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 2020  novembre 09 Lunedì calendario

Come rimanere laici e neutrali nelle società multireligiose

I manuali di storia delle scuole francesi raccontano che nel loro Paese le guerre di religione fra cattolici e protestanti furono 8 e vennero combattute fra il 1562 e il 1598. Vi furono anche forti tensioni fra cattolici e laici nel 1905, quando una legge approvata dal Parlamento della Repubblica proclamò la separazione della Chiesa dallo Stato. Ma i sanguinosi scontri tra una confessione religiosa e lo Stato sembravano appartenere al passato. Oggi ne siamo meno sicuri.
Il clima è cambiato dopo il massacro di Nizza e la decapitazione di un insegnante che era colpevole soltanto di avere dimenticato il consiglio dato nel 1883, ai maestri, da un grande apostolo francese della laicità (Jules Ferry): «Evitate di fare affermazioni in materia di religione». Siamo ormai al punto in cui vi sono persone, come il presidente francese e il presidente turco, che si credono costrette ad alzare la voce.
Il caso del presidente francese è particolarmente interessante. Dopo la Rivoluzione del 1789 e la legge del 1905, la Francia ha fatto della laicità una sorta di fede culturale, da conservare come una indispensabile connotazione nazionale.
Ne comprendo l’utilità per un Paese in cui i musulmani oscillano fra il 5% e il 10% della popolazione (su un totale di 65 milioni), mentre gli ebrei, pur tendendo a diminuire, sono la più importante comunità europea (circa mezzo milione). La laicità, per un Paese multi-religioso, è una garanzia di neutralità. Vi fu un momento, quasi trent’anni fa, quando i ragazzi ebrei nelle scuole pubbliche non potevano indossare la kippà senza subire insulti e angherie dai loro compagni arabi. E vi furono casi in cui anche i musulmani erano vittime di sgarbi e violenze, e le tombe musulmane venivano profanate. Per correre ai ripari il governo francese creò, quasi vent’anni fa, una commissione sulla laicità (la Commissione Stasi, dal nome del suo presidente) che si dedicò ai problemi della convivenza, fra cui l’uso femminile del velo e del burqa nei luoghi pubblici.
Oggi la situazione è ancora più complicata e potenzialmente pericolosa. La religione musulmana non è soltanto la fede di alcuni milioni di migranti (spesso provenienti da Paesi che furono colonie francesi) e di un numero molto più piccolo, ma rispettabile, di francesi convertiti. È anche lo strumento di un uomo politico molto ambizioso (il presidente turco Recep Tayyip Erdogan) che se ne serve per proclamarsi difensore dell’Islam ed estendere l’influenza del suo Paese all’intero Medio Oriente. Le mire di Erdogan dovrebbero essere affrontate sul piano politico, ma Emmanuel Macron ha preferito atteggiarsi a moschettiere della laicità con dichiarazioni provocanti sulle intenzioni dell’islamismo che hanno nuociuto ai suoi rapporti con altri Paesi musulmani e hanno probabilmente giovato alla strategia del suo avversario. Se il problema è quello della laicità in un mondo in cui le religioni stanno ritrovando lo spazio lasciato alle ideologie, occorrerebbe una nuova Commissione, ma sotto l’egida dell’Unione Europea.