Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  novembre 09 Lunedì calendario

Biografia di Samuel Bartram

Hey tu, ma cosa diavolo ci fai ancora qui? Cosa ci faccio io? Cosa ci fa lei, qui! È il 26 dicembre 1937, festività consacrata al Boxing Day, la giornata di Premier League che gli inglesi si ostinano a giocare dal 1860 in omaggio alla prima gara fra Sheffield Football Club e Hallam, e per l’occasione nelle case ci si scambiano i regali di Natale. Il primo è vestito da poliziotto, l’altro indossa un paio di pantaloncini, ginocchiere, guantoni, e da vicino sembra proprio in tenuta da portiere. Ma bisogna andarci molto vicino per vederlo, si chiama Sam e difende la rete del Charlton Athletic da tre anni, da quando il titolare si è sfracellato mano e spalla in un’uscita tempestosa contro un avversario, e per lui non c’era più niente da fare. A quel punto Jimmi Seed si gira verso la panchina e guarda Sam: Vai dentro e dacci dentro!
Sam in realtà si chiama Samuel Bartram e prima di tentare col calcio fa il minatore in una delle cave della zona di Jarrow dove è nato. È un ragazzotto di un metro e ottanta, mani forti, braccia lunghe, poche parole, bada al sodo, pesa poco più di sessantacinque chili con una agilità sorprendente, e non ha la minima cognizione dei fondamentali necessari per difendere una porta. Comunque quel giorno il campo è quello di Stamford Bridge e a quei tempi, giusto per dire le cose come stanno, il Charlton è in assoluto una delle squadre più forti in circolazione e Sam ha poco lavoro, tutta un’altra storia dai suoi primi tentativi con il Reading, scartato, e poi con il Boldon Villa, club di onesti dilettanti con cui debutta ventenne per mera casualità. È in tribuna ad assistere a una partita di un torneo del suo quartiere quando lo speaker chiede se qualcuno dei presenti se la senta di giocare fra i pali con il Boldon, il portiere non si trova e nessuno ha la più pallida idea di dove andarlo a cercare. Sam scende, entra in spogliatoio, si cambia, va in campo e tira in piedi una prestazione sorprendente, goffo, senza un minimo senso del piazzamento, tirando pugni e calci al pallone, ma senza subire uno straccio di rete. E siccome gira bene, in tribuna c’è anche un certo Angus, lo scout del Charlton Athletic, fratello del manager del club, Jimmi Seed. Angus lo convince a concedere un provino a quello sgraziato e allampanato magrolino e così è andata, prima partita da professionista un’amichevole con sei gol incassati, e così anche nella successiva e poi ancora, con interventi da stralunato, uscite coraggiose e tuffi da acrobata. Del resto quegli anni in miniera non possono certo aver composto una figura elegante, cammina come se portasse un badile sulla spalla, emette suoni gutturali, ma da fiducia, entusiasmo e voglia di arrivare in dosi massicce. È l’ultima occasione per non tornare nelle cave dopo i provini a vuoto come centravanti e mezz’ala in modeste squadre di quartiere quando era piccolo e c’era rimasto molto male. Nonostante la valanga di reti incassate, Jimmi Seed non accetta di averci visto male e schiera regolarmente fra i pali Sam. E Sam lo ripaga. Il Charlton nei primi due anni con lui in porta guadagna due promozioni consecutive e nel primo anno in massima serie centra un risultato storico, secondo posto alle spalle del Manchester City. La miglior difesa del campionato è la sua, s’inventa nuove posture, si inginocchia, svolazza, va di fisico, esce dalla porta come dalla trincea, travolge e toglie luce agli attaccanti, i cronisti al campo scrivono che sembra sempre gol, poi invece Sam rimedia e regala emozioni. Diventa uno dei migliori nel ruolo e quando scoppia il secondo conflitto mondiale viene esentato dal fronte e mandato a tenere in forma gli avieri della Raf, compito che svolge con una professionalità esemplare. E quando l’attività riprende conquista addirittura una FA Cup.
Minatore catapultato in un campo di calcio lo rimane, nelle uscite dai pali e in quelle della vita, fissate le nozze senza dare un’occhiata al calendario finisce che al mattino si sposa, al pomeriggio corre al The Valley per la partita di Premier, vinta con rete inviolata, e in serata si presenta dalla signora Bartrand per chiudere in bellezza. In realtà col tempo affina anche il suo stile tanto da meritare alcune convocazioni per delle amichevoli con la nazionale, sebbene finisca nello spietato humor british quando viene definito il più bravo portiere inglese che non giocherà mai a Wembley con l’Inghilterra. Ma l’episodio del policeman che gli chiede cosa ci faccia lì, passa alla leggenda.
Quel pomeriggio c’è una nebbia cosmica e lui lo ricorda così: Da un po’ non vedo nessuno dei miei compagni, naturale, stiamo come al solito attaccando di continuo. Nebbia sempre più fitta, faccio qualche passo fino al limite dell’area, niente, penso che siamo veramente forti quando all’improvviso arriva quel tipo vestito da poliziotto. E questo mi dice che la partita è stata sospesa da mezz’ora, gli spettatori non vedevano il campo, l’arbitro i giocatori e i giocatori la palla, ma nessuno mi ha avvisato, me ne stavo lì a proteggere la porta nel nulla. Se non passa quel tipo chissà per quanto tempo rimango ancora lì dimenticato da tutti.
In occasione del centenario della sua fondazione, il Charlton si è ricordato di lui e oggi al Wollwich c’è una sua statua in bronzo di quasi tre metri che protegge l’entrata del The Valley. Non c’è bisogno di avvicinarsi, si vede molto bene anche da lunga distanza, perfino nella giornate di nebbia spietata.