il Fatto Quotidiano, 14 novembre 2020
Rishi Sunak, il miliardario traditore
Che il giovane e brillante ministro delle Finanze Rishi Sunak sia un convinto capitalista ci sono pochi dubbi, e non solo per la sua militanza ai più alti livelli del Partito conservatore, che malgrado gli acciacchi resta la forza politica di riferimento per la City. A 40 anni è il parlamentare più ricco della House of Commons, un po’ perché, da primogenito studiosissimo di una famiglia indiana middle class, dopo corsi prestigiosi a Oxford e Stanford e una rapida ascesa a Goldman Sachs, a 30 anni ha creato un suo fondo di investimenti che nel 2010 aveva già un capitale iniziale di 700 milioni di sterline. Un po’ perché è sposato bene, con Akshata Murthy, figlia del miliardario indiano in dollari Narayana Murthy, il cofondatore di Infosys, e con lei si gode fra l’altro un rispettabile pacchetto di proprietà immobiliari di pregio fra il Regno Unito e gli Usa. Però, da ministro delle Finanze dell’era Brexit&Covid, deve trovare un marea di soldi per tappare la voragine nel bilancio britannico: secondo il National Audit Office, solo fino al 7 agosto scorso, le misure pubbliche di supporto alla crisi erano costate già circa 210 miliardi, e questo prima del secondo lockdown, mentre l’Office for Budget Responsibility calcola un indebitamento di 372 miliardi per l’anno fiscale 2020-21. Questo porterebbe il debito pubblico nazionale a 3 trilioni di sterline, oltre il 100% del PIL. Per questo già a luglio Sunak aveva sorpreso maggioranza e opposizione commissionando all’Office of Tax Simplification (OTS) una valutazione degli introiti fiscali ricavati da seconde case, azioni e oggetti d’arte. Tasse più alte per i ricchi? Allora il Tesoro si era affrettato a ridimensionare la richiesta del ministro, dichiarando: “Sono analisi interne. Non c’è nessun piano per cambiare le regole”.
Nel frattempo, la situazione economica del Paese si è impantanata: Sunak ha dovuto rimandare la presentazione del budget triennale che doveva rilanciare le infrastrutture nel Paese, strategia al cuore del manifesto politico di Boris Johnson. E quella “analisi interna” è tornata sulle prime pagine del Financial Times.
Il piano di Sunak, non ancora approvato ma ben più che speculativo, mira a raccogliere 14 miliardi di sterline aumentando la pressione fiscale su seconde case, investitori e pensionati ricchi. La riforma principale riguarderebbe il capital gain, cioè la tassa sull’aumento di valore di certi beni fra acquisto e rivendita. L’esempio è quello delle proprietà immobiliari: al momento della vendita si paga un’aliquota a scaglioni sul valore aggiunto. La più alta è del 28%: il rapporto propone di innalzarla al 40%,o al 45%, parificandola all’aliquota più alta sul reddito, riducendo contemporaneamente le esenzioni disponibili. Una forma di patrimoniale. Non è difficile ricordare un passaggio dell’ultimo manifesto elettorale del partito laburista, in cui si prometteva l’eliminazione delle esenzioni sul capital gain per milioni di proprietari immobiliari. Per non parlare di questo passaggio, che oggi rispetto alla proposta del cancelliere suona quasi timido: “Il Labour riconosce l’inadeguatezza del sistema britannico di tassazione degli immobili privati, ed ha già proposto l’introduzione di una tassa sulle seconde proprietà usate come case di vacanza, misura che raccoglierebbe fino a 560 milioni di sterline”. Sunak corbynista in completo da sartoria? Una provocazione, ma non del tutto. Ad esultare per le misure è anche il Tax Justice Network, gruppo di pressione per la giustizia fiscale regolarmente trattato da illustri e strapagati fiscalisti della City come un sassolino nelle scarpe alla moda.
La paradossale conferma della vocazione socialista di queste misure la fornisce John McDonnell, già ministro ombra dell’Economia nella defunta segreteria di Jeremy Corbyn. In un tweet stizzito e memorabile ha scritto, commentando la notizia: “Un’altra delle mie proposte. L’imitazione può essere la più sincera forma di adulazione ma questo plagio delle mie politiche da parte di Sunak di solito è poco convinto e quindi inefficace”. Non è la prima volta che McDonnell accusa Sunak di plagio ideologico: lo ha fatto anche in occasione del lancio delle green gilts, bond ecologici molto ispirati alla piattaforma Labour sul climate change. Anche la massiccia iniezione di denaro pubblico a sostegno di salari e imprese durante questa crisi ha probabilmente fatto rivoltare nella tomba Margaret Thatcher, che considerava ogni forma di statalismo un tradimento dei valori conservatori.