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 2020  novembre 22 Domenica calendario

QQAN60 Politica e tracolli demografici

QQAN60

Il libro: I traumi d’Europa. Natura e politica al tempo delle guerre. Il Mulino, pagine 180 €16


Autorevolissimo studioso di demografia, Massimo Livi Bacci ha sempre saputo muoversi all’intersezione di discipline diverse, là dove numeri e documenti parlano linguaggi non scontati, fuoriuscendo dai tecnicismi disciplinari.
Ne sono scaturiti studi di grande valore su temi storici e politici che spaziano dai rapporti tra popolazione e alimentazione al tracollo demografico degli indios americani dopo l’arrivo degli europei con i loro nuovi e micidiali germi patogeni. Muovendo dall’assunto che Natura e Politica sono «le due principali fonti generatrici dei traumi demografici della storia» (p. 18), questo denso volume ne misura l’impatto sull’Europa del ’900, quando la Natura perde a vantaggio della Politica (e a svantaggio del genere umano) il suo antico primato «nell’infliggere traumi catastrofici all’umanità» (p. 9).
Un tema non privo di attualità, dunque, in una stagione in cui la prima torna a disseminare le sue devastanti epidemie mentre la seconda sembra non perdere occasione di mostrare la sua irresponsabile e opportunistica insipienza.
«Dove prima le siccità avevano causato le carestie, i microbi le epidemie, la geologia i terremoti, generando morti, infermi, migrazioni forzate, adesso imperavano le catastrofiche decisioni della Politica: guerre, mondiali e civili; genocidi; deportazioni; carestie frutto di imposizioni vendicative». I poderosi progressi scientifici che da un secolo e mezzo a questa parte hanno combattuto e spesso vinto la guerra contro una Natura assassina hanno altresì messo armi micidiali nelle mani della Politica, che non ha esitato a servirsene. Antichi equilibri turbati da più o meno violenti episodi naturali sono stati violati dalle capacità distruttive di armi sempre più efficienti, dal cinismo di decisioni politiche e iniziative belliche incuranti dei costi umani, da ideologie totalitarie nutrite di violenza e fanatismo, di nazionalismo espansionistico, di razzismo.
Per dare un’idea del primato della Natura ancora imperante nell’Ottocento, Livi Bacci ci ricorda che l’oscurarsi del cielo a causa dell’eruzione di un vulcano indonesiano nel 1815 provocò in Europa una carestia che fece più vittime delle guerre postnapoleoniche, e che le tre epidemie di colera scoppiate in Italia nell’Ottocento causarono circa 425mila morti, rispetto ai quali i 10mila caduti nelle tre guerre di indipendenza sono poca cosa.
Devastante è stato invece nel secolo successivo il ruolo della Politica negli andamenti demografici.
Il percorso attraverso la storia del Novecento europeo sul quale Livi Bacci conduce il lettore, muovendosi con grande sagacia tra fonti incerte e dati incompleti ma senza rinunciare a presentare perspicui grafici e tabelle, si snoda dagli orrori della Prima guerra mondiale a quelli della Seconda.
Tra il 1914 e il 1918 si contarono a milioni i morti nelle trincee, sui campi di battaglia, sotto le bombe, mentre il trasferimento di una folta popolazione maschile sui fronti di combattimento comportò un corposo deficit di nascite. Immani furono poi i costi demografici della rivoluzione russa, della cosiddetta Spagnola (proveniente in realtà dal lontano Kansas) nel 1918-19, certamente aggravata dal marasma bellico e dal generale peggioramento delle condizioni di vita e delle strutture igienico-sanitarie, così come quelle di tifo in Serbia (1914-15) e in Russia (1918-22).
Dopo la pace di Versailles il principio di nazionalità invocato da Wilson e il nuovo disegno politico dell’Europa indussero o costrinsero milioni di persone a emigrare, non senza episodi di deportazione, pulizia etnica, pogrom, veri e propri genocidi come il massacro turco dei greci del Ponto e soprattutto degli armeni, che fece 1.000.000 di morti. E poi la guerra di Spagna e la Seconda guerra mondiale, con le sue stragi senza fine di soldati e popolazioni civili e con l’atroce tragedia della Shoah.
Qualche cifra può essere utile a capire. I caduti della Prima guerra mondiale furono circa 10.000.000, il 2% della popolazione complessiva dei Paesi belligeranti, ma il 16% dei maschi tra 20 e 40 anni (1 su 6), percentuale che sale al 50% per la Serbia. Almeno, il doppio, però, furono i feriti.
Ovunque negli anni di guerra matrimoni e nascite crollarono, aggravando il deficit demografico. In meno di un decennio, tra il 1914 e il 1922, guerra, rivoluzione, controrivoluzione, fame ed epidemie costarono la vita a circa 30 milioni di russi. Ancor più drammatica fu la carestia del 1932-1933, quando la nazionalizzazione delle terre, le requisizioni di grano, le migrazioni forzate, la deportazione dei kulaki e delle loro famiglie (circa 10.000.000 di persone, molte delle quali morte di stenti) comportarono milioni di decessi, specie in Ucraina e nel Caucaso, con un impatto dell’8% sulla popolazione russa, mentre Stalin non esitò a negare l’evidenza, ad aggravare la pressione predatoria e repressiva sulle campagne, a rifiutare ogni aiuto internazionale, continuando a esportare grano per avere valuta pregiata con cui poter importare macchinari industriali. «La Politica fece una scelta, con un costo sociale esorbitante» (p. 88). Gli esiti di politiche analoghe in Cina nel 1959-61 causarono 30.000.000 di morti.
Quanto alla Seconda guerra mondiale, il vuoto demografico complessivo da essa creato fu di circa 70.000.000 di persone, poco meno della metà delle quali civili, con il prezzo più alto pagato dalla Germania e soprattutto dalla Russia, a prescindere naturalmente dalle vittime dell’Olocausto: basti dire che a ottant’anni di distanza il popolo ebraico non ha ancora recuperato la consistenza numerica che aveva nel 1940.
Incalcolabili poi le conseguenze indirette della guerra negli anni e decenni seguenti, anche sul piano demografico. E ancora, sempre restando in Europa, è stata la Politica a scatenare i sanguinosi conflitti balcanici, così come dalla Politica dipendono non pochi dei flussi migratorii africani e asiatici che la Politica non riesce a governare. Anche il clima, un dato naturale per eccellenza, rientra ora nell’orbita della Politica, con le decisioni che essa dovrebbe ma non sembra intenzionata a prendere, dimenticando che se non troverà il modo di invertire la rotta della violenza contro la Natura oggi in atto, è probabile che quest’ultima si ribelli, tornando a imporre il suo dominio sugli uomini e sulla storia.