Corriere della Sera, 14 novembre 2020
Perché Xi ha stroncato la corsa di Alibaba
Una volta Jack Ma si è vantato di essere diventato amico di Xi Jinping nel 2002, quando il futuro presidente era segretario del Partito nello Zhejiang, la provincia il cui capoluogo è Hangzhou dove sorge il quartier generale di Alibaba. Il profeta dell’ecommerce era sempre al seguito di Xi nei viaggi di Stato in America, presentato come l’alfiere dell’innovazione cinese. Ma ora che il Partito ha bloccato lo sbarco in Borsa da 37 miliardi di dollari di Ant, braccio finanziario di Alibaba, emergono particolari illuminanti e inquietanti sulla fine di un amore politico-economico. La decisione di affossare la più grande Ipo nella storia mondiale è stata presa personalmente da Xi Jinping. E il bersaglio del siluramento era il timoniere dell’operazione di mercato, Jack Ma.
Lo hanno detto al Wall Street Journal alte fonti di Pechino. Xi non avrebbe tollerato l’attacco pubblico portato al sistema finanziario cinese dal fondatore di Alibaba, che il 24 ottobre aveva rinfacciato al Partito di far funzionare le banche statali come «banchi dei pegni». Aveva concluso il discorso: «La buona innovazione non ha paura delle regole, ha paura delle regole antiquate, in Cina non dovremmo usare metodi da stazione ferroviaria per far funzionare un aeroporto».
Ant, nata come sistema di pagamento su telefono mobile si era trasformata in una super-banca da 300 miliardi di dollari, finanziando decine di milioni di piccoli imprenditori cinesi e mezzo miliardo almeno di cittadini. Il Partito non ha niente in via di principio contro chi ammassa capitale, però il genio di Alibaba stava accumulando troppa influenza e si era messo in competizione con le banche statali. Non è chiaro se Jack Ma nel discorso del 24 ottobre abbia accusato la finanza statale cinese per esasperazione, ma di sicuro ha esasperato una situazione già critica. Xi ha ordinato di ridimensionarlo, probabilmente di mettere fine alla sua vita pubblica. Uno degli infiniti proverbi cinesi avverte che «il chiodo più alto non sfugge mai al martello».
«A Xi non importa se un capitano d’industria arriva in cima alla lista dei ricchi, come era il caso di Ma Yun (nome all’anagrafe di Jack, ndr); quello che gli interessa è che allinei i propri interessi a quelli dello Stato», ha detto un dirigente del Partito al Wsj. Martedì scorso è stato comunicato che l’antitrust di Pechino si sta occupando anche di Alibaba, sospettata di pratiche monopoliste. Il titolo ha perso un centinaio di miliardi in Borsa. Mercoledì il tg di Pechino ha aperto su questa notizia: «Importanti istruzioni di Xi Jinping sul rafforzamento dell’unità dell’economia privata nella Nuova Era». L’ordine è di «dirigere la saggezza degli imprenditori privati verso il coronamento dell’obiettivo di grande rinascita della Cina».
Forse Ant e Alibaba sono solo due casi all’interno del progetto per riaffermare la centralità dello Stato, forse non c’è molto di personale contro Jack Ma. In passato sono state soffocate le ambizioni di Wang Jianlin, il miliardario di Wanda che aveva guidato la scalata cinese a Hollywood, acquistando case di produzione e cinema. Dalla sera alla mattina gli fu ordinato di disinvestire. Nel 2018 Jack Ma era stato premiato come uno dei 100 membri del Pcc che più hanno contribuito allo sviluppo della Cina negli ultimi 40 anni. Nonostante la medaglia appuntata sul petto da Xi nella Grande Sala del Popolo, il miliardario non si stancava di ripetere una battuta: «Bisogna essere innamorati del Partito, ma mai sposarlo». Il segretario generale non la pensa così: affari di cuore (rosso) e business vanno insieme a Pechino.