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 2020  novembre 16 Lunedì calendario

L’Nba e il pubblico ritrovato

È il capitale umano. Manca il pubblico nello sport. In stadi e palazzetti. Non c’è più la sua voce. Ne risente il gioco, ma anche gli incassi. I tifosi non solo cantano, ma contano. Molti sport soffrono e altri chiudono. I giocatori si lamentano: senza loro non siamo più noi. Lo stesso LeBron James, dio del basket, rinchiuso nella bolla per le finali Nba, uno che non ha bisogno degli altri per motivarsi, ha dichiarato: «Rivoglio il pubblico. Io gioco per chi viene a vedermi». In Italia i club di calcio si lagnano, in America dove lo sport è impresa, ci si organizza e si collabora ad immaginare un futuro diverso. Per quando la pandemia avrà finito di marcare stretto e quando si riuscirà a metterla un po’ fuorigioco. La stagione Nba inizia il 22 dicembre. La squadra dei Golden State Warriors per riavere il 50% di pubblico (con mascherina) ha proposto nel suo Chase Center di testare tifosi e personale di servizio prima della partita con esami rapidi nel piazzale antistante. Sarà la società a pagare e il progetto è stato spedito all’Nba come possibile protocollo per tutti. Joe Lacob, proprietario dei Warriors, businessman che opera anche nel campo medico, ha detto: «Ci costerà 30 milioni dollari, perderemo soldi, ma è la cosa giusta da fare. Dobbiamo far tornare i nostri tifosi sono la nostra famiglia, ma in sicurezza». Il dottore George Rutherford, direttore della Ucsf, consulente della squadra, ha aggiunto che chi ha l’abbonamento potrebbe essere testato a casa con un kit. Il piano è stato presentato al dipartimento delle Salute Pubblica di San Francisco che ha dichiarato intanto «il suo apprezzamento» e che «valuterà». Matteo Zuretti, italiano, chief international Relations&Marketing per la Nbpa, il sindacato dei giocatori Nba, anticipa che per gli atleti il ritorno del pubblico è una priorità. «Io sono stato con loro nella bolla per tre mesi ed è una cosa che ti fa uscire di testa. Da un punto di vista economico i biglietti rappresentano il 40% dei ricavi Nba, quindi chiaro che la proposta dei Warriors è interessante, ma quello che mi ha colpito è che davanti alla pandemia tutti i 30 proprietari delle franchigie hanno collaborato a proporre iniziative, Micky Arison che possiede i Miami Heat ed è anche presidente della Carnival, navi da crociera, ha suggerito i protocolli adottati nella sua compagnia». In Germania l’Union Berlin, il club che accoglie i migranti, ha avuto l’idea di offrire ai tifosi test gratuiti 48 ore prima della partita. Ha detto Dirk Ziegler, il presidente: «Non si tratta solo di partite di calcio. La nostra città cosi perde forza e immagine, facciamo parte del settore e ci sentiamo in dovere di cercare percorsi sicuri e responsabili per un ritorno alla normalità». La proposta è stata bocciata. Ma ecco, c’è chi sta nell’angolo e pensa a come uscirne. Si ingegna a cercare soluzioni sociali, crede che i tifosi siano un patrimonio. Da recuperare gradatamente. Il nostro calcio invece perde pezzi e piange miseria, i proprietari si fanno la guerra e Federcalcio e Lega invece di studiare un piano post crisi, affogano e gridano aiuto. C’è chi gioca d’anticipo e chi spera che l’avversario si stanchi. Il Chase, l’impianto a Mission Bay inaugurato da Golden State l’anno scorso, garantisce quattro ricambi d’aria all’ora. Non servirà solo quello, ma aiuta.