la Repubblica, 8 novembre 2020
Le milizie che spaventano l’Fbi
I Kool and The Gang e i Sons of Illinois. Le canne dolciastre lungo Black Lives Matter Street e quelle al sapore di olio e grasso degli Ar-15 da trecento colpi. Accettare la sconfitta elettorale dovrebbe essere un dovere civico, ma questa America non sembra il posto giusto per sostenerlo. Se a Washington migliaia di democratici invadono le strade per fare festa, Fbi e dipartimento di Sicurezza interna temono che novembre potrebbe scatenare la reazione delle milizie di estrema destra, arrabbiate per la sconfitta di Donald Trump. Cinque gli Stati considerati più a rischio: Georgia, Michigan, Pennsylvania, Wisconsin e Oregon.
Ma alle statistiche sfuggono i cani sciolti, come padre e figlio della Virginia trovati giovedì sera a Philadelphia con un Ar-15 semiautomatico e centinaia di munizioni. Erano a pochi metri da centinaia di sostenitori democratici in attesa del risultato elettorale. A Phoenix hanno marciato con le armi al grido «contate solo i voti legali». I toni violenti usati dal presidente in questi quattro anni non possono evaporare con la fine delle elezioni. «Stand back, stand by», state in guardia, aveva detto Trump durante il primo dibattito elettorale, riferendosi ai suprematisti bianchi.
«Mi sono venuti i brividi – aveva scritto sul sito neonazi Daily Stormer, il suo fondatore, Andrew Anglin – anzi, ce li ho ancora. Il presidente ha detto alla gente di stare in guardia, cioè: preparatevi alla guerra». Un rappresentante repubblicano della Georgia, Vernon Jones, tre giorni fa ha detto «siamo pronti a sparare». Jones è afroamericano e accanto a lui aveva il figlio del presidente, un sorridente Donald Trump jr. A Los Angeles la polizia ha arrestato un ragazzo che su Instagram ha minacciato di fare una strage: «Se Joe Biden vince, farò come quelli che sparano nelle scuole, esco e faccio fuori un po’ di democratici, e visto che ci sono anche qualche pedofilo». Un anonimo ha postato una foto con tre fucili, una pistola e le parole «I’m ready», sono pronto. Un altro: «Siamo pronti a bardarci e a prendere le armi». E l’account “America1stAndOnly”: «Ho il fucile al mio fianco».
La differenza con il passato, ha spiegato al Washington Post Rita Katz, che traccia i movimenti online delle milizie, è che «molti americani si sentono in guerra in modo legittimo e sono pronti a fare del male agli altri». I miliziani usano Facebook e i follower non aspettano altro. Un gruppo, “Stop the Steal”, blocca il furto, aveva esordito con un messaggio innocente: «Welcome». Un’ora dopo aveva caricato video di trumpiani che protestavano fuori dai seggi elettorali. In meno di 22 ore hanno raccolto più di 320 mila follower, con adesioni arrivate al ritmo di cento ogni dieci secondi, tanto da spingere gli analisti di Facebook a controllare. L’account è stato bloccato. I “Boogaloo”, suprematisti in camicia da fiori, hanno raccolto 4 mila nuovi follower nelle ultime due settimane. I Sons of Illinois si dichiarano antigovernativi in opposizione a fascismo, socialismo, marxismo e comunismo. Ma amano le armi. E la tecnologia corre in soccorso. Una app fa da walkie talkie e permette collegamenti a distanza con il cellulare ma senza passare dalla linea telefonica, dunque con il rischio di essere intercettati.
Nella costellazione fascista figurano anche i Proud Boys, considerati la nuova milizia armata di Trump. Era a loro che il presidente si era riferito quando aveva detto «stand by». Si definiscono sciovinisti d’occidente, misogini, islamofobi, antisemiti, antiimmigrati e suprematisti. Dicono di essere 5 mila. Il nome ha origine tutt’altro che militare. Viene dalla canzone Proud of your boy, scritto per il film della Disney Aladdin. Tra i riti di iniziazione, elencare cinque marche di cereali mentre gli altri membri dell’organizzazione ti prendono a botte come un sacco. Ma salendo di livello, ti chiedono di partecipare ad aggressioni. Sul loro sito, una Statua della Libertà imbraccia l’Ak-47e un teschio porta capelli trumpianamente biondi.
È la retorica dei miliziani. Il punto è capire se adesso, dopo il lunghissimo abbraccio dei sostenitori democratici sotto la Casa Bianca, passeranno all’azione.