo capire dal messaggio di Pieraccioni.
Cioè?
L’anno precedente Leonardo aveva incassato molto, con nel cast pure Sconsolata. Aurelio per rafforzare la truppa l’aveva strappata alla concorrenza, e Pieraccioni invece di incazzarsi mi aveva scritto: ‘Grazie’.
Quindi…
In Christmas in love fermò le riprese perché secondo lei Ronn Moss non la guardava con reale amore, e non lo poteva tollerare. Ronn non capiva e mi fissava sconcertato, io in inglese provavo a limitare i danni, ma con poco successo. Fino a quando sono stato costretto a parlarne con Aurelio, che è arrivato con il suo elicottero, si è chiuso in una stanza con lei. Quando è uscito, il problema era risolto.
Come?
De Laurentiis prepara contratti enormi e pieni di clausole. Le avrà spiegato, nei dettagli, a cosa andava incontro.
Per anni ha ottenuto attori internazionali alla Danny DeVito…
Anche qui, bravissimo Aurelio: li prendeva per cinque giorni di riprese, e costruiva l’offerta come una sorta di vacanza di lusso: vieni a Capri, andiamo in barca, poi a mangiare il pesce, ci rilassiamo e giriamo. E aggiungeva un punto: nessuna distribuzione negli Stati Uniti.
Con voi Maradona.
Era nel suo periodo più buio, quando aveva problemi di droga ed era circondato da personaggi loschi; accettò solo per soldi e con due patti: avrebbe deciso lui, anche all’improvviso, quando era disponibile, e nessuna scena con il pallone.
Non semplice.
Organizzammo due troupe, 12 ore ognuno. Io in perenne allerta. (Cambia tono) Diego era in parte conscio della sua condizione e si è scusato: gli volevano bene tutti.
I Fichi d’India.
Persone strampalate di una bontà rara; parlano solo varesotto, ma sono padroni di una mimica unica, abili nell’arte di arrangiarsi. Mentre giravamo Natale in India, ognuno di noi si è affidato a loro come interpreti con la gente del luogo.
Chi l’ha sorpresa?
Mi ha divertito Antonio Ricci: in Christmas in love avevamo preso Valerio Staffelli per consegnare il Tapiro a Ronn Moss. All’ultimo quella scena è stata tagliata, così chiamo Ricci per avvertirlo: ‘Lo dici tu a Valerio?’. E lui: ‘Meglio di no’. Antonio non ha resistito allo scherzo di mandarlo in sala, contento e soddisfatto, magari dopo essersi vantato con amici e parenti, per poi scoprire la verità.
Cosa ci vuole per durare tutti questi anni?
In primis il culo. Poi sono capitato nel momento di massima per i cinepanettoni, con bravissimi attori e un produttore che non si è fermato davanti a nessun ostacolo; poi aggiungo talento e professionalità.
Lei chi è?
Lo stacanovista della cazzata.