Affari&Finanza, 9 novembre 2020
Biografia di Neil Shen
Qualcuno, scherzando ma non troppo, dice che Neil Shen ci vede così lungo che avrebbe potuto investire sul gigante dei canestri Yao Ming quando ancora aveva quattro anni e a malapena superava il metro di altezza. Se si guardasse solo ai risultati, non potrebbe che essere lui il successore di Douglas Leone al vertice di Sequoia, l’operatore di venture capital numero uno al mondo. Da ben tre anni infatti Shen guida la classifica Forbes sui Re Mida delle startup, gli investitori capaci di trasformare in oro luccicante tutte le aziende che toccano. Nessuno gli sta dietro per ritorni. C’è solo un problema, ma grande. Sequoia è uno dei simboli della Silicon Valley, a sua volta simbolo della superpotenza americana. Mentre Neil Shen è cittadino cinese, managing partner di Sequoia China, ramo mandarino della società. E cinesi sono i campioni che ha fatto crescere in questi anni, i protagonisti dell’ascesa hi-tech del Dragone che tanto spaventa gli Stati Uniti: l’e-commerce di Alibaba, le consegne a domicilio di Meituan, l’impero ByteDance, casa madre del social network TikTok. Proprio lui, quello che il governo Usa considera un rischio per la sicurezza nazionale e vorrebbe espropriare.
Insomma un’eventuale promozione del 52enne Shen al piano più alto, managing partner di Sequoia, sarebbe un caso politico. Con Donald Trump alla Casa Bianca, il presidente che ha scatenato un’offensiva senza precedenti contro la Cina, una nomina del genere sarebbe stata impensabile. Ma anche con Joe Biden resta difficile. Vero: le esplicite preferenze trumpiane dell’attuale direttore di Sequoia, il 63enne di nascita italiana Douglas Leone, ora sono un serio problema. Eppure la paura per la minaccia cinese negli Usa è bipartisan. E perfino in Silicon Valley, nonostante l’avversione ideologica per Trump, il sentimento di rivalità con la Cina è forte. Nominare Shen al vertice di Sequoia sarebbe un gesto di distensione geopolitica, ma potrebbe anche essere letto come un segnale del sorpasso dell’innovazione mandarina su quella a stelle e strisce. Roelof Botha, capo del ramo americano di Sequoia sarebbe una scelta molto meno divisiva.
Il rischio che Shen abbandoni Sequoia
Il rischio però, nel caso Shen fosse scavalcato, è che si metta in proprio, come molti ipotizzano possa fare già da tempo. Sarebbe una perdita devastante per Sequoia, viste le operazioni miliardarie in serie che ha garantito al fondo sul mercato hi-tech più bollente del pianeta. Lui ne è l’assoluto e indiscusso dominatore: dove si trova un altro profilo del genere? Nato nella provincia dello Zhejiang, genio dei numeri, laureato in matematica a Shanghai e poi in management a Yale, negli anni ’90 Shen Nanpeng, Neil Shen all’Occidentale, è stato uno dei primi cinesi a entrare nelle grandi banche d’affari di Wall Street. Ma è al ritorno in Cina che la sua vera vocazione è emersa. Nel 1999 fonda Ctrip.com, oggi semplicemente Trip.com, principale portale di viaggi cinese, un paio di anni dopo lancia la catena di hotel a basso costo Home Inn. Le porta entrambe al Nasdaq, diventando miliardario, e con quei soldi compie un’ulteriore metamorfosi, da imprenditore a investitore.
Sequoia China nasce nel 2005, dalla Silicon Valley gli assicurano completa indipendenza nelle decisioni. Lui la usa al meglio. In 15 anni il fondo ha investito in 600 società cinesi, oggi 90 sono quotate e altre 60 valgono oltre un miliardo sul mercato privato, un risultato impressionante considerato che, in media, 9 startup su 10 falliscono. Non basta. Negli ultimi dieci anni la Cina ha prodotto 16 super unicorni, cioè startup da oltre 10 miliardi di valutazione, dieci di questi sono stati finanziati da Sequoia.
Quanto a Shen, ha partecipazioni dirette in vari campioni dell’hi-tech mandarino, di ogni generazione. La più adulta, quella degli e-commerce Alibaba e JD.com. Quella di mezzo, le consegne di Meituan, le corse a pagamento di Didi, la Uber cinese, e la sicurezza informatica di Qihoo. E la più giovane, dall’intelligenza artificiale di ByteDance, casa madre di TikTok, agli acquisti di gruppo di Pinduoduo. “È perché siamo sempre ottimisti sulla Cina”, ha detto una volta Shen, sminuendo i propri meriti.
Ma se è vero che il contesto è stato favorevole, avendo lui debuttato proprio quando il Dragone iniziava la sua straordinaria trasformazione tecnologica, resta il fatto che le startup più promettenti Shen le scova sempre prima degli altri. Come investire su Yao Ming a cinque anni. Per esempio Meituan, che oggi vale oltre 200 miliardi di dollari: Shen ha iniziato a finanziarla alla primissima raccolta di fondi, quando era ancora una fra le tante piccole aziende che sgomitavano per soddisfare la voglia di consegne a domicilio dei cinesi. “Ha occhi molto affilati”, ha riconosciuto il super miliardario Pony Ma, fondatore di Tencent e a sua volta investitore in startup.
Il nome Sequoia aiuta, è un sigillo di garanzia che anche negli Usa contribuisce a “validare” le aziende su cui il fondo investe, rendendo il loro successo una profezia che si avvera da sola. Ma gran parte del merito resta di Shen, della sua capacità di scovare gli imprenditori giusti, di guidarli senza esautorarli, “come un copilota”, e di leggere le evoluzioni del mercato cinese. In una recente intervista a Forbes, rilasciata all’inizio della pandemia, Shen ha previsto quello che poi si è puntualmente verificato, cioè che il virus avrebbe ulteriormente accelerato gli investimenti in innovazione del regime cinese e la digitalizzazione del Paese, per esempio in settori come l’automazione industriale o la telemedicina. Settori su cui ha ovviamente investito, come sempre in anticipo.
Gli investimenti tecnologici del Dragone
Nonostante le sue perenni contraddizioni, come lo stop “politico” alla quotazione di Ant Group, il Dragone si candida anche nel prossimo futuro ad essere un mercato dorato per gli investimenti tecnologici, considerati dal regime la chiave del progresso nazionale. E Shen è il suo Re Mida: “È il momento di raddoppiare l’impegno in Cina”, ha detto. Con Biden alla Casa Banca il rischio che il confronto tra le due superpotenze si estenda anche al campo finanziario, almeno nel breve periodo, sembra minore. I grandi capitali americani faranno pressione sul nuovo presidente per non perdere l’accesso alla Cina, proprio ora che il regime mostra segnali di apertura del mercato finanziario. Shen, dal suo ufficio di Hong Kong, sembra stare bene con Sequoia, sotto il cui ombrello ha appena aperto anche un fondo hedge. Ma se le cose dovessero volgere al peggio, se la geopolitica separerà Est e Ovest, Cina e Silicon Valley, il Re Mida del venture capital mondiale potrà sempre mettersi in proprio.