Il Messaggero, 11 novembre 2020
22QQAFA10 Su "Inside story" di Martin Amis
22QQAFA10
Giacca di velluto e stivaletti, Martin Amis è stato apostrofato come il Mick Jagger della letteratura. «Ma per quale motivo, non dicono che Mick Jagger era il Martin Amis del rock?». Basta questo per afferrare la personalità dello scrittore, saggista e sceneggiatore britannico, l’autore di Il dossier Rachel, pubblicato a 24 anni, seguito da numerosi bestseller, come La freccia del tempo e Lionel Asbo. Oggi 71enne, Amis è una delle voci contemporanee più autorevoli e questo è il suo libro più potente, «forse l’ultimo», ha sussurrato l’autore nato ad Oxford. Figlio di Sir Kingsley – Booker Prize nel 1986 – la sua matrigna è la scrittrice Elizabeth Jane Howard, l’autrice della saga dei Cazalet. Amis è cresciuto nel gotha della letteratura europea, ma sarà stato un bene? Questo libro doveva chiamarsi Life: A Novel ma dieci anni fa, su una spiaggia uruguagia, rinunciò: «Gli scrittori muoiono due volte scrive e su quella spiaggia stavo pensando, Ah, ecco che arriva, la prima morte». Dieci anni dopo, c’è riuscito.
LA TELEFONATA
Inside story è il suo quindicesimo libro (538 pp. Alfred A. Knopf. 28.95 dollari. Einaudi lo tradurrà nel 2022), Amis squaderna rapporti personali, mescola fiction e autofiction, partendo da una telefonata. Subito dopo la morte del padre, chiamò al telefono Saul Bellow (lo scrittore premio Nobel nel 1976): «Mio padre è morto oggi a mezzogiorno... temo che adesso tu debba subentrargli». Scopriamo che sir Amis lo aveva sempre preso sottogamba, irritato dal successo del figlio, «Saul Bellow invece ha dichiarato al The Telegraph era uno scrittore superiore, non eravamo in competizione e finché ci fosse stato lui in circolazione non sarei stato mai orfano». Inside Story non è una semplice autobiografia. Sul New York Times lo hanno definito «più come un’autobomba».
IL TRATTINO
Amis lo considera un romanzo autobiografico «volevo essere schiavo della realtà per l’85% e concedermi delle libertà per il restante 15%» alternando nomi reali e pseudonimi, mescolando riflessioni intime sul rapporto con Bellow e il saggista Christopher Hitchens («il mio amico più autentico», morto nel 2011) e concedendosi anche pagine sulla tecnica di scrittura, discettando, ad esempio, sulla superiorità del trattino rispetto al punto e virgola. Ma più di tutto è un inno alla vita, fidatevi. In questa storia non poteva mancare una donna misteriosa, Phoebe Phelps. Un nome che nasconde Mary Furness, femme fatale della Londra letteraria degli anni 70 e su cui Amis ha già costruito il personaggio di Nicola Six in London Fields. Sarà proprio Phoebe a rivelare che il vero padre dello scrittore non sarebbe Kingsley ma Philip Larkin, uno dei poeti più amati dagli inglesi, con cui Hilary Bardwell, la madre di Amis, lo avrebbe tradito per ripicca. E come l’avrebbe scoperto? Il primo novembre 1977, Phoebe ha trascorso la sera con il padre di Martin. Sir Kinglsey, noto seduttore di oltre vent’anni più grande, le avrebbe fatto la corte, e incassato il rifiuto «Sei il padre di Martin!» le rivelò che il vero padre era Larkin.
I TRADIMENTI
Tutto ciò sarebbe stato rivelato a Martin il condizionale è d’obbligo mediante una lettera di Phoebe, consegnata il 12 settembre 2001. Sì, proprio il giorno dopo l’attentato alle Torri Gemelle. Ma sarà tutto vero? D’altronde, intendiamoci, Martin Amis non è un santo. Dal 1996 è sposato in seconde nozze con l’autrice Isabel Fonseca ma una delle sue ex, Julie Kavanagh, ha rivelato alla stampa britannica i tradimenti subiti che riverberano nei suoi romanzi (ne La vedova incinta racconta di un giovane inglese che «avrebbe potuto essere un poeta» e fa di tutto per sedurre una donna, Scheherazade). Secondo Kavanagh, Amis soffrirebbe della sindrome di Byron ovvero sarebbe un seduttore ossessivo. Ma insomma, chi è il padre di Martin? Martin Amis prima rivela la storia e poi dubita, però afferma che se davvero il poeta e sua madre avessero avuto una relazione amorosa, sarebbe stata la giusta punizione per la promiscuità sessuale di sir Kingsley. Rimozione, competizione, ego e ricerca di una figura paterna: materiale scottante che può spedirti in terapia per una ventina d’anni o magari, può farti diventare un egregio scrittore. Così è stato per Martin Amis.