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 2020  novembre 07 Sabato calendario

Su "La valle oscura” di Anna Wiener (Adelphi)

«Come descriveresti Internet a un contadino del Medioevo?». È la domanda che si sente rivolgere Anna Wiener in un colloquio per entrare in una startup della Silicon Valley. Wiener viene da Brooklyn, vive felicemente «ignara della Silicon Valley», ha un’esistenza «ostentatamente analogica» da millennial con la macchinetta fotografica del nonno, lavora nell’ambiente editoriale con uno stipendio che le rende difficile «lo stile di vita mondano, festaiolo e agiato» pensato per il suo ruolo («era bello ricevere gratis le ultime uscite, ma sarebbe stato più bello potersi permettere di comprarle»). La bassa retribuzione, nell’industria culturale newyorkese, si è autolegittimata come «rito di passaggio» e non «forma di sfruttamento sistemica», facendo affidamento su una «riserva di talenti che si autorigenerava» e «un elevato tasso di abbandono». Wiener – al pari dei suoi amici newyorkesi – non aveva mai considerato l’impatto della tecnologia sulla propria vita se non nella forma di un’indignazione generica verso il «grande negozio online» o dell’adesione al «social network che tutti odiavano» per confermare la partecipazione a un reading di poesia.
Torniamo, però, alla questione del contadino. Non sarebbe più interessante ribaltare la domanda e provare a descrivere un contadino del Medioevo a Internet? O meglio chiedersi perché la categoria del Medioevo e quella del contadino abbiano ancora una rilevanza tale in una società che sforna in continuazione nuove categorie sociologiche? Ha un che di paradossale che la retorica hi-tech abbia bisogno di un’opacità legata al passato per promuovere il nitore dell’innovazione sull’oscurantismo. E non mi sembra un problema da poco. Wiener è molto abile a smascherare queste fallacie nella retorica, grazie al suo stile ironico, lucidissimo, brillante e alla sua ossessione per i dettagli (a volte persino eccessiva nel registrare meticolosamente pasti, vestiti, scarti non biodegradabili, disposizione del mobilio). Eppure il suo memoir dei cinque anni passati nella Silicon Valley sconta il condizionamento umanista/intellettuale, e il processo di demistificazione deve mettere in conto anche una fase di misticismo: «Non mi ci volle molto per comprendere il culto dei big data. Le collezioni di dati erano ipnotizzanti: flussi digitali di comportamento umano, risposte a domande che non sapevo di avere»).
Wiener parte da un atteggiamento etico e scettico (nonché ambizioso e romantico), passa per l’euforia degli iniziati alla depressione dei consapevoli, e torna a uno scetticismo più morale. «Non avevo mai visto una giustapposizione così vergognosa di spudorato dolore e idealismo opulento» scrive approdata da poco a San Francisco e più tardi, in uno dei suoi ritorni a New York: «per un attimo mi parve di riuscire un po’ a comprendere, in maniera viscerale, la rabbia e il dolore che avevo osservato in alcuni residenti di lunga data a San Francisco». Una San Francisco dove si mangiano «insalate a diciotto dollari» aggirando le persone che «dormono su grate fumanti». Ma la New York che Wiener si è lasciata alle spalle è già un’altra città (a cui lei stessa aveva dato il suo contributo «con l’erosione della Greenpoint polacca e portoricana»). «L’accettazione della mia complicità su entrambe le coste» scrive, «restava comunque un atto passivo».
La valle oscura, nel titolo originale, non è oscura ma perturbante e fa riferimento al concetto di uncanny valley, secondo cui la sensazione di familiarità e gradevolezza generata dai robot aumenta con l’aumentare della loro somiglianza agli umani, fino ad arrivare a un punto di straniamento, di disagio, di uncanniness. Ci si può sentire eroici a indagare il male e sondare un abisso, ma se l’abisso si limita a essere una vallata tra l’inquieto e lo strampalato? Il linguaggio creato all’interno di questa contemporanea forma di abisso vira verso un’enfatica burocratizzazione: la semantica del male si rimodella intorno a metafore belliche e di conquista che il famoso contadino del Medioevo potrebbe afferrare prontamente.
«Stiamo realizzando prodotti (…) che possono sospingere il gregge dell’umanità». Sono le parole di un amministratore delegato. Dall’altro lato abbiamo la lingua di Wiener, che deve scontrarsi e ammettere le proprie complicità con il perturbante introiettato, e non si tratta solo di gentrificare quartieri, ma finire per accettare la «mitologia che il settore aveva creato su se stesso» fino a rendersi conto che non c’è una grande differenza col mondo editoriale: «dire che si faceva un lavoro per soldi era un po’ come urlare la parola di sicurezza in un rapporto sadomaso». E allora al contadino medievale va anche detto che si può partire da privilegiati spiantati, scrivere reportage narrativi per n+1, costruirci un bel libro e diventare corrispondenti del New Yorker.