Il Messaggero, 14 novembre 2020
Il culto di Feronia
Un giorno Anatole France si recò a Lourdes con un insigne chirurgo, positivista e ateo. Davanti alle centinaia di stampelle appese come testimonianza di una guarigione e manifestazione di ringraziamento, l’incredulo medico sghignazzò beffardo: «Mi convincerei di più se invece di mille grucce vedessi una sola gamba di legno».
Il grande scrittore francese era agnostico e anticlericale, ma da scettico saggio non piegava la realtà ai propri pregiudizi. Pertanto rimproverò severamente l’amico: se centinaia di paralitici erano arrivati lì in carrozzella, e se n’erano tornati a piedi, quello era un fatto. Un fatto che poteva, e secondo lui doveva avere una spiegazione naturalistica, ma sempre un fatto. Oggi noi sappiamo che una forte emozione può produrre un infarto, e quindi, perché no, anche un risanamento. Gli stessi oncologi ci assicurano che la volontà di vivere spesso favorisce la cura. Se questo avvenga perché un umore positivo aumenta il nostro sistema immunitario, o per altre ragioni, è ancora oggetto di studio. In ogni caso, ogni guarigione di Lourdes dipende, direttamente o indirettamente dalla Madonna. Ma non è una prerogativa esclusivamente cristiana.
Proprio in questi giorni, tra il 13 e il 15 novembre, nell’antica Roma si celebrava la festa della dea Feronia, venerata come protettrice della fecondità e più in generale della salute. Ad essa erano dedicati un boschetto in Campo Marzio e vari santuari, tra cui quello nel monumentale complesso di Largo di Torre Argentina, oggi ammirato dai turisti e propiziato da silenziose presenze feline.
ALTERNE VICENDE
Tra i resti degli altri templi, a lei consacrati un po’ dappertutto nell’Italia centrale, furono reperite terracotte rappresentanti varie parti del corpo umano. A Monteleone, in territorio sabino, vi è una ricca collezione di ex voto anatomici in ceramica: gambe, piedi, teste e persino organi interni. Tutti doni di riconoscenti miracolati, che certamente non avrebbero soddisfatto, malgrado la loro foggia significativa, l’incredulo amico di Anatole France, ma che rappresentano comunque eventi reali. Per amor di verità va detto che questa dea non sempre portò fortuna. Uno dei suoi templi maggiori era ubicato sul monte Soratte, dove stava il feldmaresciallo Kesselring durante la seconda guerra mondiale, e da dove impartì – o avallò – l’ordine della rappresaglia delle fosse Ardeatine. In compenso la dea si rivelò benigna anni dopo, quando il governo italiano decise di costruirvi un bunker antiatomico in previsione di una guerra nucleare. Per intercessione sua – o per altri fattori non ce ne fu mai bisogno.
Va detto che i romani avevano buone ragioni per rivolgersi a Feronia piuttosto che ai medici ufficiali. Costoro, sciupando la parte più preziosa dell’eredità greca, stavano riportando la medicina nell’alveo della superstizione e ai limiti della ciarlataneria. Quel che è peggio, la contrabbandavano come scienza, e non erano i soli. Filosofi come Seneca credevano, malgrado gli avvertimenti di Cicerone, nella divinazione. L’astrologia era accettata da tutti, tranne che dagli scettici della Nuova Accademia e dai cristiani che la condannavano come idolatra.
L’UOMO E IL SERPENTE
L’enciclopedico Plinio il Vecchio, autore della monumentale Historia Naturalis, derideva i miracoli degli dei, ma avvertiva che lo starnuto della donna dopo l’amplesso rischia si provocare l’aborto, e raccomandava il coito, e i suoi succedanei, contro la raucedine, la lombaggine, la vista debole e l’alienazione delle facoltà mentali. Tutto il contrario di quello che insegnavano i nostri padri sui pericoli dell’onanismo adolescenziale. L’illustre scienziato aggiungeva che un uomo a digiuno può uccidere un serpente sputandogli in bocca, che in Lusitania le cavalle sono fecondate dal vento dell’Ovest, che i frutti di un albero cadono se gli si avvicina una donna prossima alle mestruazioni e che sotto il consolato di Acilio piovvero latte e sangue. Nulla di nuovo sotto il sole. Per tutto il secolo scorso personalità di fermo intelletto credettero nelle favole e nei miracoli del comunismo.
Qualche romano di buon senso cercò di affrontare il problema della salute con criteri meno discutibili. Aurelio Cornelio Celso (da non confondere con l’acerrimo nemico di Origene) scrisse l’unica opera seria di medicina nei sei secoli tra Ippocrate e Galeno, e diede significative descrizioni di varie patologie e di pratiche chirurgiche, come la tonsillectomia e la cataratta. Ma fu ignorato dal popolo e dalla scienza ufficiale, la sua opera andò perduta e fu recuperata solo nel XV secolo. Nel frattempo i romani ricchi si rivolgevano a sedicenti archiatri che talvolta inciampavano casualmente nella giusta diagnosi, ma vi rimediavano con subito con le prescrizioni più improbabili e disgustose: gli escrementi di lucertola erano indicati come purgante; quelli di cane per l’angina; quelli dei bambini per il mal di gola. Per fortuna qualche Dulcamara, meno sadico e più innocuo, si vantava di curare tutto con i vino. In questa confusione, le menti più semplici, e certo più sagge, si rivolgevano agli dei e in particolare a Feronia. E, come nella grotta di Lourdes, spesso ne traevano benefici evidenti e concreti.
IL DISORIENTAMENTO
Oggi, per fortuna, la medicina e la chirurgia sono enormemente progredite in conoscenza ed efficacia. Viviamo più a lungo e soprattutto – salvo le solite eccezioni – viviamo meglio. I santuari sono ancora frequentati, talvolta con l’estrema speranza di un miracolo, più spesso come fonte di edificazione e di solidarietà per le sofferenze umane. Abbiamo tutti fiducia nella tecnica e nella ricerca, malgrado qualche incorreggibile passatista pontifichi contro i vaccini e gli irresponsabili negazionisti bollino il Covid come un complotto delle multinazionali.
E tuttavia proprio questa pandemia ha dimostrato quanto l’emotività, l’avventatezza e il protagonismo di tanti cattedratici suscitino incertezze e disorientamento in chi si affidava alla loro competenza e serietà. A nulla sono valsi gli ammonimenti degli studiosi più seri, che la scienza dà solo risposte provvisorie e spesso parziali, ma che finora non abbiamo trovato niente di meglio per affrontare le insidie di una Natura indifferente od ostile. Abbiamo assistito a lezioni diverse, e spesso opposte, sulla natura del morbo, sulla sua prevista evoluzione e persino sulla cura. E come se non bastasse, un Commissario che dovrebbe garantire la salute di una delle regioni più belle d’Italia ha disonorato la sua funzione con espressioni volgari nella forma e sciagurate nella sostanza. Quasi un invito a farci rimpiangere l’ ingenua umiltà di chi portava gli ex voto alla nostra dea Feronia, che oggi ricordiamo se non con devozione, almeno con simpatia.