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 2020  novembre 19 Giovedì calendario

Come aggirare il veto di Ungheria e Polonia

L’Ungheria e la Polonia hanno posto un veto alla proposta dell’Ue di un bilancio settennale pari a 1.150 miliardi di euro e di un fondo europeo per la ripresa da 750 miliardi di euro. Sebbene i due Paesi siano i maggiori beneficiari di questi fondi, i loro governi si oppongono alla condizionalità sul rispetto dello stato di diritto che l’Ue ha adottato su richiesta del Parlamento europeo. Consapevoli di violare lo stato di diritto in modo eclatante, non vogliono pagarne le conseguenze.
Non è tanto un concetto astratto come lo stato di diritto ciò che il primo ministro ungherese Viktor Orbán e, in misura minore, il governante de facto della Polonia, Jaros?aw Kaczy?ski, osteggiano. Per loro, lo stato di diritto rappresenta un limite alla corruzione personale e politica. Il veto è la mossa disperata di due trasgressori seriali.
Si tratta di una mossa senza precedenti che ha lasciato sgomenti gli altri rappresentanti europei. Un’attenta analisi rivela però che esiste un modo per aggirare il veto.
Le norme sullo stato di diritto sono state adottate. Nell’ipotesi di un mancato accordo su un nuovo bilancio, quello che scade a fine 2020, viene prorogato su base annuale. L’Ungheria e la Polonia non potrebbero ricevere fondi da questo bilancio perché i loro governi violano lo stato di diritto.
Similmente, il fondo per la ripresa, chiamato Next Generation Eu, potrebbe essere attuato ricorrendo a una procedura di cooperazione rafforzata, come ha proposto il parlamentare europeo Guy Verhofstadt. Se l’Ue imboccasse questa strada, il veto Orbán-Kaczy?ski potrebbe essere aggirato. Il punto è se l’Ue, magari con la cancelliera tedesca Angela Merkel in testa, sia in grado di trovare la forza politica necessaria.
Sono un convinto sostenitore dell’Ue come modello di società aperta basata sullo stato di diritto. Date le mie origini ebraico-ungheresi, sono preoccupato per la situazione in Ungheria, dove svolgo un’attività filantropica da oltre trent’anni.
In Ungheria, Orbán ha creato un sofisticato sistema cleptocratico con lo scopo di sottrarre risorse al Paese. Se è difficile quantificare l’arricchimento della sua famiglia e dei suoi amici, certo è che molti di loro sono diventati oltraggiosamente facoltosi. Orbán sta ora sfruttando la nuova ondata di Covid-19 per modificare la costituzione ungherese e (ancora una volta) la legge elettorale, così da consolidare la sua posizione di premier a vita attraverso strumenti costituzionali. Sarebbe una catastrofe.
Ecco alcuni esempi di come Orbán ha derubato gli ungheresi. Ha trasferito ingenti somme di denaro pubblico a fondazioni private che controlla indirettamente. Grazie a un trucco costituzionale, sta sottraendo definitivamente questi beni alla sfera pubblica; restituirli ai cittadini richiederebbe una maggioranza parlamentare di due terzi. Gli importi ammontano a quasi 2,8 miliardi di dollari.
In una serie di operazioni fraudolente, aziende vicine a Orbán hanno acquistato più di 16mila ventilatori per conto del governo al prezzo di quasi un miliardo di dollari, un quantitativo sproporzionato rispetto al numero di posti-letto in terapia intensiva e al personale medico in grado di utilizzare questi dispositivi. Da un’analisi dei dati sul commercio internazionale risulta che l’Ungheria ha pagato il prezzo più caro in tutta l’Ue per i ventilatori provenienti dalla Cina, arrivando addirittura a pagarli cinquanta volte più della Germania.
Una di queste aziende ha anche acquisito un ordine dalla Slovenia, il cui primo ministro, Janez Janša, è uno stretto alleato politico di Orbán. L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf) dovrebbe indagare sull’ipotesi di frode ai danni dell’Ue. Anche il recente contratto per la fornitura del vaccino russo, che l’Ungheria sarà la prima a utilizzare tra i Paesi europei, merita di essere approfondito.
Allo stesso tempo, Orbán sta cercando di scrollarsi di dosso la responsabilità di queste azioni, e adottando misure volte a scongiurare il ripetersi di quanto accaduto alle elezioni comunali del 2019, quando il partito di governo Fidesz perse il controllo di Budapest e di altre città importanti. Orbán sta facendo il possibile per privare Budapest di risorse economiche, opponendosi alla sua richiesta di un prestito alla Banca europea per gli investimenti per l’acquisto di nuovi mezzi per il trasporto di massa per favorire il distanziamento sociale. Budapest ora rischia di ritrovarsi un deficit da 290 milioni di dollari nel bilancio 2021. Condizioni simili si osservano in altre città le cui giunte locali non sono controllate da Fidesz.
I partiti di opposizione stanno tentando di contrastare Orbán con la creazione di una lista comune di candidati per le elezioni del 2022. Ma le loro probabilità di successo sono limitate perché Orbán potrebbe cambiare le regole all’ultimo, come è accaduto in passato. Orbán sta progettando di introdurre le recenti modifiche alla legge elettorale mentre la pandemia imperversa, Budapest è sotto coprifuoco e i soldati pattugliano le strade.
Orbán esercita un controllo quasi totale sulle zone rurali, dove vive il grosso della popolazione. Egli controlla le informazioni che vengono ricevute, e in molti piccoli centri il voto non è segreto. Per l’opposizione è quasi impossibile imporsi.
Solo l’Ue può aiutare l’Ungheria. I fondi europei andrebbero destinati agli enti locali, dove è ancora possibile trovare una democrazia che funzioni, contrariamente a quanto avviene a livello nazionale. L’Ue non può permettersi di scendere a compromessi sullo stato di diritto. La sua risposta alla sfida di Orbán e Kaczy?ski sarà decisiva per la sua sopravvivenza come società aperta fedele ai valori su cui è fondata.
(Traduzione di Federica Frasca)
Presidente del Soros Fund Management
e delle Open Society Foundations