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 2020  novembre 21 Sabato calendario

Orsi & tori

Dice Alberto Mantovani, l’immunologo italiano con più citazioni scientifiche: «Un test ci dirà quanto la malattia sarà grave. Ora abbiamo più armi. All’Humanitas, in collaborazione con il Papa Giovanni XXIII di Bergamo, abbiamo trovato un mattone del sistema immunitario legato alle forme gravi del Covid. Possiamo individuare questo mattone con un semplice test sierologico. Livelli elevati di questa proteina sono associati a un altissimo rischio di aggravamento. Per un medico è veramente importante conoscere la potenziale gravità in modo da concentrare ancor più l’attenzione. In futuro servirà a dare i farmaci giusti a chi ne può beneficiare di più...». Dice Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione bancaria italiana: «Allo stato dei regolamenti europei, che entreranno in vigore dal 1° gennaio prossimo, cade in default chi ha un debito arretrato di 90 giorni, anche per soli 100 euro. Se si tratta di aziende il limite sale a 500 euro, in ogni caso bassissimo. E chi viene qualificato in default entra nella lista dei cattivi pagatori, con tutto quello che ne consegue. È evidente che tutto ciò in tempi di pandemia finirebbe per strangolare definitivamente l’economia, perché le banche hanno impedimenti gravi a finanziare chi è in default...». Che differenza c’è fra le dichiarazioni del professor Mantovani e del presidente Patuelli? Nel profondo, nessuna. Tutti e due cercano di curare i mali del Covid, che sono quelli fisici e quelli economico-finanziari. Con però una differenza: mentre la scienza, quando è gestita da scienziati veri, e arriva a risultati importanti per la salute dell’umanità, nessuno può fermarla; al contrario le prediche di banchieri ed economisti, anche con ruoli ufficiali come quello di presidente dell’Associazione delle banche italiane, possono restare voci nel deserto, inascoltate dai politici che governano la nazione o l’Europa. E, infatti, c’è più di un indizio per cui, mentre il magnifico lavoro del professor Mantovani e dei suoi colleghi procede e verrà continuamente aggiornato su riviste scientifiche quali Nature, come è già avvenuto per la scoperta del mattone, da Bruxelles, da Francoforte, da Roma, ancora nessun segnale che rispetto all’allarme lanciato dal presidente Patuelli ci sia stato almeno il recepimento.
A Bruxelles, a Francoforte e a Roma sono rimasti al pre-Covid e meno male che almeno hanno sospeso l’efficacia del Fiscal compact che imponeva forti riduzioni del debito pubblico ogni anno. La valanga di debiti generati dal Covid, specialmente per Paesi come l’Italia già al 130% di debiti rispetto al pil prima della pandemia, è certamente una minaccia assoluta di catastrofe e almeno il Fiscal compact è stato sospeso, e dovrà restarlo per molto tempo. Quindi per la situazione degli Stati ci si muove. Ci si muove anche per le banche ma senza capire (almeno non si mostra di capirlo) che la stabilità delle banche è strettamente connessa alla salute delle aziende, in particolare in Italia considerato il peso prevalente delle pmi, normalmente sottocapitalizzate.
La Bce ha recentemente pubblicato uno studio sulle 2 mila banche europee più piccole, nonostante non abbia poteri di vigilanza, che su questi istituti è di competenza delle banche centrali nazionali. E lo studio ne descrive la vulnerabilità. I rimedi: è allo studio la realizzazione di bad bank nazionali e un regime di liquidazione europeo che faccia affidamento sull’utilizzo dei fondi di tutela dei depositi. Altra via, il consolidamento, cioè varie fusioni. Ma contemporaneamente la Bce ha riconosciuto, come non poteva, che le piccole banche sono «una fonte fondamentale di finanziamenti per le pmi». Ma da Francoforte, da Bruxelles e da Roma non sembra proprio ci sia consapevolezza del legame indissolubile fra banche e aziende, specialmente pmi e che quindi non si possa stare tranquilli che le richieste di banchieri come Patuelli vengono ascoltate.
Il caso del Recovery fund, l’ostruzionismo di Ungheria e Polonia per giungerne al voto, dimostrano come la burocrazia di Bruxelles sia direttamente influenzata dai contrasti politici e ideologici. Esattamente come in Italia.
Questo giornale ha promosso e sostenuto un provvedimento a costo zero per far sì che il minor numero possibile di aziende italiane perda il capitale e quindi si crei l’interruzione dell’attività. Il tema non riguarda solo le pmi, anche se il provvedimento è per loro vitale. Finalmente, dopo forti colpi di martello, è passata la proposta che i bilanci 2020 possono essere chiusi con il congelamento degli ammortamenti che vengono dopo il margine operativo, ma proprio per questo portano spesso all’aumento delle perdite e quindi all’inevitabile erosione del patrimonio e all’inevitabile chiusura dell’attività. Ma il testo di legge che è stato approvato ignora le società quotate, alcune delle quali sono letteralmente asfaltate dal Covid.
In più la recente normativa sulle società è completamente scoordinata. Infatti, in tal senso tempestivamente, già prima del provvedimento del congelamento degli ammortamenti, per alleviare le frequenti perdite, è stata approvata la norma per cui comunque tutte le società possono chiudere il bilancio 2020 in continuità. Bene, ma rendere legge una tale possibilità si scontra con tutto il resto della normativa vigente o che sta per entrare in vigore a livello europeo per la dichiarazione dei default. E non solo. La legge fallimentare è lì identica a prima e quindi anche se una società può approvare il bilancio in continuità, a nessun creditore, allo Stato, può essere impedito di richiederne il fallimento e i tribunali non possono certo ignorare la richiesta se non esiste una norma, almeno temporanea, che sospende anche l’avanzamento di richieste di fallimento.
Basterebbe questo a comprendere che la mancanza di coesione politica, sommata alla mancanza di un mandato preciso a un gruppo di esperti che valutino tutti gli aspetti e facciano una proposta organica, sta portando a oltre sette mesi dalla catastrofe del Covid ad arrivare al redde rationem di fine anno con provvedimenti spot.
Del resto, questo governo e questo parlamento si fidano poco di chi ha competenza, come dimostra l’incredibile avventura del Comitato Colao e della successiva comparsata di Villa Pamphilj.
Ci sono cose o disgrazie, come il Covid, che possono diventare esplosive per l’economia e la vita di una nazione perché a livello politico prevale l’interesse di propaganda, come rivelato dalle dichiarazioni del ministro dei Rapporti con il Parlamento e le riforme, riportate su queste colonne, sabato 14.
L’appello è al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, sul quale non esistono dubbi riguardo a serietà e competenza. Deve avere il coraggio, per una situazione di emergenza come questa, di far elaborare da una commissione di esperti autentici, una normativa temporanea, coerente in tutti i suoi aspetti e capace di salvare la macchina produttiva italiana anche sul piano formale dei bilanci.
Provvedimenti disarticolati, ancorché positivi, come quelli che sono stati presi non hanno la forza di salvare il sistema e anzi hanno l’inevitabile conseguenza di ingigantire come minimo il contenzioso e di creare conflitti pericolosissimi. Per esempio, sono in allarme i revisori o auditor che si vogliano chiamare. Da una parte sanno che esiste una norma che garantisce per legge la continuità per il bilancio 2020. Dall’altra hanno una normativa che può esporli ad azioni risarcitorie da parte degli azionisti qualora trascurino che in realtà in alcune società la continuità è solo figurativa. E per questo, come minimo, nella relazione ai bilanci concludono per la no opinion, i cui effetti sono tali da scatenare altre problematiche: per esempio a costringere la Consob a non dimenticarsi che la non opinion dei revisori impone un pesante lavoro di controllo da parte della commissione. Ma se prima le no opinion erano l’eccezione, per il bilancio 2020 rischiano di diventare maggioranza.
Queste non sono idee del sottoscritto, ma le analisi che ho raccolto dai diretti interessati, siano magistrati dei tribunali d’impresa, siano revisori, siano banchieri e bancari.
I quali banchieri, come Patuelli, si espongono a fare richieste come quella descritta, che appaiono di una tale logicità da dover essere accolte immediatamente. Perché per anni in Italia si è parlato della crisi delle banche. Crisi che talvolta può essere stata provocata da incapacità o azzardo. Ma nella maggioranza dei casi sono state provocate dalla surroga che le banche hanno fatto rispetto alla mancanza di un reale mercato dei capitali. Come diceva con la sua tradizionale pacatezza Federico Ghizzoni, quando era a capo di Unicredit, le banche hanno per anno fornito alle aziende, principalmente pmi ma non solo, fino al 97% del capitale. Realtà soprattutto italiana, ma non solo perché la Germania ha 1.400 banche di piccole dimensioni, banche che hanno attivi, cioè finanziamenti, pari all’81% del pil.
Nessun governo, nessun organismo nazionale, sovranazionale, europeo possono pensare che non ci debba essere una reale riflessione che prescinda dagli interessi di parte e faccia quanto fece dopo la Seconda guerra mondiale la Conferenza di Bretton Wood.
Una iniziativa del genere è fondamentale per tutti i Paesi del mondo, inclusi gli Usa, ma per l’Italia è vitale. Poiché una nuova Breton Woods non si organizza in poche settimane, l’Italia deve prendere provvedimenti diretti, ma efficaci e coordinati razionalmente.
È da mesi che il presidente della Consob, Paolo Savona, con la sua capacità di economista ma anche di banchiere (centrale e commerciale) e direttore generale della Confindustria accanto a Guido Carli, predica la necessità di provvedimenti agevolativi per gli aumenti di capitale. Bene, il Parlamento dopo mesi di prediche ha varato un provvedimento, ma che riguarda soltanto, per l’ottenimento di un credito d’imposta, aziende di modeste dimensioni. Nel frattempo la liquidità in banca sale alle stelle, con 1 miliardo in più ogni giorno. Il presidente Patuelli sottolinea che è un bene che il risparmio cresca, data l’incertezza generale. In altri tempi, senza gli orpelli vari dei default, degli utp (cioè dei crediti di cui è incerto il pagamento) o degli npl, le banche, come ricorda Ghizzoni, ora ai vertici della Banca Rothschild & Co, avrebbero finanziato la mancanza di capitale. Ora non possono più farlo, per tutte le regole europee, varate quando il mondo era un altro.
Nessuna auto funziona senza carburante, minerale o ecologico che sia. Il capitale, o meglio il denaro, è la benzina dello sviluppo. E senza sviluppo l’economia crolla. Oggi, ancora in pieno Covid, occorre molto carburante per ripartire e per recuperare i disastri di quest’anno. Occorre che si mettano a posto e in coerenza le normative sui conti e i bilanci delle società, per perderne il meno possibile, e che contemporaneamente si creino tali incentivi fiscali sul capitale da immettere nelle società, sì da bilanciare il rischio che gli italiani percepiscono e, per questo, non calcolando che c’è anche un rischio bancario, lascino i soldi sui conti correnti, che le banche non possono remunerare. Un circolo vizioso che, Signor Ministro Gualtieri, va spezzato con un piano vero, da far preparare a dieci tecnici di valore assoluto che in Italia ci sono e che in due mesi possono presentarlo, mentre dovrebbe cominciare ad arrivare il vaccino e le ricerche del professor Mantovani avranno messo a punto farmaci decisivi per rendere il virus sempre meno dannoso.