la Repubblica, 16 novembre 2020
2020, fuga da New York
Sono già trecentomila le famiglie che hanno lasciato questa metropoli, forse per sempre. La “fuga da New York” non è un mito inventato da Donald Trump per infangare la sua città d’origine e i democratici che la governano. Il dato più attendibile sull’esodo dei residenti viene da una fonte al di sopra di ogni sospetto: le Poste, che registrano i cambi di residenza per istradare la corrispondenza. Trecentomila nuclei familiari – tra cui figurano anche i single – secondo alcune stime corrispondono a mezzo milione di abitanti, sui nove milioni che abitavano qui all’inizio dell’anno. In fuga per tante ragioni: la paura del contagio, più alto dove c’è più densità di popolazione; gli alti costi del vivere in città a cui non corrispondono più i servizi di una volta; lo smartworking e il caos nelle scuole dove si alternano riaperture e chiusure; l’aumento della criminalità (+94% di sparatorie rispetto all’anno scorso, 344 omicidi dall’inizio dell’anno). È un esodo interclassista: i flussi in uscita misurati dalle Poste includono i ricchi che tornano nelle seconde case agli Hamptons, e ceti mediobassi che si spostano verso il New Jersey dove tutto è meno caro.
La pandemia è la prima causa. Su questo fronte la città-modello torna a temere la ricaduta in uno stato d’assedio come in primavera. Il tasso di positivi sui test effettuati è risalito al 2,6%, vicino al livello di guardia del 3% (che tra l’altro farebbe scattare nuovamente la chiusura delle scuole). Di fronte alla seconda ondata dei contagi, nuove restrizioni impongono il coprifuoco di tutti gli esercizi pubblici alle ore 22. L’impoverimento di New York è palese, per il peso enorme che turismo e spettacoli avevano sull’economia: le vie più celebri dello shopping sono un’ecatombe di negozi falliti, o con vetrine coperte da assi di legno in funzione anti-rapina. Sofferenza, paura, disagio sociale hanno avuto anche un riflesso elettorale. Pur rimanendo una roccaforte del partito democratico, New York ha dato più voti a Trump rispetto al 2016. Il presidente ha migliorato i suoi consensi anche in quartieri poveri come il South Bronx, e tra minoranze come ispanici e afroamericani. I repubblicani qui hanno perfino conquistato un seggio parlamentare.
Il bilancio sanitario è molto migliorato negli ultimi mesi, la Grande Mela non è più un “hot-spot” o punto caldo nella seconda ondata, ma il timore di una ricaduta condiziona tutti i comportamenti. Quando mi ammalai di coronavirus un mese fa, raccontai su queste colonne i progressi spettacolari fatti in questa città, in particolare su tamponi e tracciamento. Memore della sua débacle di marzo-aprile quando era stata il focolaio più colpito d’America, New York ha studiato modelli stranieri come Tokyo e Seul, ha reclutato e addestrato diecimila tracer, ha potenziato enormemente la capacità di effettuare tamponi (gratis). Ora perfino questo progresso non basta più. La velocità di aumento del contagio sta mettendo a dura prova i nuovi mezzi dispiegati. Le code per effettuare tamponi salgono, la rete degli ambulatori privati (convenzionati e gratuiti) City-MD ormai registra picchi di attesa di tre ore.
In questa nuova emergenza su New York si è abbattuta la nuova rissa fra il governatore democratico Andrew Cuomo e Trump sulla distribuzione dei vaccini, quando arriveranno. Ad aprire le ostilità è stato Cuomo che ha sollevato dubbi sulla validità del piano logistico previsto dalla Casa Bianca per la distribuzione. Trump gli ha risposto per le rime, sostanzialmente dicendogli: se il nostro piano non ti piace, allora dovrai aspettare. La polemica segna un nuovo minimo nei rapporti fra la più grande città americana e la capitale federale, dopo che a marzo-aprile si era stabilito un modus vivendi. Nel picco dei contagi, Trump e Cuomo avevano messo tra parentesi le ostilità e gli aiuti federali erano affluiti generosamente: aiutando fra l’altro la gratuità delle cure. L’Amministrazione repubblicana aveva anche mobilitato una nave-ospedale, poi rivelatasi inutile perché il sistema ospedaliero non si è mai avvicinato a livelli di saturazione. Ora il rischio di ritardi nella distribuzione del vaccino è una nuova nube sul futuro della città; anche se con ogni probabilità la stragrande maggioranza delle vaccinazioni partiranno sotto l’Amministrazione Biden. Non mancano le risse domestiche tra democratici. Cuomo e il sindaco Bill de Blasio, pur appartenenti allo stesso partito, continuano a intralciarsi a vicenda. L’ultima polemica riguarda la minacciata chiusura delle scuole, che Cuomo contesta. De Blasio è accusato di obbedire al sindacato degli insegnanti e del personale scolastico. Il tasso di contagi nelle scuole in effetti è molto inferiore alla media cittadina. Il sindaco scade tra un anno, il 2021 sarà segnato da una nuova campagna elettorale, e sulla conquista di New York già sono in corso regolamenti tra l’ala sinistra e i moderati del partito democratico.