Corriere della Sera, 20 novembre 2020
Intervista a Giorgio Armani
Giorgio Armani in green, domani nella giornata nazionale degli alberi e di ForestaMi con al via la piantumazione di 110 mila fusti. Un progetto incredibile, che lo stilista ha deciso di supportare. «L’ambiente è al centro di molte mie iniziative benefiche. Lo è da tempo, da quando non era ancora così alla moda dichiararlo. Amo il bello, in tutte le sue forme. Penso che le nostre città abbiano bisogno di essere rese più accoglienti, più vivibili, più belle. Il verde è tutto questo: non solo abbellisce, ma giova alla salute».
Una consapevolezza che va oltre: ripopolare per lasciare un mondo diverso. Come vorrebbe che fosse?
«Più a misura dell’essere umano. Meno inquinato, frenetico, aggressivo e con una gestione più consapevole degli spazi cittadini e delle nostre vite».
Ha fiducia? Sarà possibile rimediare agli errori fatti?
«Sì, perché noto una vera presa di coscienza da parte della collettività. Sono stati commessi davvero molti errori, alcuni macroscopici, ma accorgersi di aver sbagliato e impegnarsi nell’inversione di rotta è già un buon inizio».
Saranno le nuove generazioni o quelle «colpevoli» a ritrovare una coscienza?
«In questo senso il lavoro è circolare. Le generazioni definite “colpevoli”, spinte anche dalle nuove, si stanno impegnando a escogitare delle soluzioni. Un lavoro lungo: i giovani lo completeranno, e poi altri ancora. Nessuno può ottenere risultati da solo».
Coscienza: che significato ha per lei oggi?
«Lo stesso di sempre. Perché tutti dovremmo, in ogni momento, avere consapevolezza del valore morale del nostro operato. Un po’ facile però mostrare coscienza solo oggi, nelle condizioni estreme che viviamo».
I suoi ricordi «verdi»?
«Ne ho molti. Da quelli immersi nel verde di Pantelleria ai weekend nel parco della casa di Broni. E poi ricordo i giochi da bambino nei campi o in riva al Trebbia, con niente».
Ha mai «ballato» sotto le fronde del Bagolaro secolare del Parco Nord abbattuto dalla tempesta di agosto e che ora sostituirà?
«No, non lo conoscevo, ma la visione di un albero secolare mi emoziona sempre: è un monito per noi uomini, la testimonianza che siamo semplici ingranaggi nel meccanismo della natura, e che il nostro passaggio sul pianeta è assai breve. Il tempo a noi concesso, allora, sarà meglio usarlo impegnandosi, per migliorare la nostra vita e quella degli altri, anche rispettando la Terra che ci accoglie».
Non è la prima volta che si occupa del verde di Milano. È un grazie alla città, senso civico o gesto romantico?
«Un misto delle tre cose, guidato dal senso civico: chi può, penso, dovrebbe sempre dare il proprio contributo alla città. Per me è un modo di ringraziare Milano, che mi ha dato tanto. E sì, c’è un sentimento dietro il gesto di rendere la città più bella. Dal 2001 curo lo spazio verde antistante il murale di via Broletto e negli anni successivi mi sono occupato delle aiuole di via dei Giardini. Nel 2010 ho contribuito alla risistemazione di piazza Risorgimento. Nel 2015 alla riqualificazione di un ampio tratto di via Bergognone con la creazione di aree verdi. Sono tutti atti concreti che, mi piace pensare, rendono la città più vivibile».
Milano e anche il mondo: partecipa alla riforestazione di altre aree. Con che criteri?
«Il piano riguarda le diverse parti del mondo nelle quali il brand Emporio Armani è presente e opera, e si sviluppa in collaborazione con specifiche realtà locali. Si parte da Milano per poi muovere a Londra, Monaco, New York, Tokyo, ma anche al comune francese Saint Martin d’Ablois, ad alcune province interne della Mongolia e aree dell’Australia. Dalla cura dei parchi alla riforestazione e diffusione di una nuova cultura ambientale. Il criterio è proprio la diversità, con un forte accento sui centri urbani».
Aiuti senza troppi clamori: detto, fatto e annunciato. Sono progetti con mesi di lavoro. Non si pente mai del suo understatement?
«Pentirmene vorrebbe dire disconoscere la mia natura. Preferisco fare, la coscienza del bene fatto mi basta».
Oltre al progetto con ForestaMi, anche il sostegno ai bisognosi nell’emergenza Covid. Solidarietà: una voce forte del suo vocabolario...
«Significa impegno, e senso di collettività. Mai come oggi dobbiamo essere uniti, aiutarci, sostenerci, ciascuno secondo i propri mezzi».
Ha scelto la sua casa di Broni, per questo lockdown. Non le mancano i marciapiedi di via Borgonuovo?
«Certo che mi mancano. Mi manca Milano e la vita di prima. Mi manca anche la sua frenesia. Ma qui, il verde intorno mi regala un senso di pace, sicurezza, connessione con la natura. Mi ricorda che l’impegno per l’ambiente deve essere parte di un programma di vita, non solo di comunicazione».
Lei che albero sarebbe?
«Forse una quercia, per la solidità generosa. Oppure un pioppo, retto e svettante».
Come comincerebbe e come finirebbe una lettera in difesa dell’ambiente?
«Inizierebbe ricordando che l’ambiente siamo noi stessi, che ci appartiene come noi apparteniamo ad esso. La concluderei con l’appello a consegnare a chi verrà dopo un ambiente il più possibile integro, facendo in modo che il nostro passaggio sul pianeta non sia occasione di distruzione, ma di costruzione».