Il Messaggero, 17 novembre 2020
QQAN64 Il sottosuolo raccontato da Robert Macfarlane
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Che cosa sappiamo dei segreti che il mondo custodisce sotto ai nostri piedi? I viaggi affascinanti di esplorazione del sottosuolo dello scrittore Robert Macfarlane, nato a Oxford, classe 1976, critico letterario e docente all’Emmanuel College di Cambridge, sono animati da questa domanda. Underland, un viaggio nel tempo profondo (Einaudi, traduzione di Duccio Sacchi), insignito del National Outdoor Book Award e inserito tra i migliori libri dell’anno dalle principali testate internazionali, è cominciato a nascere nel 2010. Dalle catacombe a Parigi all’altopiano del Carso, spingendosi fino alle remote Isole Lofoten, Macfarlane con una grande capacità descrittiva indaga il legame ineludibile tra ciò che è sopra e sotto la superficie terrestre e le implicazioni ambientali cruciali della nostra epoca.
LA PAURA
L’autore ribalta la visione culturale che limita gli spazi sotterranei all’idea di paura. Nelle sue pagine il sottosuolo è un luogo di protezione e svelamento: «Le associazioni culturali dominanti del sottosuolo evocano l’orrore e il disgusto. È una sorpresa, anzi un paradosso, pensarlo come un luogo di rivelazione e protezione, anche se questo è ciò che ho cercato di fare nel libro. Nel mondo di sotto riponiamo da sempre ciò che temiamo e desideriamo perdere e ciò che amiamo e desideriamo salvare». I viaggi di Macfarlane sono ricchi di incontri, talvolta nascono proprio da suggestioni.
Nel 2014 Luciano Comoy, poi trovato in Italia, gli scrisse e lo colpì con una lettera sulla storia del Carso. «Aveva letto il mio Le antiche vie (Einaudi) e mi ha invitato spiega il britannico. Nel 2014 mi descrisse una regione calcarea di doline e voragini in cui politica, storia, mitologia e geologia si combinavano in modo complesso tra loro; un paesaggio di un milione di grotte, dove le battaglie erano state combattute all’interno delle montagne e dove un fiume senza stelle scorreva a mille piedi sotto la superficie».
IL MIRAGGIO
Il sogno del fiume Timavo è uno dei capitoli più avvincenti, ma di che cosa si tratta? «Il miraggio è di mapparne e percorrerne l’intera lunghezza, comprese le molte miglia sotto la superficie del Carso, prima di sfociare nell’Adriatico sottolinea Macfarlane che si è avventurato lì. Si tratta di un sogno impossibile. Questa è una delle ragioni potenti di Underland: il fascino pericoloso dell’impossibilità di esplorare completamente il mondo sotterraneo».
IL VIAGGIO
Underland trasmette al lettore sensazioni di profondo stupore come davanti all’arte rupestre riemersa nelle Isole Lofoten: «Ho provato soggezione, sollievo, stanchezza. Il viaggio invernale per raggiungere questa vasta grotta marina sulla costa artica disabitata dell’arcipelago delle Lofoten è stato così duro e inaspettatamente pericoloso, che ho pianto, dopo aver varcato la soglia della grotta e ammirato i Danzatori rossi, dipinti lì sulle sue pareti probabilmente duemila anni fa».
Nell’oscurità si cela tanta bellezza, che Macfarlane descrive così: «Le visioni nell’ombra. La materia oscura intravista un miglio sotto la terra. La diminuzione della vista e la celebrazione del tatto, del profumo, dell’udito. Lo stupore del ritorno al mondo di luce, colore e movimento in superficie, che è una rinascita».
LA CLAUSTROFOBIA
L’ispirazione di Underland è legata anche all’impatto epocale dell’industria estrattiva: «Gli esseri umani hanno perforato più di cinquanta milioni di chilometri di pozzi petroliferi. Hanno rimosso le cime di intere creste montuose per raggiungere il carbone che contengono. Hanno scavato miniere in profondità nei massicci e nel mare. La tecnologia ci ha reso immensi agenti geologici, incidendo nel sottosuolo a un costo enorme e incorrendo in conseguenze in gran parte non misurate». Macfarlane ha letteralmente sfidato la claustrofobia: «È qualcosa di avvincente. Il momento più claustrofobico che ho vissuto – molto al di sotto delle strade di Parigi, intrappolato in una morsa di pietra calcarea – non è qualcosa che vorrei ripetere...». È una paura della nostra epoca? «Sì, mi sembra la fobia dell’Antropocene colpito dalla crisi; il senso del tempo e dello spazio che si stanno esaurendo asserisce lo scrittore. La sensazione si è solo intensificata da quando è arrivato il Covid-19. Sulla scia della pandemia e della crisi climatica dobbiamo collaborare per costruire la nostra prossima casa».
LA DOMANDA
In Underland risuona una domanda: saremo ricordati come dei buoni antenati? «La risposta ora è no. L’Antropocene è il periodo dell’ecologia ferita, delle risorse in esaurimento e della scarsità nella quale annaspa la nostra specie. Si è ridotta la capacità di pensare a lungo termine».