Corriere della Sera, 11 novembre 2020
Intervista a Vittorino Andreoli
Vittorino Andreoli dice quel che pensa e pensa quel che dice. Una rarità. Fa sempre più fatica a distinguere tra matti e non matti: vede i normali fare cose da folli e i folli fare cose straordinarie. Così com’è, questo mondo non gli piace. È sempre più difficile. Inquinato dalle parole. Fatto da gente in fuga davanti alle responsabilità. Da psichiatra vede avanzare una nuova patologia: l’incoerenza. Quelli che dicono tutto e il contrario di tutto. C’è un egoismo diffuso, un abuso di «io». Verrebbe voglia di scappare, ammette. Cercare il silenzio delle pietre, contro il rumore inutile delle banalità. Ma non possiamo scappare, spiega. Sarebbe una vigliaccheria. La società la facciamo noi. Chi vede certi pericoli ha il dovere di avvertire dei rischi che si corrono.
Ed eccoci, allora. Dopo la clinica, la ricerca, i saggi scientifici, decine di libri e centinaia di conferenze Andreoli si è dato questo obiettivo: aiutare gli altri, essere utile, trasmettere la sua idea di uomo nella difficolta di esistere e vivere in questo tempo, un tempo malato, reso drammatico dalla pandemia.
«Siamo allo stato confusionale», ammette. A un grande psichiatra viene subito da chiedere a che cosa possiamo aggrapparci. «Si sono persi quasi tutti gli appigli…», è la prima risposta. Ma Andreoli è un pessimista attivo. «Non mi piace chi dice che non c’è più niente da fare. Oggi c’è tanto da fare». Così si è rimesso in viaggio per riorganizzare i pensieri e realizzare un alfabeto tascabile per la vita. In quindici tappe esplora i sentimenti umani, racconta la vita, ci fa capire chi siamo. L’uomo non è un cabaret, un oggetto da showbiz. «Noi siamo delle persone che hanno bisogno di altre persone». Contano i legami e gli affetti, non la superficialità. «Oggi vorrei poter aiutare le persone a vivere meglio, a mettere insieme i punti che costituiscono un’esistenza. Provo ad accendere qualche luce per vedere nel buio».
Nel buio c’è la paura. Perché è partito da qui, professor Andreoli?
«Questa è la società della paura. I nostri giorni oggi sono scanditi dalla paura e la paura genera violenza, ci paralizza. Eppure…».
Eppure….
«Eppure senza la paura non esisterebbe il coraggio. Vede, la paura è un elemento strutturale dell’esistenza. Anche l’eroe ha paura. Ma la supera per il bene degli altri».
Qual è la paura che spaventa di più?
«In questo momento, la solitudine».
Che si contrasta come?
«Con la vicinanza, con l’altro, con l’insieme. L’uomo impaurito ha bisogno di trovare ascolto, di una voce, di qualcuno di cui potersi fidare. Insieme c’è una vita più umana».
Chi alimenta la paura?
«Oggi non c’è dubbio, il Covid. Ma quel che preoccupa è la politica che vive sulla paura degli uomini. Ne ha fatto il suo business».
Troppi egoismi e individualismi…
«C’è un esasperato narcisismo».
Quando la paura diventa pericolo?
«Quando supera una certa intensità e diventa angoscia, panico».
Che cos’è invece l’ansia?
«L’ansia nasce come condizione per affrontare meglio le situazioni nuove, è un attivatore di energie. Pensiamo all’ansia dello studente prima di un esame».
E la rabbia?
«È un impulso, è la violenza dentro di noi che tende ad uscire».
Ce n’è tanta oggi…
«Oggi viviamo male. Per questo accumuliamo rabbia, malessere, frustrazione. C’è una rabbia interna che va gestita. Quando esce per accumulo, produce violenza».
Suggerimenti per vivere con meno rabbia e meno paura?
«Bisogna ripartire dall’uomo che deve aiutare l’uomo».
E riscoprire la gioia di vivere…
«La gioia è un sentimento bellissimo. Tutti parlano di felicità, ma la felicità riguarda l’io. La gioia è un sentimento corale, riguarda il noi».
Lei elogia il valore del perdono.
«Il perdono ci tocca nel profondo. Si porta dietro l’umiltà, che non è modestia, è la grandezza di San Francesco. Lo scriva così: per – lineetta – dono. Il significato è ancora più chiaro».
C’è un sentimento da rilanciare?
«La passione. La passione è quella che colora la nostra vita».
L’ha abbinata alla volontà.
«La volontà è un atto di energia, dimostra la voglia che hai di guidarti: ti serve per superare un ostacolo, per affrontare le sfide impossibili».
Oggi i sentimenti si consumano con troppa facilità, come suole delle scarpe, ha scritto. Viviamo di emozioni. Ma che differenza c’è tra sentimento ed emozione?
«Il sentimento è un legame. Le emozioni riguardano i sensi, la fisicità. Il computer e la tv danno emozione, non sentimento. I sentimenti sono durevoli e ci legano uno all’altro».
Lei giudica sbagliate certe definizioni date ai sentimenti, come la fragilità.
«La fragilità indica che tu hai bisogno dell’altro. Ma non è una debolezza».
Come nell’amore, scrive.
«L’amore è l’insieme di due fragilità».
Un sentimento bellissimo.
«Amore è vita, è relazione e vuol dire: senza di te non posso vivere. In questo modo due persone che si amano, vivono. Amore è un sentimento essenziale: del padre per il figlio, del fratello per il fratello, del nonno per il nipote…».
Che cos’è il desiderio?
«È la capacità che ciascuno di noi ha di pensarsi diverso da come è oggi. Ma la società ha ammazzato il desiderio».
Come?
«È diventato uno spot: l’hai comprato questo? E quest’altro? Ridotto a oggetto il desiderio è un’altra cosa. Invece è aspirazione, un traguardo da raggiungere, un passo avanti. Ma per questo bisogna impegnarsi…».
Che cosa vede alla fine del tunnel?
«Che la vita si esprime vivendo negli altri. Dobbiamo costruire l’era del noi».