Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  novembre 16 Lunedì calendario

Cento sarcofagi fanno sognare l’Egitto

Lo hanno annunciato sabato, in uno dei momenti più difficili della storia del Paese, piagato dal Covid-19 che ha ucciso il turismo in Egitto. Il ministro delle antichità del Cairo, Khaled el-Enany, e il segretario generale del Consiglio Superiore delle Antichità, Mostafa Waziry, si sono presentati davanti alla stampa internazionale sulla piana prospicente la piramide a gradoni del faraone Zoser a Saqqara per svelare l’ultima grande scoperta archeologica avvenuta sulle rive del Nilo. Si tratta dello straordinario ritrovamento di un centinaio di sarcofagi policromi, alcuni dei quali ricoperti di foglia d’oro e contenenti ancora le mummie, oltre a una quarantina di maschere funerarie, statue lignee e cassette per vasi canopi, destinati a contenere le viscere dei defunti imbalsamati.
A poco più di un mese dal rinvenimento di 59 sarcofagi nella stessa necropoli, la zona è nuovamente teatro di una delle scoperte più importanti degli ultimi anni. L’antica necropoli menfita di Saqqara, a Sud del Cairo, nei pressi del Bubasteion, è una vasta area sacra di epoca tolemaico-romana dedicata al culto della dea gatto Bastet, divenuta patrimonio dell’umanità Unesco dal 1979. La sua storia è millenaria. Le prime sepolture risalgono all’epoca protodinastica e lì scelse di farsi seppellire Zoser intorno al 2560 a.C., in quella che è considerata la prima costruzione monumentale di pietra della storia. Dopo secoli di sfruttamento, la necropoli conobbe una nuova fase di utilizzo in epoca tarda, soprattutto durante la XXVI dinastia (664-525 a.C.). Tipiche di quel periodo sono alcune tombe caratterizzate da camere funerarie accessibili grazie a profondi pozzi scavati nel suolo. Proprio da tre pozzi di questo tipo (di almeno 12 metri), le cui imboccature sono rimaste ricoperte per più di 2000 anni da alti cumuli di detriti che ne hanno assicurato l’inviolabilità, gli archeologi hanno portato alla luce i cento sarcofagi e i reperti associati.
Da una prima analisi, risalgono a un arco di tempo che va dalla XXVI dinastia all’epoca tolemaica (332-323 a.C.), il che induce a pensare che le tombe siano state usate per secoli come luoghi di sepoltura collettivi. I sarcofagi, di tipologia mummiforme, sono di vari tipi: dai più semplici, con una sola colonna di iscrizione nel centro del coperchio destinata a garantire l’offerta funeraria al defunto, a quelli più elaborati, con decorazioni fitte che esprimono un senso di horror vacui. Le mummie custodite in alcuni dei sarcofagi sono avvolte da elaborati intrecci di bende e ricoperte, secondo la consuetudine dell’epoca, da involucri di cartonnage dipinti e parzialmente dorati. Nel corso della conferenza stampa, una delle mummie è stata sottoposta a una Tac che ha svelato trattarsi di un individuo di una quarantina d’anni.
Tra i reperti più interessanti, è la statua lignea di un defunto e una serie di sculture raffiguranti il dio funerario Ptah-Sokar-Osiride, nato dalla fusione di tre divinità distinte. L’effige di Ptah-Sokar-Osiride, in genere con un’alta corona sul capo, era spesso fissata su un contenitore ligneo usato per custodire il rotolo di papiro con le formule del Libro dei Morti.
Come ha sottolineato il ministro el-Enany, la scoperta è stata compiuta da una missione interamente egiziana. Un motivo di orgoglio per il Paese, dove sono sempre più numerosi i team di archeologi, egittologi e restauratori locali impegnati nelle principali aree archeologiche, da Saqqara a Luxor ad Assuan.
I reperti appena venuti alla luce saranno esposti in tre diversi musei del Cairo: il nascente Gem (Great Egyptian Museum), a ridosso delle piramidi di Giza, il museo storico di piazza Tahrir e il National Museum of Egyptian Civilization. Con questa scoperta, che non sarà certo l’ultima (un’altra imminente a opera di Zahi Hawass è già stata preannunciata), l’Egitto antico non cessa di stupire e continua a fornire all’Egitto contemporaneo inesauribili ricchezze e attrattive. L’evento assume un valore altamente simbolico nei giorni in cui il turismo, una delle principali risorse del Paese, è così fortemente messo alla prova. Che sia di buon auspicio.