La Lettura, 22 novembre 2020
1QQAFA13 La prosa di Scurati da medaglia al valore
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Si infittisce il carteggio sulla Mussolineide di Antonio Scurati. Scrive il lettore Alberto Mazzeo: «Mi pare che M. L’uomo della provvidenza piaccia più agli uomini che alle donne, in ciò confermerebbe la tesi da sempre sostenuta da Francesca, una delle mie libraie di fiducia, che esistano romanzi al femminile cioè rivolti al pubblico del gentil sesso. Che M sia invece un romanzo al “maschile”?». Caro Mazzeo, le sue parole mi fanno pensare alle pagine (un romanzo nel romanzo) su Galeazzo Ciano, tra le più «scritte» di M 2. Cominciano con Galeazzo che, schiacciato dalla figura paterna (eroe di guerra), tenta la carriera letteraria, «come spesso accade agli inetti», scrivendo risibili remake di Amleto e posando «in tragiche imitazioni di Rodolfo Valentino». Continuano con Galeazzo, diventato seduttore seriale e diplomatico di stanza in Cina, che compra donne nei bordelli, tra le quali «la moglie di un brutale pilota della marina militare statunitense, che la costringe a prostituirsi, ad apprendere l’arte di un sesso prensile che si stringe su quello del maschio come un guanto». (Si tratta di Sua Non Maestà Wallis Simpson, «maestra di disperazione sublimata in oblio di sé»). Scurati racconta i quartieri della prostituzione più derelitta: le «pietose puttane da due soldi», le «piccole lupe di suburra», macilente, febbricitanti, con «l’aura di cadaveri insepolti che né i cani né gli avvoltoi toccheranno». Chi le cerca, cerca nel «loro glabro delta di denutrizione, la prossimità dei cimiteri», in un patto «tra l’orgasmo e la sopravvivenza». Sono pagine alla Houellebecq, alla Malaparte (Kaputt, La pelle), persino alla Gualtiero Jacopetti (Mondo cane). Una prosa del genere nella produzione letteraria corrente, curata con potenti antibiotici, è da medaglia al valore. Ma, restando all’interrogativo posto dal lettore, bastano a definire il romanzo di Scurati un romanzo al maschile? Francamente non lo so. Il dibattito è aggiornato.