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 2020  novembre 15 Domenica calendario

Andrea Bocelli torna con l’album Believe. Intervista

Andrea Bocelli è una fenomenica eccezione. Non solo per il suo percorso seminato da formidabili successi, divisi tra vicende tenorili e sfere pop, che lo ha condotto a ricevere applausi da platee sterminate. Non solo per la fortuna che lo ha portato a vendere novanta milioni di dischi. Ma perché è un tipo molto testardo, che non si lascia scoraggiare dalle obiezioni. «Risale a una ventina di anni fa il mio album Arie sacre, concepito come omaggio alla cristianità», racconta al telefono con la tonalità vocale di un uomo che sorride mentre parla. «Volevo fare un disco di musica sacra e avevo tutti contro. I discografici mi attaccarono: è uno sfizio per nonnine! Eppure sapevo che avrei toccato il cuore di chiunque».
Quel lontano disco campeggia come l’album classico realizzato da un solista che ha ottenuto il maggior esito di mercato nell’intera storia delle incisioni, vendendo cinque milioni di copie.
Ora, in questi giorni affetti da un bisogno estremo di preghiere in ogni salsa, Andrea, col tempismo eccellente che lo distingue, torna a concentrarsi su brani dediti alla spiritualità proponendo Believe, appena uscito per Sugar. Inclusivo di duetti sia con Alison Krauss, cantante e violinista americana che ha vinto ben 27 Grammy Award, sia con la star più adorata dai melomani, il mezzosoprano Cecilia Bartoli, l’album è «un mélange di brani sacri eterogeneo, che a composizioni di autori altissimi come Puccini e Fauré unisce musiche di genuina tradizione popolare», spiega il più crossover fra i tenori.
Come ha compiuto la scelta?
«In base al gusto e alle memorie personali. Tra i brani della mia infanzia c’è ad esempio Mira il tuo popolo: armonicamente notevole, è intessuto da una melodia che cadenza l’incedere dei fedeli.
Richiama le processioni che seguivo da bambino con mia nonna, dove un corteo di vecchiette coi ceri in mano cantava in modo stonato. Attendo le reazioni che susciterà fuori dall’Italia da parte di chi ascolterà senza pregiudizi.
Perché è un pezzo bello e non scontato».
C’è pure un’“Ave Maria” scritta da lei durante il lockdown. Bocelli compone?
«A volte mi metto al pianoforte e scrivo.
Nella mia mente scaturiscono melodie che nascono già armonizzate. La musica bussa alla mia porta e io metto nero su bianco».
A proposito di lockdown: tempo fa si è ammalato di Covid…
«È accaduto a me e alla mia famiglia ma non abbiamo avuto sintomi preoccupanti, a parte qualche linea di febbre e la perdita dell’olfatto, peraltro ricomparso pochi giorni dopo. Purtroppo per molti la cosa è andata assai peggio».
Nell’estate scorsa dichiarò di aver violato le misure anti-Coronavirus in quanto si sentiva “offeso dalla privazione della libertà”. Ovviamente ha scatenato critiche feroci. Ma chi voleva sfidare?
«Guardi, in verità sono stato frainteso a causa di una mia esposizione frettolosa e incompleta, e di questo mi è parso doveroso scusarmi.
Intendevo mandare un messaggio di fiducia e ottimismo a un Paese ferito moralmente ed economicamente. Mi è spiaciuto aver colpito la sensibilità di alcuni».
Un pezzo del suo nuovo album “Believe” è un inedito di Ennio Morricone, “Inno sussurrato”.
«Lo ha scritto un mese prima di morire pensando che sarebbe divenuto una preghiera.
Probabilmente si è trattato della sua ultima composizione, e riflette in pieno l’ariosità della sua poetica.
Morricone ha lasciato alcuni schizzi e un arrangiamento successivo ha impresso alle sue note la forza di un inno che parte “sussurrato” per poi crescere fino a trasformarsi nella “voce” del mondo. Il testo è firmato dal cantautore Pacifico».
Come definirebbe la sua fede?
«Come il frutto di un ragionamento. Trovo palese che il creato sia un sistema intelligente.
Davanti alla Pietà di Michelangelo domando chi l’ha fatta e mi viene risposto: Michelangelo. Devo crederci o no? L’universo è un’opera d’arte creata da Dio. Devo credere alla sua esistenza? Io mi sento libero di farlo».
Si è detto devoto ad autori quali Pascal e Tolstoj, che l’avrebbero salvata da “indugi e false partenze”, e ama recitare a memoria tanto la Divina Commedia quanto poemetti erotici, mostrandosi in sintonia col sacro e col profano.
«Credo nella vita che attraversiamo concretamente, certo. Ma credo anche, e molto, nella trascendenza. Non esiste solo ciò che possiamo toccare. Dio è un libro di verità nascosto in una sterminata biblioteca, e se vuoi leggerlo lo trovi sempre. In particolare sono profondamente cristiano. Prendo a prestito una frase di Rosa Luxemburg sul marxismo, da lei considerato un fondamento granitico di obiettiva necessità storica. Definizione che secondo me calza perfettamente al cristianesimo».