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 2020  novembre 20 Venerdì calendario

Le pagelle spietate di Obama, da Sarkozy a Merkel

Va detto che a Barack Obama è sempre piaciuto scherzare sull’aspetto di Nicolas Sarkozy. Durante il G20 del 2011 il presidente degli Stati Uniti fece i complimenti al capo di Stato francese per la nascita della figlia Giulia: «Ho detto a Nicolas che Giulia aveva preso la bellezza dalla madre (Carla Bruni, ndr) piuttosto che dal padre, e questa è un’ottima cosa». Ma nel libro «Una terra promessa» appena pubblicato in tutto il mondo (in Italia da Garzanti), Obama insiste, forse troppo.
Proprio lui, il gentleman che non dice una parola fuori posto, l’uomo infallibile capace di centrare en passant un tiro da tre punti a basket e poco dopo pronunciare un discorso impeccabile con tutti i valori al posto giusto, arriva a sfiorare il bodyshaming nei tanti passaggi del libro dedicati a Sarkozy. «Con i suoi tratti scuri, vagamente mediterranei (era mezzo ungherese e per un quarto ebreo greco) e la sua bassa statura (un metro e 66 ma portava rialzi nascosti nelle scarpe per sembrare più alto), sembrava uscito da un quadro di Toulouse-Lautrec». E ancora: «Le mani in perenne movimento, il petto gonfio come un gallo nano».
Se le fattezze sgraziate di Sarkozy non convincono l’avvenente metro e 85 di Obama, le qualità intellettuali dell’ex presidente francese lo lasciano perplesso: «Sarkozy teneva l’interprete personale sempre accanto (a differenza di Merkel, parlava un inglese limitato)». «Era tutto scatti emotivi e retorica iperbolica». «A differenza di Merkel (ancora, ndr), quando si trattava di governare Sarkozy faceva una gran confusione, guidato spesso dai titoli dei giornali o dalla convenienza politica».
Con la cancelliera
Il presidente registra l’iniziale circospezione di Merkel davanti
alla sua oratoria
Obama parla poi anche della missione in Libia, alla quale ha finito per partecipare con grande riluttanza, offrendo un aiuto minimo al britannico David Cameron e a Sarkozy con i quali era «irritato perché mi avevano tirato dentro in parte per risolvere i loro problemi politici interni».
Ma il passaggio più crudele è quello in cui Obama racconta l’entusiasmo infantile di Sarkozy alla fine del G20 del 2009 a Londra: «Mentre stavamo lasciando la sala Sarkozy prese per il braccio me e Tim (il segretario del Tesoro Tim Geithner, ndr). “Questo accordo è storico, Barack! Merito tuo! No, no, davvero!”. Sarkozy poi cominciò a scandire il cognome del mio segretario al Tesoro come un tifoso allo stadio, abbastanza forte da far voltare un po’ di teste. Non ho potuto che mettermi a ridere, non solo per l’imbarazzo evidente di Tim ma anche per l’espressione affranta sul volto di Angela Merkel, che ora guardava Sarkozy come una madre guarda un bambino troppo vivace».
L’ammirazione per Merkel è evidente. Obama è indispettito dall’iniziale circospezione di Angela davanti alla sua travolgente oratoria, ma poi concede con perfidia che «in un leader tedesco, la diffidenza verso una sospetta demagogia è probabilmente una buona cosa».
Ero irritato (con Cameron e Sarkozy) perché mi avevano tirato dentro (sulla Libia) in parte per risolvere i loro problemi politici interni
Putin? «Mi ricordava uno di quei politici di Chicago: duro, un tipo da strada. Un boss locale, solo con le testate nucleari e il diritto di veto all’Onu». Erdogan? «Sapevo che il suo attaccamento alla democrazia sarebbe durato solo finché utile al suo potere». Giudizi sui leader italiani? Non pervenuti, forse meglio così.