Corriere della Sera, 11 novembre 2020
QQAN66 L’avventura del cervello, da giardino a bosco di sinapsi
QQAN66
Mangiare in modo sano, fare esercizio fisico con costanza, avere interessi, contrastare (nei limiti del possibile) lo stress, dormire abbastanza, non fumare. Sei regole fondamentali per tenere il cervello in perfetta efficienza, dettate da Giulio Maira ne Le età della mente (Solferino), scritto con la giornalista Vira Carbone.
Se possono sembrare indicazioni scontate a una prima impressione non lo sono affatto se calate nel contesto di una vera e propria storia di quest’organo straordinario tracciata dall’autore a partire dalla sua infanzia, non solo in ciascun individuo, ma in quella della nostra specie, a partire dall’esplosione di creatività avvenuta circa 70 mila anni fa, grazie alla quale i nostri antenati cominciarono a eseguire pitture rupestri, mettersi addosso pelli e costruire abitazioni. A rendere possibile questo spettacolare balzo in avanti – scrivono gli autori – fu probabilmente lo sviluppo dei cosiddetti neuroni specchio, che ci hanno permesso di apprendere per imitazione, e, da lì, di sviluppare la capacità di elaborare un modello mentale dei pensieri, delle intenzioni e dei comportamenti altrui, generando quella che viene chiamata teoria della mente. Con l’inizio di questa «rivoluzione cognitiva» i Sapiens presero a trasformare i comportamenti molto velocemente e a trasmetterli alle generazioni successive, senza più alcun bisogno che fossero preceduti da mutamenti genetici o ambientali. Una svolta grazie alla quale, per dirla con le parole dello storico Yuval Noah Harari: «La storia dichiarò la propria indipendenza dalla biologia».
Ma il nostro cervello in una certa misura ripercorre la sua evoluzione in ogni persona.
Non a caso una sezione cospicua del libro è dedicata alle prime fasi dello sviluppo cerebrale, quando proprio l’imitazione gioca un ruolo decisivo perché, a differenza del genoma, cioè dell’insieme dei nostri geni, che è fisso dal momento del concepimento, il connettoma, cioè l’insieme delle innumerevoli connessioni neuronali del cervello, è responsabile di ciò che ciascuno di noi individualmente è. Ed è condizionato da molti fattori, fra i quali, nei primissimi anni di vita, soprattutto il rapporto con i genitori, che sono i primi, e fondanti, punti di riferimento da imitare e da cui è importantissimo ricevere rassicurazione e sicurezza per lo sviluppo mentale.
Come scrive Álvaro Bilbao, citato da Maira: «L’infanzia è il giardino in cui i nostri figli giocheranno da grandi».
Si tratta, comunque, solo dell’inizio, perché il cervello continua incessantemente a cambiare lungo la vita, passando, dopo l’infanzia, attraverso la fase drammatica dell’adolescenza, quando avviene la «grande potatura» delle sinapsi «giudicate» inutili dal cervello per affrontare l’età adulta. Un periodo difficile, e decisivo, durante il quale, proprio per motivi neurologici si è più inclini, per esempio, a correre rischi, a ribellarsi e si è anche più vulnerabili ed esposti all’abuso di droghe.
Ma una volta superata anche questa fase i cambiamenti proseguono, perché nel corso della vita i neuroni non si danno requie nell’aggiustare e rimodulare le loro connessioni, rafforzandole o indebolendole, creando o eliminando sinapsi, facendo crescere o retrarre filamenti. «Per capire che cosa succede al nostro cervello durante lo scorrere degli anni, immaginiamo di vederlo come un bosco» illustrano gli autori. «Alla nascita è fatto di tanti alberi giovani e rigogliosi, l’uno accanto all’altro, ancora con pochi rami e poche foglie. Man mano che il bosco si sviluppa alcuni alberi muoiono, perché soffocati dagli altri o perché non accuditi bene, ma quelli che restano sviluppano ancora più rami e ancora più foglie creando l’aspetto fitto del bosco attraverso i cui rami la luce filtra appena».
Andando avanti si perdono alcuni neuroni, ma gli altri possono arricchirsi di rami e di foglie. Questo in buona parte dipende da noi. E qui entrano in gioco le sei regole citate all’inizio, ciascuna declinata nel libro in modo analitico, con indicazioni precise, manualistiche, soprattutto (non solo) per gli aspetti relativi all’alimentazione.
Il privilegio di invecchiare bene, si conclude, «è soprattutto un’arte; possedere la genetica giusta non garantisce una vita lunga e sana, se lo stile di vita è pessimo». E fra ciò che più ha importanza a questo scopo c’è la cosiddetta riserva cognitiva, che dipende dal patrimonio personale di conoscenze che si è acquisito: più si è fatto lavorare il cervello nel corso della vita, maggiori sono le connessioni che si sono sviluppate tra le cellule cerebrali e minore sarà il rischio di vederlo funzionare male durante la senescenza perché, in un certo senso, si parte da un «livello più alto»; insomma, si ha più riserva, si sono costruite più reti neurali, sono aumentati i livelli dei neurotrasmettitori.