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 2020  novembre 14 Sabato calendario

Orsi & tori

Domenica 8 novembre, trasmissione RaiChe tempo che fa.
Fabio Fazio: È in collegamento con noi il professor Ricciardi, consulente scientifico del ministro Speranza: «Buonasera professor Ricciardi».
Walter Ricciardi: Buonasera.
Fazio: Ecco Professore, a lei non fa difetto la chiarezza quindi ne approfitto… lei ha detto venerdì scorso «la situazione degli ospedali è drammatica»...
Ricciardi: La situazione è drammatica, a volte tragica, ed è in continuo peggioramento e necessita di assoluti interventi rapidissimi. Una tragedia nazionale per persone malate di Covid che non possono essere curate in ospedale per cui bisogna che ci uniamo tutti quanti; una tragedia nazionale di persone che non possono essere curate per malattie cardiovascolari; abbiamo già calcolato che la mortalità per infarto acuto del miocardio o per ictus è aumentata del 10%. E poi i malati di cancro...
Fazio: Professore, scusi, ma la domanda che le faccio e che se la staranno facendo da casa tutti quelli che la stanno ascoltando è: Lei è il consulente del ministro della Salute, immagino che queste cose le abbia dette, così come le dice a noi questa sera pubblicamente… lei, peraltro, se non ricordo male forse il 7-8 ottobre ha lanciato un allarme: «Chiudiamo adesso e ci salviamo»; ecco, voglio dire, i suoi allarmi e una frase come quella che ha pronunciato poco fa qui, quando li riporta appunto al ministro della Salute, che effetto fanno?
Ricciardi: Il ministro recepisce con la massima serietà e con il massimo impegno, però poi in consiglio dei ministri va a parlare con gli altri ministri, va a parlare col presidente del Consiglio, va a parlare nella Conferenza stato-regioni e naturalmente i meccanismi decisionali lì sono tali per cui evidentemente le decisioni non vengono prese con la rapidità con cui il ministro vorrebbe fossero prese.
Fazio: Quest’estate ci siamo dimenticati del virus, abbiamo perso tempo.
Ricciardi: Era tutto prevedibile, tant’è vero che col ministro il 6 aprile avevamo preparato un piano che andava a rafforzare proprio tutte le cose che erano necessarie; però queste cose dovevano essere recepite dalle regioni, alcune l’hanno fatto, molte no. Dovevamo chiudere il 7 di ottobre. Abbiamo perso più di 15 giorni. Con 15 giorni di ritardo quando tu hai un indice di contagio a 2, significa che i casi non sono raddoppiati in 15 giorni, sono quintuplicati e in 20 giorni decuplicano. Questo è il fatto che la mente umana non riesce a capire, però poi i medici se ne accorgono perché vedono il pronto soccorso, vedono i pazienti e purtroppo poi la verità più incontrovertibile è quella dei morti.
Fazio: C’è un dato di fatto: che da quando abbiamo riaperto le scuole il 14 settembre...
Ricciardi: È brutto dire «avevo ragione» perché quando abbiamo riaperto le scuole, e ciò è facile andarlo ritrovare, io ho detto «se le riapriamo come Israele e Francia andiamo incontro a problemi seri, se le riapriamo come la Danimarca e la Cina non abbiamo un caso perché la scuola è il posto più sicuro». Qual è la differenza? Che tu devi presidiare tutti gli aspetti: l’arrivo a scuola, il trasporto pubblico, il trasporto privato, i protocolli all’interno della scuola, il deflusso, il rapporto e la comunicazione con i genitori. In Cina milioni di studenti non hanno avuto un caso; io ho inaugurato il congresso cinese di sanità pubblica due settimane fa: lì girano l’uno vicino all’altro senza nessun tipo di protezione, perché i casi sono zero.

Ecco, questa è l’Italia, anche se ho riportato solo una parte della illuminante conversazione tra Fabio Fazio e il professor Walter Ricciardi. Da sola spiega perché siamo a questo punto. Anche nella pandemia vince la politica, e che politica. Serve un altro esempio altrettanto illuminante di come si fa politica in Italia? Eccolo.

Lunedì 9 novembre
SkyTg24 delle 13,30
On. Federico D’Incà: «Sono già partiti i 210 mila bonifici per un miliardo di euro che arriveranno direttamente nei conti correnti dell’impresa attraverso l’Agenzia delle entrate, sono risorse molto importanti che aiuteranno le nostre aziende nei prossimi mesi, in particolare quelle delle zone rosse, anche attraverso i prossimi decreti Ristoro che sono in conversione. In particolare, nelle zone rosse le aziende riceveranno fino al 200% di risorse rispetto ad aprile, riceveranno anche nuove risorse per i congedi parentali e per i bonus babysitter. Con il movimento 5 stelle faremo tutto il necessario per aiutare chi è in difficoltà nel nostro paese».

Federico D’Incà non è un deputato qualsiasi. È laureato in economia all’Università di Belluno, è stato eletto deputato nella precedente legislatura e riconfermato in questa. Nella precedente legislatura era stato anche capogruppo dei 5Stelle alla Camera. Dal 5 settembre del 2019 è ministro della Repubblica per i rapporti con il Parlamento e le riforme.
Chissà se avendo occasione di rileggere questa sua dichiarazione, fatta almeno con mascherina, si renderà conto di quanto di devastante ha detto. Fra le riforme a cui pensa c’è forse quella di trasformare il governo in un partito, non più in una istituzione fondamentale di ciascuna democrazia? Tutti possono sbagliare e c’è da augurarsi che il ministro se ne renda conto e provveda di conseguenza. Ma questa sua dichiarazione è una delle spiegazioni più illuminanti di quanto ha denunciato il professor Ricciardi a proposito del ministro Roberto Speranza che va in Consiglio dei ministri con un progetto meditato e deciso sul piano tecnico, parla anche con il presidente del Consiglio e poi con le regioni e passa più di un mese prima che si prendano provvedimenti. La dignità del governo è a pezzi. Il Paese non può, così, non essere a pezzi.
Ognuno tira l’acqua al suo mulino e non si autolimita neppure a fare la propaganda più spudorata al proprio partito. E il Pd, e Italia Viva non dicono niente. Forse perché non sono così diretti come il ministro D’Incà, ma stanno al governo non per servire il Paese ma per farsi la propria propaganda e per questo, quando c’è da varare un piano che il ministro della Salute porta in Consiglio con tutti i crismi della verifica tecnico-scientifica, rimane impantanato negli interessi dei partiti, negli interessi del presidente del Consiglio dei ministri, delle regioni, dove si ragiona sulla base del colore del partito che le governa.
Mamma mia. Non siamo al livello del trumpismo, ma l’ideale di democrazia è sceso talmente in basso da avere paura. Non solo del Covid, ma del dopo-Covid, perché se neppure durante una tragedia come la pandemia chi governa non mette ciò davanti a tutto, al suo partito, a sua moglie, ai suoi figli, ai suoi interessi materiali, per l’Italia saranno guai veri.
C’è oggi nel Paese un solo baluardo a difesa della democrazia. Lo tiene in piedi quel signore dai modi delicati e dai capelli bianchissimi che abita al Quirinale e che ha un così alto senso della democrazia e dei dettati della Costituzione da astenersi dal fare ciò che molti suoi predecessori hanno fatto, e in particolare il suo predecessore, il senatore Giorgio Napolitano, che per temperamento e rendendo elastico il suo ruolo ha comandato, non solo vigilato.

* * *

Mi scuso con i lettori che legittimamente si aspettano su queste colonne ragionamenti o informazioni economiche e finanziarie, ma le due dichiarazioni, quasi a reti unificate, una per la gravità in accusa e l’altra in propaganda partitica durante la funzione di governo, sono troppo gravi per non dover essere stampate su carta.
È infatti per una tale combinazione di fattori antidemocratici che anche l’economia si troverà sempre più in basso. Eppure, questa tragedia pandemica potrebbe essere di stimolo a un grande balzo in avanti, per una semplice ragione, che in particolare il presidente della Consob, professor Paolo Savona, non si stanca di ripetere. L’Italia, dice Savona da finissimo economista, ha uno dei più alti se non il più alto risparmio del mondo in relazione al pil; e contemporaneamente ha la bilancia commerciale in attivo, quindi le aziende italiane esportano più di quanto il Paese importa dall’estero. Due fatti che dovrebbero far avere all’Italia un primato economico. Per due ragioni: 1) perché il risparmio servirebbe a finanziare gli investimenti, senza i quali nessuna economia si sviluppa; 2) perché la capacità di esportare indica l’attitudine delle aziende italiane di produrre meglio di quelle nei molti Paesi in cui esportano. Quindi, Risparmio record e Made in Italy dovranno portare il Paese ai vertici. Invece, di quel grandissimo Risparmio solo una piccola parte viene investito in Italia. E per quale ragione mai? Per la semplice ragione che la Borsa italiana è stata per decenni un catino per pochi giocolieri e per poche famiglie allora protette da Mediobanca. In questo modo i risparmiatori non sono mai stati premiati dall’investimento in azioni. In più, una Borsa così asfittica non ha fatto fiorire intorno tutto quanto serve a far passare il risparmio a investimento. E così l’Italia è diventata un bengodi per gestori internazionali che investono il risparmio italiano all’estero.
Ora è giunto il momento di finirla con questo schema. Le idee, e forse le strutture, ci sono. Vediamo se a qualche componente del governo viene la voglia di adottare la Borsa e di salvare così il Paese con le proprie risorse di risparmio e di genio italiano.