ItaliaOggi, 7 novembre 2020
Orsi & tori
Follia operativa per conflitto di interessi. Interessi anche politici e quindi costituzionalmente legittimi, ma, se applicati a una crisi come quella indotta dal Covid, letteralmente disastrosi. Conflitti fra istituzioni della Repubblica; conflitti fra gli esperti; conflitti per la lentezza esasperante della burocrazia; conflitti per incapacità di permettere ai cittadini di usare efficacemente la app Immuni; conflitti fra cultura ed economia; conflitti fra presidi e professori... E se non bastasse la ennesima novena del presidente del Consiglio, il bravo e personalissimo professore e avvocato, Giuseppe Conte. Il Covid funziona da rivelatore e certificatore delle gravi inefficienze del Paese. Un male non esclusivo dell’Italia ma che la coglie in condizione infinitamente più debole degli altri Paesi. Dove, obiettivamente, la contaminazione non è soltanto quella del Covid, ma come in Italia anche quella di una profonda deformazione della democrazia classica, quella di cui per fortuna i Paesi europei hanno goduto da oltre 75 anni in maniera ininterrotta.A deformare la democrazia è il potere dirompente che il forte sviluppo delle tecnologie ha assegnato a poche entità anche nei Paesi più democratici, in primo luogo per la decisione degli Stati Uniti di rinunciare alle regole di mercato, disattese quelle che c’erano e soprattutto senza che ne siano state create delle nuove.
Lo spettacolo squallido delle elezioni americane ne è la dimostrazione più palese.
Gli Ott, con ora in primo piano Twitter, che per dimostrare la loro forza censurano i due candidati.
Senza dover recitare la fulminante analisi del fisico, professor Armen Sarkissian, già citato su queste pagine, secondo cui un politico, un atto politico, come del resto molto altro, viene giudicato dal popolo dopo due secondi dalla pronuncia o dal compimento di un atto.
È la tecnologia, bellezza, direbbe lo slogan. Una tecnologia che ha dato un potere enorme ai cittadini, ma positivamente solo se fossero i cittadini a determinare le loro scelte in autonomia. Invece, i cittadini sono essi stessi manipolati in un intreccio vorticoso di algoritmi, di false news, che sono abbondantemente in maggioranza, e di una minoranza di notizie vere, difficili da individuare. Per esempio, è stato autorevolmente accertato che le notizie riguardanti il Covid sono fake news per ben il 67%.
Molti sono andati al potere dicendo che lo facevano per il bene del popolo e poi sono diventati tiranni o dittatori. Ora nel popolo sta vincendo l’illusione attraverso i social di avere potere, perché pensa che basti poter dire ognuno la sua. Nella democrazia classica e per decenni positiva, i cittadini hanno detto la loro al momento del voto. Oggi chi va a votare, spesso, replica modelli da cui è stato per mesi, per anni imbevuto.
Le elezioni americane sono un estremo, perché il presidente in carica è il primo dei populisti. Il loro andamento conferma la tesi della forza della propaganda attraverso i social che già aveva spianato la strada a Donald Trump. Ma questo è noto e verificato. Ciò che mette paura è che anche da parte di chi predica la democrazia classica, cioè per semplificare, i media moderati e democratici, si assiste a uno slittamento con frasi o titoli con il concetto che segue: a prescindere dal risultato finale, comunque, sottolineano, il 50%, più o meno, degli americani si identifica in Trump. E aggiungono, sia pure con parole diverse: non si può non tenerne conto. Che cosa vuol dire? Si spera vogliano dire che la democrazia è da ricostruire, perché se rimanesse quella che è oggi quella americana, ci sarebbe da tremare più che per il Covid.
Brogli, attacchi organizzati mentre sono in corso gli spogli dei voti, minacce assolute. O anche, dall’altra parte, annunci a mezza bocca di aver vinto prima che finiscano i conteggi: sono tutte deviazioni della democrazia nello stile europeo e minacce per la stessa. Non c’è un Covid che attacca solo i polmoni e altri organi; c’è un Covid che attacca i tessuti di una società civile. Perfino fra i più acerrimi nemici, durante le ultime elezioni regionali in Italia, si è assistito, per fortuna, a un certo stile nel congratularsi con il vincitore. Solo con forma e solo in Europa (non tutta l’Europa) si ha rispetto degli avversari? Se l’esempio è quello americano che vince, allora ben presto anche l’Europa potrà degenerare oltre i populismi che già inquinano la vita.
Anche in Italia, negli anni del dopoguerra, si è assistito ad attacchi fisici degli avversari in Parlamento. Poi con l’allontanarsi dai residui e dai rancori della guerra, questi comportamenti erano scomparsi. C’è appunto da augurarsi, visto che se si votasse oggi il risultato sarebbe altrettanto incerto che quello negli Usa, che una civiltà ultramillenaria come quella italiana ed europea non si faccia contaminare.
Ma c’è un altro aspetto su cui meditare e su cui copiare l’America. Non certo lo sfoggio e il mercato autorizzato delle armi per difendersi. Questo è il gradino più basso della democrazia. L’efficienza da copiare è quella in economia.
Si dirà: bella forza, gli Stati Uniti sono il Paese più ricco del mondo. Lo è certamente per le ricchezze naturali, dal petrolio in poi. Ma lo è anche perché ha alcune istituzioni che funzionano al servizio dell’economia. Sembrerà strano, ma la borsa sta funzionando e crescendo anche in questo contesto indecente di attesa dei risultati definitivi. E la borsa è da sempre il luogo dove confluisce il risparmio per andare verso le attività produttive. In Europa, e particolarmente in Italia, le borse sono deboli come capacità di attrazione del risparmio e quindi si assiste a record assoluti di denaro sui conti correnti bancari e nei titoli di Stato. Record che vengono raggiunti per due motivi: 1) per la preoccupazione degli italiani, campioni di risparmio, di abbandonare il contante; 2) perché l’offerta di investimenti adeguati è limitata.
C’è da sperare che il Covid oltre a far rinascere un più vivo spirito europeo con il Recovery Fund, spinga non solo la Francia (più Paesi connessi) e l’Italia a collaborare per la creazione di un vero mercato europeo dopo l’operazione Euronext-Borsa Italiana.
Una borsa che non sia un catino, per quanto efficiente, com’è la Borsa italiana può ricoinvolgere sulla strada dello sviluppo centinaia di aziende medie e piccole e inevitabilmente dietro di esse il risparmio degli italiani, superiore a quello di tantissimi Paesi del mondo ed europei, incluso la Germania. C’è una sintesi fatta in questo senso dal professor Paolo Savona, occasionalmente presidente della Consob ma mente lucida come poche sulla materia, che sottolinea due fattori fondamentalmente positivi per il futuro del Paese Italia: il grande risparmio e una bilancia commerciale sempre attiva, grazie alla capacità delle aziende italiane di esportare.
A questo va aggiunta una forza straordinaria di almeno una banca italiana. Per fortuna che c’è Carlo Messina, si potrebbe dire. Riuscire a ottenere nei 9 mesi risultati come quelli annunciati da Intesa Sanpaolo, con l’accantonamento del 20% dell’utile per coprire eventuali crediti in sofferenza, ma con l’ambizione dichiarata di distribuire un dividendo doppio, è, dovrebbe essere, un conforto per gli italiani. Una capacità di gestione che trova conferma anche nel risultato della acquistata Ubi. Quando Gaetano Miccichè è stato nominato amministratore delegato per portare a termine la fusione della banca bergamasco-bresciana, il budget dei nove mesi prevedeva un utile inferiore a 100 milioni di euro. Il risultato è stato quasi doppio.
Cari amici lettori, bisogna suonare la riscossa. La gestione del Covid, dopo il buon risultato del lockdown di primavera, è stata assurda, per usare aggettivi gentili. Ormai la analisi è chiara: ci si è riempiti la bocca con principi veri come quelli per cui la scuola andava riaperta per tutti. Giustissimo, ma non per ripetermi, bastava ricordarsi di quando, non moltissimi anni fa, le aule erano insufficienti e quindi si facevano due turni. Se avessero fatto due turni anche le aziende, non ci sarebbero stati gli intasamenti contagiosi dei trasporti. Se la scuola e le aziende fossero state organizzate su turni doppi sarebbe stato anche più facile dedicarsi al controllo della movida. E un’operazione organica sull’app, promuovendola con tutti i mezzi, ma costruendole intorno un mondo di efficienza e di servizio per chi si sarebbe visto recapitare segnalazioni di contatto con soggetti positivi, oggi l’Italia potrebbe essere come la Cina. Che è tornata in piena funzione e attività, come testimoniano tutti gli italiani che sono nelle varie parti del Paese.
Certo, è una questione di livello, dei componenti del governo. C’è da augurarsi che il capo del governo, Conte, abbia letto la seguente dichiarazione al Corriere della ministra della Scuola, Lucia Azzolina: «Rivoglio tutti in classe, ma sulla data non faccio pronostici». La ministra rivuole tutti in classe. Vada nel giardino di Boboli, dove neppure lì cresce l’erba voglio. Ma sulla data non fa previsioni. Ecco ora capiamo, ha voluto tutti in classe senza fare la minima previsione su che cosa sarebbe successo, non pensando nemmeno a dimezzare il pericolo di contatto. Così la scuola sarà in panne a lungo, come il Paese.