La Lettura, 15 novembre 2020
QQAN40YSESSO Indagini sul sesso dal Medioevo a oggi
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Per alcune, la prostituzione è un lavoro come un altro, una transazione commerciale in cui si vendono servizi e si usa il corpo. Non è di per sé sfruttamento e può essere una libera scelta. Per altre, la prostituzione è necessariamente e intrinsecamente abuso e schiavitù sessuale. Sono due valutazioni inconciliabili. La prima è caratteristica del femminismo liberale, la seconda di quello radicale. Non solo, ovviamente. Tutti abbiamo un’opinione in materia. Molti considerano la prostituzione «il mestiere più antico del mondo» (sbagliano), si concentrano solo sull’offerta e sul mercato femminile e tendono a vedere la compravendita del sesso come immutata nel tempo.
Di questo e molto altro scrive Marzio Barbagli nel libro Comprare piacere (il Mulino). Tutto comincia da un risultato poco convincente di una ricerca sulla sessualità: il 15 per cento degli uomini italiani tra i 18 e i 70 anni ammetteva di aver pagato per fare sesso. Perché così pochi? Non avendo motivo di sospettare che le risposte fossero insincere, la causa doveva essere cercata altrove. Insieme alle risposte a molte altre domande. Che andamento ha avuto il mercato del sesso in Italia e nei Paesi occidentali? La domanda è in calo anche altrove e perché? Che effetti hanno avuto le politiche e i modelli normativi sul mercato del sesso?
Barbagli parte dal Medioevo e passa attraverso i cambiamenti politici, sanitari, urbanistici. Il mercato del sesso non è slegato dal contesto storico. Si contrae e cambia forma, si nasconde o viene tollerato. La libertà sessuale ha ammorbidito il controllo e la regolamentazione della sessualità. È stato ed è tuttora un processo non lineare e diverso nei vari Paesi, lento e con alcune interruzioni. Molti si aspettavano che con più libertà sessuale sarebbe aumentata anche la richiesta di sesso venale. Anche in questo caso il processo è poco lineare: se all’inizio così è stato, nel corso del secolo scorso la domanda è inesorabilmente diminuita.
Dopo un declino durante la Seconda guerra mondiale e una ripresa negli anni Cinquanta, la diminuzione è stata costante. L’Italia ha seguito l’andamento di altri Paesi occidentali con un po’ di ritardo. Nel 1965, il 71 per cento degli italiani tra i 20 e i 50 anni aveva pagato, almeno una volta, per avere rapporti sessuali. Tra questi: Salvatore Quasimodo, Dino Risi, Federico Fellini, Aldo Fabrizi, Alberto Sordi. Era consuetudine, era quello che facevano tutti, era spesso un rito di passaggio. La percentuale scenderà nel decennio successivo e il calo continuerà fino a quel sorprendente 15 per cento.
Non è forse necessario conoscere tutta la storia del sesso a pagamento per decidere qual è il modo giusto di normarlo e giudicarlo, ma Comprare piacere è una storia affascinante perché racconta costumi, leggi, valori, comportamenti e malattie. Quelle a trasmissione sessuale, soprattutto, ma non solo. Basta pensare all’epidemia di Covid-19, che crea rischi, diffonde paure e modifica il mercato: il Comitato per i diritti civili delle prostitute e l’associazione «Certi diritti» hanno chiesto più volte tutele per i lavoratori del sesso, invisibili agli aiuti istituzionali.
In Europa sono stati sperimentati quattro modelli normativi per il sesso venale: il regolazionismo (da noi le «case chiuse»), l’abolizionismo, il sistema dei sex worker e quello che punisce il cliente. Quale di questi è riuscito a scoraggiare e a ridurre la compravendita di sesso? E quale è più adatto a uno Stato di diritto?
Negli ultimi anni, i modelli normativi sono stati essenzialmente gli ultimi due. Un lavoro con diritti e doveri, con la possibilità di stipulare contratti e di decidere modalità e circostanze, proprio come una libera professione, secondo l’ispirazione del femminismo liberale. Un male da estirpare passando per lo scoraggiamento della domanda maschile (che è solo una parte della domanda però) in una logica più affine a quello radicale. Un esempio del primo modello è la Germania: ci sono bordelli in cui i sex worker a volte abitano e offrono anche altri servizi. Il Pascha di Colonia è sempre aperto, 12 piani, 126 camere, ristorante e parrucchiere. Del secondo modello un esempio è la Svezia: nei primi vent’anni di normativa punitiva circa 7.500 uomini sono stati denunciati.
Qual è il modello migliore? Hanno raggiunto i risultati voluti? «Naturalmente, i sostenitori delle due impostazioni hanno risposto affermativamente, redigendo bilanci ottimistici», scrive Barbagli. La risposta dei ricercatori è meno rassicurante e più complessa. In Germania si riscontrano la difficoltà di rendere la vendita del sesso un lavoro come gli altri (stigma, pochi contratti regolari) e l’aumento della domanda; in Svezia non è detto che lo spostamento del sesso a pagamento su internet sia dovuto alla legislazione punitiva, mentre si registra un peggioramento nella condizione di vita delle prostitute.
Quello che pensiamo della prostituzione ha molto a che fare con le nostre idee sul sesso, riguardo al quale siamo Ancora bigotti: si intitola così il libro di Edoardo Lombardi Vallauri edito da Einaudi. Magari a parole siamo libertini e liberali. Ma poi condanniamo chi è troppo libero sessualmente o chi fa molto sesso, siamo intimamente convinti che non stia bene. È un perbenismo sotterraneo, ma non meno feroce e dannoso. È quel perbenismo in cui «sopravvive solo la forma più vigliacca, che è il servirsi della morale per gettare discredito sugli altri». Alcuni usano questa arma anche se non credono più nella vecchia morale colpevolizzante, ma approfittano del fatto che sia ancora possibile danneggiare qualcuno sulla base del suo comportamento sessuale.
L’uso del sesso per screditare è più frequente verso le donne e nel linguaggio se ne trovano molte tracce («esiste in italiano l’equivalente maschile di puttana?»). Che cosa pensiamo quando ci dicono che un uomo è un poco di buono? Un ladro, un truffatore, forse un maleducato. Ma se diciamo che una donna è una poco di buono? Probabilmente tutti pensano a un comportamento legato al sesso.
Mentre per gli uomini la colpa sessuale non è la più grave, per le donne sembra essere ancora imperdonabile. È quasi meno vergognoso essere un’assassina che una a cui piace fare troppo sesso. Non solo. «Puttana» o «mignotta» sono termini usati anche come insulti privi di riferimenti sessuali e la colpa sessuale può essere usata per offendere gli uomini indirettamente: figlio di puttana. Oppure facendo riferimento all’omosessualità: brutto frocio. «Brutto seduttore funziona poco», scrive Lombardo Vallauri.
Non solo non c’è l’equivalente maschile per puttana, ma per il sesso a pagamento ci sono tantissimi eufemismi: cortigiana, passeggiatrice, intrattenitrice... La storia della morale sessuale è lunga e ha spiegazioni evolutive: se investi tempo e soldi, devi essere certo che il figlio sia tuo. La monogamia e i limiti morali al sesso intendono limitare questo rischio. Con lo sviluppo e la specializzazione delle attività produttive, alcuni individui si sono specializzati nella gestione dell’ordine sociale. Peccato, colpa, castità. Molte proibizioni, magari utili in passato e rinforzate dalla religione, perdurano sotto la nostra pelle. Quanto ancora ci condiziona la vecchia morale riguardo alla fedeltà o al numero «giusto» dei partner?
La risposta sta in un’altra domanda: che male c’è a fare sesso con due individui? Se capaci e consenzienti, non c’è alcun danno che possa giustificare la reazione della maggior parte delle persone. E se non ci sono danni, ciò che rimane è una morale di cui ci illudiamo di esserci liberati. E i cui effetti non cambiano molto se la visione tradizionale (il sesso senza sacramento e senza riproduzione è male) viene sostituita da quella sentimentale: «La libertà sessuale è male perché è il sentimento a legittimare il sesso, e il sesso senza sentimento è colpevole».
Quanto spregio c’è nell’espressione «è solo sesso»? Quanta imprecisione? Un test veloce e rivelatore potrebbe consistere nel chiedersi che ne pensiamo della masturbazione. Il ritratto del moralista che fa Lombardi Vallauri si adatta anche ad altri contesti. La colpevolizzazione del sesso prende molte forme, alcune tragicamente divertenti: i genitori ipocriti, la doppia morale così somigliante a una schizofrenia, gli utenti moralizzatori di Tinder, soprattutto donne, e le varie forme di «io non volevo», anche queste soprattutto femminili, o la presuntuosa e giudicante certezza che chi ha una relazione aperta non sia davvero felice o comunque gli manchi qualcosa.
Insomma, siamo ancora molto primitivi nella nostra morale sessuale, e da questo «inganno sociale inculcato in tutti fin dalla più tenera età nasce un’infinità inutile di dolore e di fallimento».