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 2020  novembre 08 Domenica calendario

Biografia di Maria Luisa Pellizzari raccontata da lei medesima

Lei è la prima donna vicecapo della polizia che assume il ruolo di vicario. Prefetto Maria Luisa Pellizzari, a 61 anni: primo pensiero?

«Che, forse, per come io ho vissuto e vedo la polizia da 35 anni, non è neanche una notizia».
E il più bel complimento?
«Dal mio Francesco, 17 anni, uno dei tanti liceali ogni giorno collegati alla Dad. Mi ha detto: “Che orgoglio”, mentre in realtà è stato un ragazzo così paziente. Sapeva che la madre amava anche la polizia».
La disinvoltura di chi sa smontare un rischio d’auto-celebrazione con sorriso anche femminile, perché dietro l’angolo c’è già un problema da risolvere. Pellizzari, origini a Padova, è già stata prima donna a capo dello Sco, il Servizio centrale operativo che coordina il lavoro delle squadre Mobili d’Italia.
Romana d’adozione, figlia di una maestra e un impiegato del Veneto, un matrimonio alle spalle, e poi ecco Francesco «arrivato quando non ci speravo più».
Prefetto, è con la ministra Lamorgese e col capo Gabrielli che arriva questa scelta. Un caso?
«Abbiamo un ministro illuminato, a cui appunto non c’è forse bisogno di aggiungere una “a”, perché ha coltivato una spiccata sensibilità sul tema: che appartiene da sempre anche al prefetto Gabrielli. Se non ci fosse questa lungimiranza di vertice, devo dire, tante cose non sarebbero state possibili».
Siete 90mila poliziotti, per le poliziotte è davvero più facile?
«Non voglio sminuire il significato di genere di questa scelta che mi inorgoglisce. Ma le donne sono nell’amministrazione da 40 anni, abbiamo questori, vertici di direzioni. Certo, lo stupore iniziale, quella difficoltà d’approccio che magari riscontrai io a metà anni Ottanta, non esiste. Per me, un valore enorme il senso della squadra. Se poi guidi con equilibro, con umanità, ci siscorda quasi il genere. È la forza di andare insieme su un obiettivo, ciò che ho imparato. Devo tanto a chi me lo ha passato e a chi lo ha appreso, collaborando».
Da quel primo incarico nella Scuola di Bolzano agli anni di Palermo, cattura di Bagarella.
«Mi sono formata molto a Palermo, anni 92-95, alla Dia, ero molto giovane, mi legai all’investigazione.
E non posso scordare quando, prima funzionaria alla Mobile di Roma, venni accolta da Nicola Cavaliere con grande rispetto e protezione. E oggi mi spiace non poter dire tutta la mia riconoscenza all’allora Capo, Antonio Manganelli (scomparso nel 2013, ndr ).».
Visto dal numero due del Dipartimento, il Paese attraversa la seconda ondata Covid tra incognite sanitarie e gravi tensioni di piazza.
«Sulla gestione sanitaria, guidano i provvedimenti del governo. Sul quadro difficile delle tensioni, ribadisco che le nostre antenne sono sempre state sensibilissime: siamo impegnati ventre a terra nella prevenzione e repressione, ma abbiamo ben presente che tanti soffrono situazioni di grave disagio».
Sono le possibili saldature tra sofferenze e strumentalizzazione dei clan a preoccupare.
«La fase è nuova, ma il metodo è collaudato. Abbiamo indicatori che i nostri uffici hanno trasmesso già al territorio. E accanto alle indagini, in questa fase, tendiamo al massimo tutta la nostra capacità di servizio.
Sentiamo che il cittadino ha bisogno di punti di riferimento e risposte».
L’economia in ginocchio attira
capitali mafiosi e contagio criminale, altro fronte caldissimo.
«C’è la massima allerta ovviamente. Da sempre, nelle crisi economiche, le mafie si infiltrano. Non parliamo solo del sud, ma anche del nord del Paese dove le dinamiche sono più silenziose e penetranti. Anche su questo il nostro impegno non può conoscere sosta o flessioni».
È arrivata qui: con quali sacrifici, fallimenti, rinunce ?
«Alcuni, sì. Ma la colpa può essere mia, più che della polizia».