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 2020  novembre 14 Sabato calendario

QQAN30 1QQAN40 Intervista ai figli di Ugo Tognazzi

Arianna Finos
All’intervista con i fratelli Tognazzi, che firmano ad otto mani la biografia Ugo — La vita, gli amori, gli scherzi di un papà di salvataggio edito da Rai Libri a trent’anni dalla morte dell’attore, manca solo il norvegese Thomas che ha dato buca all’ultimo minuto.
Ricky, 65 anni, si affaccia nello schermo Zoom dal suo appartamento, con incursione di Simona Izzo, tazzina di caffè e un barboncino allegro. Maria Sole, 49, è nella villa di famiglia a Torvajanica, «c’è anche la Bettoja, sta leggendo il nostro libro. Si sta da dio, la tengo qui finché non inizia il diluvio», dice riferendosi alla madre Franca. Il 53enne Gianmarco, anche lui figlio di Franca, si collega dalla casa di Velletri, lo sfondo virtuale con una scritta sul Milan suscita le ironie degli altri due. La conversazione è informale e zeppa di informazioni che dovrebbero restare private, piccole permalosità su chi parla più a lungo, certi soldi che papà avrebbe dovuto chiedere per le sceneggiature che rimaneggiava, punzecchiature e risposte rudi a tentativi d’affetto. Di fondo, una grande complicità.
Chi ha scelto il titolo?
RICKY: «L’editore, noi siamo intervenuti sul sottotitolo "un padre di salvataggio" nel senso che Ugo c’era poco, siamo concordi. Ma nei momenti topici di bisogno arrivava e dava tutto. Noi abbiamo vissuto la sua epoca e l’abbiamo riassunta nel libro con la nostra foto di famiglia».
MARIA SOLE: «In quella foto avevo tre anni. L’abbiamo fatta qui a Torvajanica, un luogo che per noi significa tanto».
GIANMARCO: «Ci sono due scatti, nel primo alzo il pugno contro il fotografo, questo è il successivo in cui papà mi ha cazziato e io guardo in basso».
RICKY: «La foto per me significa Thomas, che abbiamo conosciuto in ritardo, arrivò a Torvajanica che aveva sette anni. Ci fu la battuta di Gianmarco, che giocando col bimbo sconosciuto disse "non sembriamo fratelli?". Quella foto è il luogo dell’unione di tutte le anime di papà, che siamo noi figli. Le estati si facevano tutte lì, a Torvajanica, insieme».
Quando avete scoperto davvero vostro padre?
RICKY: «Il federale per me è un momento topico, il primo set di cui ho memoria. Papà era già separato da mia madre e io lo raggiungevo d’estate. Fu un film di svolta. Ero sempre con lui e quando uscì in sala mi portò a vederlo. Nella scena in cui lui, vestito da federale fascista, viene picchiato io mi preoccupai. Lui mi prese la mano: «È tutto a posto, sono qui». Ma io credevo al film, non a lui e continuai a piangere. E lì capii che la forza del cinema è più grande della realtà».
Ricky, nel libro c’è anche molto sua madre, Pat O’Hara.
RICKY: «Se ne è andata poco tempo fa, l’emozione è viva. Il mio album di foto sono i film di papà, i cassetti sono pieni di scatti fatti sul set. I mostri è un film storico per Ugo: sul set Dino Risi doveva ricostruire la famiglia, aveva me e Ugo, mancava la moglie. Quel giorno mia madre mi ha accompagnato e lui la mise sul set. Ricompose la famiglia separata da cinque anni, la fissò in un’immagine cinematografica per sempre. Mia madre è riuscita a tenere testa a papà, poi lui si è costruito un’altra storia e lei mi ha regalato un secondo padre.
Gianmarco e Maria Sole hanno avuto la fortuna di avere una madre come Franca, moderna e generosa, ci ha messo tutti insieme, ha chiamato Thomas, e ci ha abbracciati in un’unica famiglia.
Quando è nato Gianmarco ed è arrivato Thomas per me, che ero figlio unico, è stato un turbamento.
Senza Franca non ce l’avremmo fatta. Infatti se guardi alle altre famiglie simili alla nostra, come i Gassman, straordinariamente moderne, non hanno quel collante così forte. Merito di Franca e di Ugo».
MARIA SOLE: «Merito anche nostro, ci siamo voluti bene, tanto.
Quando vado in macchina a Velletri nel tragitto mi vengono in mente i fine settimana, le partite alla radio, papà che cucina».
GIANMARCO: «Per Ugo l’utopia era Natale con tutte le mogli e i figli insieme, anche se Margarete (la madre di Thomas, ndr) e Franca non andavano d’accordo. Mia madre si preoccupava sempre: Babbo Natale doveva portare gli stessi miei regali a Thomas. I miei ricordi più belli sono a Varese, dove ho vissuto i primi due anni della mia vita. La neve, il freddo, il Natale. L’emozione del poter stare con Ugo, i nonni Gildo e Maria».
RICKY: «Il mio Natale più importante è stato quello in cui non c’ero. Avevo lasciato Flavia per Simona, stavamo male tutti e tre. Ugo non sapeva. Ho passato le feste da mia madre. La nostalgia del Natale senza gli altri mi è rimasta dentro».
GIANMARCO: «C’è anche quello in cui venne Jennifer Beals, era l’89».
MARIA SOLE: «Il nostro era un Natale allargato. C’erano gli ospiti fissi e quelli occasionali legati agli impegni artistici. Fu bello conoscere la star di Flashdance, ma per me ancor di più trovare in camera Raffaella Carrà, di cui ero fan assoluta».
GIANMARCO: «Ricordo Julio Iglesias, con papà gelosissimo perché guardava mamma».
MARIA SOLE: «Papà passa per un dongiovanni, vorrei sottolineare che anche mamma aveva dei signori corteggiatori».
GIANMARCO: «Monicelli, Benvenuti, De Bernardi, Paolo Villaggio erano di famiglia. Ero fin troppo esuberante, mi prendevo libertà eccessiva, da rompicoglioni, in parte lo sono rimasto. Ma capivo chi era papà le poche volte in cui uscivamo insieme, quanto fosse amato in modo trasversale: tutti lo chiamavano Ugo, a casa non rispondeva se lo chiamavi papà, ecco perché anche per noi è Ugo».
Il libro è anche un tributo alla memoria dell’artista.
RICKY: «Questi trent’anni sono stati ricordati con affetto. Gli attori non muoiono mai non solo per le loro opere, ma perché hanno segnato la nostra vita. Siamo il frutto di Proietti, Gassman, Volontè. La vita di papà non è solo nostra, Ugo è un pezzo di storia italiana, fatta di carne e ossa, profumi, appuntamenti al cinema».
MARIA SOLE: «Ho presentato il doc su papà in Brasile a una comunità enorme di italiani, mi ha colpito che ci fosse tanto amore per lui a distanza di tanti anni e chilometri».
C’è una cosa che non siete riusciti a dire a vostro padre?
MARIA SOLE: «Non ho mai parlato di cinema con papà, mi tenevo a distanza, non vedevo i suoi film. Il giorno della sua scomparsa vidi in tv In nome del popolo italiano. Mi sono resa conto in quel momento che il papà attore che avevo rifiutato, per difesa, non so bene il motivo, non c’era più. Mi spiace, oggi che faccio la regia, non aver avuto un confronto su questo. Vorrei potergli dire: sei un grande attore».
GIAMMARCO: «Io ho risolto i nostri conflitti quasi un anno prima che se ne andasse e me lo sono goduto. Ma non ho avuto il tempo e la maturità di rapportarmi a lui come collega, mi manca quello che Ricky ha avuto: il vantaggio del tempo, il confronto tra coetanei, la confidenza artistica».
RICKY: « Sono stato fortunato. Si andava al cinema, si discuteva, gli ho fatto da aiuto, ci siamo scontrati, abbiamo fatto tanti dibattiti. Ma mi rimprovero, proprio per quanto era affettuoso, il fatto di aver preso con leggerezza il suo ricovero in ospedale, non sono andato subito e sono arrivato troppo tardi. È rimasto un groppone nel cuore. Lui era generoso, quando c’era, era un padre di salvataggio, si regalava con una generosità totale, non sempre noi siamo stati all’altezza, ogni tanto avrei potuto dare di più».
Era capace di fare ridere molto.
MARIA SOLE: «Sì. Esilaranti le partite a Trivial, lui in studio sdraiato sul divano, noi intorno con i formaggini. Una volta c’era una risposta sbagliata su di lui nel gioco, per provocarlo gli dicemmo che era lui che stava rincoglionendo.
S’incazzò. Quando giocava tornava bambino».
GIANMARCO: «Ricordo una sera a poker in cui Ricky vinse una cifra spropositata a un amico di papà.
Andammo a dormire e ci ritrovammo poco dopo, tutti e tre insonni, in cucina. Discutendo se la cifra fosse esigibile o no, ci facemmo un aglio e olio alle cinque di mattina».
RICKY: «Raccontando inventava, io lo sbugiardavo, "ma non è andata così" e lui: "Fatti i cazzi tuoi". È stato un grande comico, che significa essere un supereroe, baciato da Dio ma anche da un complesso di inferiorità che ti spinge a dover mostrare di non essere solo comico.
Ecco, non c’è nulla più di un comico».