La Gazzetta dello Sport, 18 novembre 2020
Biografia di Tommaso Pobega raccontata da lui medesimo
Quello che non è chiaro, dopo la lunga chiacchierata con lui, è se sia più sorprendente Tommaso, lo studente di Economia che ama cucinare e preferisce un film a una partita di Champions, o Pobega, il centrocampista che è sbarcato in Serie A e nell’Under 21 con la personalità del grande giocatore. Tommaso Pobega è il volto nuovo del calcio italiano e vale davvero la pena conoscerlo meglio.
Tommaso, lei è di Trieste, terra di confine. Le radici sono forti?
«Fortissime. Appena posso torno a casa. A Trieste ci sono tutti: papà Giorgio, mamma Elena, mio fratello Sebastiano e Giulia, la mia fidanzata. Sono passato al Milan a 14 anni. L’ho vissuta come una bellissima esperienza, ma è stata dura: inutile girarci intorno. A Trieste ero la stellina, all’inizio al Milan giocavo poco. Il secondo convitto era attaccato allo stadio: dalla finestra vedevo San Siro».
Aveva un piano B?
«Ce l’ho ancora, grazie ai miei genitori. Ho fatto il Liceo Scientifico diplomandomi con 80. E sono iscritto a Economia: ho dato 5 dei 6 esami del primo anno e sto preparando il sesto».
Quindi le piace studiare.
«Che sia un piacere è un parolone... Però voglio laurearmi. Il tempo non mi manca: quando facciamo un solo allenamento, ho mezza giornata libera per i libri».
Tommaso, si presenti.
«La grande passione è il basket Nba: se non ho impegni sportivi ravvicinati, mi alzo anche di notte per guardare le partite. Mi piace molto cucinare, soprattutto il risotto che è il piatto che mi viene meglio in diverse varianti: di mare, con i funghi, con la salsiccia. Mi diverte anche provare ristoranti nuovi. In tv guardo poche partite. Anche la Champions comincio a seguirla dalle semifinali, i gironi non mi attirano. Preferisco un film o una serie: ho appena visto “La regina degli scacchi” e mi è venuta voglia di imparare a giocare, ma credo sia difficile».
Pobega, si presenti.
«Sono un lavoratore: quella è la parola chiave. A me piace mettermi a disposizione della squadra e garantire intensità, impegno, aiuto. Fin da bambino ero così. Negli ultimi anni ho cercato di migliorare negli inserimenti: se accompagni l’azione, le occasioni arrivano. E i gol anche. La ricerca del tiro attraverso giusti tempi di inserimento è una cosa su cui mi alleno sempre. Sto cercando di migliorare anche nel tiro da fuori: lavoro a 360 gradi sulle finalizzazioni. Il primo gol in A l’ho segnato a Buffon: io ho 21 anni, lui 42, il doppio. Strano eh...».
Ha un modello?
«No. Da piccolo il mio giocatore preferito era Bastian Schweinsteiger: mi piaceva come si muoveva in campo».
È vero che può giocare in tutti i ruoli del centrocampo?
«Io sono una mezzala. All’occorrenza posso fare altro, ma dipende dal contesto e sempre con le mie caratteristiche».
Qual è la sua qualità migliore e il difetto da smussare?
«La qualità è caratteriale: do sempre tutto. L’elenco dei difetti è lungo: il piede destro, ad esempio».
Lo Spezia sorprende pure lei?
«Non so dirle se sono sorpreso perché vedo come ci alleniamo e cosa proviamo. A volte riusciamo a riproporre tutto in partita, altre volte no, ma stiamo facendo un bel cammino».
Italiano cosa le chiede?
«Tante cose. Vuole che migliori nella gestione della palla e dei momenti decidendo bene quando verticalizzare, fare il passaggio sicuro, forzare la giocata».
Costruzione dal basso e pressione alta: è la strada migliore per la salvezza?
«Questo lo dirà il tempo, ma sono convinto che così aumentano le nostre possibilità».
È prestissimo ma in questo momento sareste salvi e avete giocato contro le prime due (Milan e Sassuolo) e la Juve. L’autostima è cresciuta?
«L’entusiasmo è un’arma troppo importante per noi e non deve mancare nemmeno dopo le sconfitte. Io credo che se continuiamo così, ce la facciamo».
Quanto è stato importante Gattuso nella sua crescita?
«Tanto, soprattutto dal punto di vista umano. Ho passato con lui pochi mesi, però è stato una guida preziosa nel delicato passaggio al calcio dei professionisti. Gattuso mi ha insegnato a curare i particolari».
Nel calcio italiano c’è più spazio e fiducia nei giovani?
«Sì. E i giovani sono stati bravi a farsi trovare pronti. Penso a Locatelli, Bastoni, Barella».
Maldini le ha detto qualcosa prima di mandarla in prestito allo Spezia?
«Mi ha fatto l’in bocca al lupo e mi ha spronato a lavorare bene perché il Milan continua a seguirmi».
Il Milan si è tenuto il controdiritto di riscatto. È lì il suo futuro?
«È lì che voglio tornare. Prima di passare allo Spezia ho giocato in amichevole contro Monza e Vicenza. E mi ero accorto che il Milan fosse pronto per il salto di qualità: è una grande squadra, tutti sanno quello che devono fare in campo e le caratteristiche dei singoli vengono esaltate. Piuttosto mi è spiaciuto giocare con lo Spezia in un San Siro deserto: è stato molto triste».
Da bambino era tifoso?
«Ero juventino. Nel 2012 Cagliari-Juve fu giocata a Trieste e io ero uno dei raccattapalle: quella sera la Juve di Conte vinse lo scudetto. Poi ho fatto il raccattapalle anche a San Siro».