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 2020  novembre 21 Sabato calendario

1QQAFA10 Su "Economia sentimentale" di Edoardo Nesi (La Nave di Teseo)

1QQAFA10

Lo scrittore inserito in una precisa classe sociale e addirittura in un gruppo ristretto e abbiente, che si è ritrovato senza colpe apparenti a mutare in peggio la propria condizione, vuole prima di tutto trovare un’interpretazione plausibile di questa infausta parabola esistenziale. Per esempio, Giuseppe Tomasi di Lampedusa ha concepito Il gattopardo quando la sua aristocrazia era ormai un’entità in via di sparizione e ha deciso di tornare alle origini di quello stato di cose, offrendo un’acuta e tendenziosa lettura dell’Unità d’Italia.
In varie sue opere anche Edoardo Nesi ha assunto un punto di vista analogo, specialmente nel suo fortunato Storia della mia gente, vincitore dello Strega nel 2011 e dedicato alla trasformazione dell’industria tessile a Prato, ramo in cui aveva operato ad alto livello il padre Alvarado. Dopo la fase ovvia della ribellione adolescenziale, il figlio aveva ereditato l’azienda di famiglia ma nel 2004 è stato costretto a venderla, a causa della concorrenza cinese e internazionale. O così, superficialmente, si disse.
Ma il figlio costretto a smantellare quanto era stato fatto dal padre e dai nonni vuole capire cosa è successo davvero. Si lega a filo doppio al suo ambiente, come dimostra lo stile stesso di Nesi, che esibisce di continuo toscanismi ormai desueti nell’italiano standard. E indaga, cercando di andare oltre le apparenze, come un cercatore d’oro che segue ogni possibile traccia.
In questo suo nuovo racconto-saggio lo scrittore si presenta nel pieno della pandemia, ossessionato dalle conseguenze che di sicuro si verificheranno per il lavoro, l’economia materiale, la sopravvivenza delle fasce sociali medio-basse. Perché una delle poche evidenze, in questo periodo così drammaticamente incerto, è che solo i super-colossi finanziari continueranno ad arricchirsi, Covid o no, e specialmente i big della tecnologia, altrimenti noti come Faang.
Nesi però vuole approfondire l’analisi consultando gli esperti, quindi ci propone una serie di suoi dialoghi con personaggi del calibro di Enrico Giovannini, economista e statista a lungo a capo dell’Ocse, o di Guido Maria Brera, responsabile di importanti fondi d’investimento e già autore, con lo stesso Nesi, di Tutto è in frantumi e danza (2017), incentrato sulle conseguenze della crisi finanziaria del 2008. In base ai pareri di questi e di tanti altri specialisti si tenta di interpretare il presente per guardare verso il futuro, nella consapevolezza, con Guicciardini, che «de’ futuri contingenti non v’è scienza».
Ma il problema è ancora più radicale. Mettendo a frutto alcune sue riflessioni già del 2016, l’autore nota che l’attuale fase di globalizzazione è comunque meno radiosa e innovativa di quella che si era concretizzata sino agli anni Settanta del secolo scorso. In poche parole, un vero futuro non esiste, non c’è speranza che continui il periodo speciale individuato da studiosi come Robert J. Gordon e messo in scena in un romanzo epocale come La fiera mondiale di Edgar L. Doctorow. Il lavoro dei singoli, ossia l’intero universo vitale di Nesi e dei suoi personaggi, non avrebbe allora più alcun senso?
Con il tarlo di questa possibile verità, il narratore continua a ribellarsi, a esporre irritate e a volte irritanti considerazioni sulla pandemia, sulla sua gestione politica e sociale, sui destini generali e quelli particolarissimi. Emergono così amici pratesi che sono scomparsi in questo periodo, magari ricevendo un funerale indegno della loro estrosità, come nel caso di Fabio il Bernabei. Ma soprattutto, dapprima in modo indiretto e quasi casuale, poi con una presenza pacata e solare, viene in primo piano il padre Alvarado.
Non a caso l’ultimo capitolo è dedicato a pochi ma netti ricordi di vita familiare, ai grandi incontri che un imprenditore arricchitosi nel secondo dopoguerra poteva fare in hotel e ristoranti splendidi, per esempio Alfred Hitchcock a Sankt Moritz o Frank Sinatra a New York, senza però desiderare, snobisticamente, di essere associato ai divi. Questa vita, il figlio, l’ha solo sfiorata, e ora sa che non sarà replicabile, che l’utopia si è liofilizzata nel continuo riadattamento delle classi medie e deboli, e nell’esponenziale potenziamento dei pochissimi dominatori.
Delineato il contesto, Nesi sembra non avere risposte se non quella di una faticosa ricerca di appartenenza. L’essere parte di un gruppo, dalla famiglia alla città natale alla comunità dei simili, è un eventuale antidoto alla lotta titanica del singolo per un miglioramento solo suo, il modello che ha dominato gran parte dello sviluppo capitalistico occidentale e che ora rivela tutta la sua assurdità. Per questo, pure la lotta freudiana contro il padre deve cessare: e infatti al termine di Economia sentimentale Alvarado sorride finalmente anche a suo figlio.