la Repubblica, 8 novembre 2020
Marina Rinaldi, la prima oltre la taglia 40
Oggi parlare di moda oltre la taglia 46 è la norma. Anzi, fa tendenza. Ma non è stato sempre così: fino a qualche anno fa il sistema ignorava quel bacino di utenza. Tra le poche eccezioni a questo atteggiamento, la più rilevante è sempre stata Marina Rinaldi, la prima linea di lusso concepita per vestire fino alla taglia 60. Il che, come si diceva, oggi non sorprende più tanto; ma 40 anni fa, quando il marchio ha debuttato, le cose stavano diversamente. «È vero, le nostre clienti di riferimento sono state a lungo ostracizzate dal mondo della moda: direi che le cose sono iniziate a cambiare solo dieci anni fa», conferma Lynne Webber, managing director del brand del gruppo Max Mara. Nel tempo però anche l’approccio del marchio è molto cambiato. «Fino al 2012 la nostra comunicazione era concentrata sulle taglie. Abbiamo preso una nuova strada quando abbiamo capito la necessità di ribadire che le persone non sono definite dal loro corpo. In quel momento abbiamo scelto di concentrarci sulle donne in sé, e non sul loro fisico».
Da questa consapevolezza sono arrivate le collaborazioni con diversi stilisti – come Antonio Berardi, che ha firmato la linea per i 40 anni – e, soprattutto, nuove testimonial: icone come Carré Otis e Ashley Graham, ma anche volti emergenti come la svedese Sabina Karlsson e la statunitense Alessandra Garcia-Lorido. «Per anni ho dovuto soffrire la fame», ricorda Sabina, un passato da modella “regolare” che doveva mantenere un certo peso, «fino a quando non ce l’ho fatta più: sono tornata al mio corpo vero. Ero certa di poter riuscire in questo lavoro alle mie condizioni, e avevo ragione». Anche Alessandra si è dovuta confrontare con ideali estetici irraggiungibili: figlia dell’attore Andy Garcia, è cresciuta a Hollywood. Per sua stessa ammissione, un luogo con un’idea della bellezza molto ristretta. «Ho cercato così tanto di adeguarmici. Solo dopo i vent’anni ho trovato la sicurezza necessaria per accettarmi. Per questo so per esperienza diretta quanto conti sentirsi rappresentati: ti cambia la vita». Per lei perciò questo slancio dei creativi verso una moda più inclusiva non può che fare bene: «Spero solo che non si torni più indietro».
Ora come ora sembrerebbe impossibile regredire alla magrezza come unico canone estetico, ma forse il rischio c’è. «La moda è uno strumento potente: da Marina Rinaldi sono quarant’anni che la usiamo per abbattere gli stereotipi», spiega Lynne Webber. «Temo però che parte di quello che oggi si vede in passerella e si sente dire sul tema sia solo “promozionale”. Fa piacere tutto questo interesse, penso però sia sbagliato non far seguire alle parole i fatti. Vedremo. Nel dubbio, noi continuiamo per la nostra strada».