Il Sole 24 Ore, 12 novembre 2020
Autostrade, meno di un milione al giorno in manutenzione
Esiste un prima e un dopo. Prima del crollo Ponte Morandi «venivano fatti 260-270 milioni di manutenzione all’anno», ha spiegato Roberto Tomasi, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia arrivato al vertice della società dopo l’uscita dell’ex ceo Giovanni Castellucci, in un colloquio con alcune testate giornalistiche tra cui Il Sole 24 Ore. Troppo pochi? Molto meno di un milione al giorno, questo è sicuro. «Non esistevano degli standard, era come fare il salto con l’asta ma senza asticella», ha sottolineato ancora il manager. Ora, «è tutto diverso. Nel 2019 il dato è cresciuto di oltre il 60% superando i 400 milioni, il 2020 verrà chiuso con 655 milioni di interventi e nel 2021 gli impegni saranno pari a 600 milioni». Altre cifre, frutto di una «visione completamente differente», ha aggiunto Tomasi. Prima non era «assolutamente lungimirante». Poi si è preso «coscienza della necessità di definire degli standard. È la condizione fondamentale per poter fare un piano di manutenzione che possa essere condiviso» e che di conseguenza possa essere monitorato nella sua esecuzione.
Questi nuovi standard sono stati concordati con il ministero delle Infrastrutture nel 2019, dopo una verifica a tappeto di tutta la rete, comprese le opere d’arte, ossia ponti, gallerie, viadotti, barriere. E questo ha portato a una riorganizzazione complessiva dell’intero processo di controllo della rete: la definizione di parametri certi, le procedure interne di verifica, la validazione esterna degli interventi e la caratterizzazione profonda delle opere. Ossia, anche questo tassello cruciale, l’individuazione di quella che vuole essere la vita “estesa” dell’infrastruttura in modo tale che la manutenzione sia tarata sulla base di quanto tempo ancora dovrà servire quel tratto di strada. Nuovi standard, dunque, ma anche nuovi vertici: «Il 100% delle prime linee a mio diretto riporto è stato cambiato ed è stata promossa una rotazione sul 99% dei direttori di tronco». Un colpo di spugna su un passato che, le intercettazioni lo dimostrano, è da dimenticare. Eppure, dagli atti dell’indagine emerge che Castellucci contava ancora. «Da che l’ex ceo è uscito da Atlantia, ossia a settembre 2019, io non più avuto contatti diretti o indiretti con lui», ha assicurato Tomasi. Tutti i manager sottoposti alle misure cautelari sono già usciti dal gruppo o sono stati sospesi. Ed è stato messo a punto un piano «che va ben oltre la gestione della concessione, vogliamo diventare un gestore della mobilità integrata. E in quest’ottica i 200 milioni che verranno investiti nella digitalizzazione saranno fondamentali, poiché permetteranno di condividere tutti gli elementi essenziali con il controllore». Questo è l’oggi. Gli atti dell’inchiesta fotografano una situazione ben diversa riguardo al passato. Che in parte viene evidenziata anche da Gianni Mion, manager alla guida della holding della famiglia Benetton, Edizione, che tiene le redini di Atlantia e dunque di Autostrade. Nel corso di una conversazione Mion ha ammesso: «Il vero grande problema è che le manutenzioni le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo meno facevamo». Questo, tuttavia, come conclude il Gip di Genova, garantiva profitti più alti e dunque, grazie alle cedole, la soddisfazione dei Benetton. E Castellucci, come riferito sempre da Mion in un’altra conversazione, «disseminava» il concetto che a Ponzano fossero al corrente del meccanismo perverso e lo caldeggiassero. Possibile? Di certo è mancata la vigilanza. Si sono affidati al «ci penso io» di Castellucci. Dichiarazioni nette quelle di Mion che nell’ambito degli equilibri famigliari dei Benetton potrebbero essere guardate con fastidio da chi non ha mai amato il manager. Da capire con quali conseguenze.