Il Sole 24 Ore, 7 novembre 2020
Biografia di Joe Biden
«Ciao ragazzi, sono Joe». Così su Facebook e Instagram, ogni mattina, da mesi, Biden salutava gli americani nei video che invitavano alla raccolta fondi. L’amico Joe, il candidato della classe media. Politico di lunga data, per 44 anni al Congresso. Democratico moderato. Pontiere tra i due partiti al Senato, “Middle class Joe” a 77 anni si è trovato catapultato nella sfida più grande. L’ennesima di una vita in salita che nonostante le fortune politiche non gli ha risparmiato nulla.
Joseph Robinette Biden jr, forse il 46esimo presidente degli Stati Uniti, ha perso la prima moglie Neilia Hunter e la figlia di tre anni Naomi Christina in un incidente stradale nel 1972. Si è risposato in seconde nozze con l’italo-americana Jill Jacobs nel 1977. L’aspirante first lady ha 69 anni, è di origini siciliane – Giacoppa è il suo cognome originario – e insegnante di inglese alle scuole superiori con un dottorato nel cassetto, scrittrice, appassionata runner, impegnata nel sociale e per lungo tempo nella formazione degli adolescenti con disabilità mentali. Non ha smesso di insegnare neanche quando Biden era vicepresidente. Donna di carattere e consigliera preziosa, da Biden ha avuto una figlia Ashley, 39 anni, assistente sociale e attivista politica.
Nel 2015 Biden ha perso il figlio maggiore Beau, veterano di guerra in Iraq, giovane attorney general del Delaware, per un tumore al cervello fulminante dopo 10 giorni di ricovero quando aveva 46 anni.
Una prova che Biden ha vissuto con discrezione da vicepresidente alla fine del secondo mandato di Obama, quando voleva mollare tutto. Da quella crisi la decisione di continuare il suo incarico, di ripartire e riaprirsi alla vita pensando all’America, al suo paese e a un servizio da onorare fino in fondo, nonostante il vuoto e il dolore privato per la perdita del figlio. Episodio fondamentale dietro la sfida di candidarsi per queste decisive elezioni.
Occhiali Ray-Ban, sorriso aperto, pochi capelli bianchi con il riporto e un principio di balbuzie su cui scherza sempre, l’amico Joe è l’uomo della porta accanto. Avvocato del Delaware, laureato in Scienze Politiche e Legge, primo di quattro figli di una modesta famiglia cattolica di origini irlandesi è figlio di un venditore di auto, Joe senior e di una casalinga, Catherine Eugenia Finnegan, che hanno avuto una profonda influenza sulla sua formazione di uomo.
Biden ha vissuto per anni la sua posizione privilegiata di senatore da pendolare. Niente suv nero con gli agenti di sicurezza e i vetri oscurati. Ma il treno che ogni mattina lo portava da Wilmington, a poca distanza da Philadelphia, a Washington. Avanti e indietro. Migliaia di chilometri. Per anni. Per poter mettere a letto i figli la sera e poterli vedere al mattino a colazione. Un uomo qualunque, dell’America suburbana, periferica, mai veramente a suo agio nelle stanze ovattate della politica della capitale federale. Fino a quando un giovane senatore dell’Illinois, improbabile candidato afroamericano alla Casa Bianca, gli chiede di fargli da secondo, e diventa il vice presidente di Barack Obama per due mandati.
Se la vittoria sarà confermata, Biden diventerà il più vecchio inquilino della Casa Bianca dopo Reagan. E resterà un solo mandato per motivi anagrafici. Lo ha sempre detto. Tra quattro anni passerà la mano. Forse a Kamala Harris, se la società americana sarà pronta ad avere la prima presidente donna. Si vedrà.
Quando nell’aprile 2019 ha accettato la sfida delle primarie democratiche, le più affollate della storia, con oltre venti candidati, una lista lunga come una intera squadra di calcio, nessuno ci scommetteva. Lui rappresentava il vecchio, la politica, l’establishment. Nell’aria il movimento #MeToo per l’empowering delle donne. La rivincita di Bernie Sanders, «Not Me We», il vecchio senatore progressista immolato dalle logiche di partito nel 2016 alla Clinton. Biden è meno brillante, più lento, poco televisivo, balbetta. Ma è un moderato, “the Quiet Man”, tenace e silenzioso come gli irlandesi, uomo di terra ed è un uomo delle istituzioni. Caratteristiche che si sono rivelate qualità vincenti di fronte alla politica muscolare e imprevedibile di Trump e hanno convinto la rissosa base democratica a sostenerlo davanti allo spettro di altri quattro anni alla Casa Bianca del tycoon.
Biden ha vinto le più difficili e combattute della storia americana facendo campagna elettorale dallo scantinato senza luce della sua casa. Per la sua età è un soggetto ad alto rischio Covid-19. Lo staff democratico a inizio di marzo lo ha costretto in isolamento nella villa di 900 metri quadri di Wilmington. La mansion che fu dei DuPont, circondata da un parco secolare con vista lago.
Le giornate di campagna elettorale del candidato presidente chiuso nel seminterrato sono state scandite dalle riunioni e dagli eventi della campagna virtuale su Zoom. Solo in casa con la moglie Jill, i due cani Major e Camp, non ha visto per mesi i figli Hunter e Ashley. Unica eccezione: le quattro nipoti adorate Natalie, Naomi, Finnegan e Maisy che due volte a settimana venivano a giocare dai nonni, che restavano a parlarci ma a distanza e preparavano la merenda per loro.
Solo due fidati collaboratori hanno assistito i Biden nelle attività quotidiane e avevano accesso alla casa. All’esterno della casa agenti dei servizi segreti hanno garantito discretamente la sicurezza del candidato democratico. I rarissimi visitatori ammessi indossavano mascherine e guanti.
Da casa, senza poter uscire, Biden ha affrontato le accuse di molestie di Tara Reade e le accuse al figlio Hunter -la “pecora nera” della famiglia con un passato di tossicodipendenze e alcolismo – per gli incarichi facili in Ucraina.
Ora la sfida più difficile per lui alla Casa Bianca nei prossimi quattro anni sarà quella di diventare il presidente di tutti gli americani e riunificare il Paese. Cercando di superare le lacerazioni che dividono le due Americhe.