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 2020  novembre 08 Domenica calendario

Neandertal, non scimmie ma uomini

Nei paesi di lingua tedesca la persona rozza e tonta è apostrofata come neanderthaler: in realtà, sostiene e dimostra nel suo magistrale studio l’archeologa inglese della preistoria Rebecca Wragg Sykes, i neandertaliani erano tutt’altro che sprovveduti. Ci si sbaglia considerandoli frutti mal cresciuti di un ramo secco dell’albero della vita: furono nostri progenitori, con un’enorme capacità d’adattamento e di sviluppo materiale e sociale. Alcune ossa e la volta di un cranio di neandertaliani furono trovati la prima volta nel 1856 in una cava della valle di Neander vicino a Düsseldorf, da cui l’etichetta neandertaliani. Altri fossili (cioè ossa mineralizzate) furono trovati dieci anni dopo in Belgio e nel 1914 in Francia. Già allora sorse il dilemma se si trattasse di resti di una razza fisicamente in parte diversa da noi, oppure di antichissimi esseri preumani, oppure d’una specie di umani estinta. Quest’ultima è l’ipotesi meno controversa. Oggi si dispone di fossili di oltre 300 neandertaliani, di neonati fino ad adulti, talora un solo osso come un frammento di mandibola, ma anche scheletri completi o quasi.
Lo studio della loro civiltà (così la chiama giustamente l’autrice) si basa molto più sullo studio di milioni di manufatti che su quello di resti di ossa, come quelli delle mani che li hanno foggiati. Lo studio dei manufatti comprende l’analisi degli strati di terreno in cui si trovano, per stabilirne l’età. Solo così è possibile il tentativo di tracciare la storia della loro civiltà, ancora in parte sconosciuta. La descrizione delle metodologie complesse per lo studio dei resti fossili e dei manufatti è una parte assai interessante del libro. Un secolo e mezzo fa li si studiava col microscopio, oggi sono sottoposti ad analisi genetiche, chimiche e tomografiche che consentono ipotesi ben fondate sulla vita, i rapporti interpersonali, la morte, di quella gente. Lo studio dei soli denti, ad esempio, consente di indagare il ritmo della crescita. Resti dei cibi, infiltrati fra i denti, ci fanno conoscere di che cosa si nutrivano, aspetto fondamentale di ogni popolo. Il cibo cucinato è poi un indizio della scoperta e dell’uso del fuoco. Il ritrovamento, in Germania, in un’area popolata da neandertaliani, di scheletri di due cervi uccisi circa 120mila anni fa con lance di vari materiali accuratamente appuntite è una testimonianza di sagacia manuale e di comportamento collettivo nella caccia (Nature Ecology & Evol. 2, 1087-1092,2018).
Molti sono gl’indizi che i neandertaliani fossero abilissimi cacciatori e procacciatori di cibo. Il ritrovamento, anche in Germania, di cimiteri risalenti a 60-70mila anni fa lascia supporre il culto dei morti, che presuppone una visione religiosa della vita e la fede nell’aldilà. Che fossero uomini e non scimmie evolute lo conferma l’uso diffuso e intenso di molti materiali colorati nella manifattura dei vestiti, indizio di sensibilità artistica.
Oggi uno dei centri più interessanti, per la stranezza e la grandiosità di quel che si è trovato, è nella valle Aveyron, nel sud-est della Francia. In una caverna, circa 170mila anni fa furono abbattute oltre 400 stalagmiti (colonne calcaree). Le stalagmiti rimaste sono disposte in due anelli concentrici: un’architettura dal significato oscuro, forse una cattedrale primordiale. Di quest’antica umanità il libro descrive la vita dalla nascita alla morte, così com’è possibile ricostruirla con la ricerca dianzi ricordata. La sua origine risale a circa 350-400mila anni orsono. Le varie sedi dei resti lascia supporre che i neandertaliani fossero presenti quantomeno in tutta l’Eurasia, e probabilmente anche oltre, nei climi e nelle condizioni più diversi: fra i ghiacciai, nelle tundre, nelle foreste, coste e deserti. Il clima di allora non era quello di oggi: resti di elefanti ed ippopotami in Inghilterra, al tempo dei neandertaliani, lascia supporre una temperatura di 6 gradi superiore all’attuale. Sopravvissero ovunque. I loro rapporti con l’Homo sapiens emigrato dall’Africa in Eurasia non sono chiariti.
Secondo alcuni studiosi, la loro estinzione, circa 40mila anni fa, fu così rapida, senza eventi climatici negativi, da far supporre stragi ad opera dell’Homo sapiens, che avrebbe già allora rivelato parte della sua natura.
I neandertaliani usavano il linguaggio come strumento di riflessione e di comunicazione? La loro scatola cranica lascia pensare ad un cervello voluminoso, ma la parte anteriore del cranio era piuttosto piatta, con poco posto per i lobi prefrontali del cervello, organi fondamentali della riflessione e del linguaggio, di cui tutte le scimmie, anche lo scimpanzé, geneticamente così prossimo a noi, sono prive.
Il modello computerizzato delle corde vocali non esclude che i neandertaliani emettessero suoni simili ai nostri linguaggi. Resti fossili lasciano pensare che fossero destrimani, come la maggioranza degli esseri umani, che hanno i centri principali del linguaggio nell’emisfero cerebrale opposto a quello della mano più usata. Già in loro i due emisferi cerebrali si sarebbero diversificati. L’opinione più condivisa è che i neandertaliani, a partire da un periodo non chiarito, parlassero. Avevano quindi i lobi prefrontali. L’organizzazione sociale induce a credere che in loro fosse presente il senso del tempo e dello spazio. Reperti analoghi in luoghi lontani depongono a favore dell’ipotesi che fossero appassionati girovaghi, una virtù che potrebbe aver contribuito a salvarli durante i lunghi periodi in cui il livello del mare s’era alzato.
In sostanza, un popolo umano duttile e ingegnoso ancora poco conosciuto. L’autrice ha finito il libro all’inizio della pandemia di Covid 19, e si chiede se l’umanità attuale abbia a disposizione un espediente per evitare l’estinzione. come ebbero per millenni i nostri progenitori. I pochi neandertaliani dell’Eurasia potevano trasferirsi con facilità e sottrarsi a grame condizioni.
La pandemia attuale rivela quanto la civiltà, nonostante una tecnologia che sembra proteggerci da ogni male, sia incerta e instabile. «Un futuro d’alte temperature, di città soffocanti, di inondazioni, tempeste e pandemie è il bisonte che sta avventandosi contro di noi. Se non provvediamo in fretta i figli dei nostri figli saranno massacrati. E il sangue che scorrerà sarà quello degli ultimi neandertaliani».