La Stampa, 7 novembre 2020
Crediti deteriorati, bomba ad orologeria da 555 miliardi
I crediti deteriorati delle banche italiane «potrebbero astrattamente salire significativamente in percentuale rispetto agli attivi bancari verso privati e imprese e quindi posizionarsi in un range compreso tra 555 e 788 miliardi di euro, rispettivamente pari a un Npe tra il 25 per cento e il 35 per cento dei predetti attivi bancari».
È il passaggio più significativo della relazione del Copasir (il comitato parlamentare che si occupa di sicurezza nazionale)sulla tutela degli asset strategici nei settori bancario e assicurativo, inviata giovedì ai presidenti delle Camere.
Il livello attuale dei crediti deteriorati, ricorda la stessa relazione, è di 177 miliardi, dei quali 96 di sofferenze e 81 miliardi di Utp (Unlikely to pay). Pari a una percentuale dell’8,02% del totale dei crediti delle bache verso famiglie imprese (Npe appunto, Non performing exposure, il rapporto tra crediti deteriorati e totale degli attivi).
Secondo il Copasir, la cui analisi tiene ovviamente conto dello scenario di crisi economica innescato dalla pandemia di Covid, questo rappresenta «un gravissimo rischio a livello sistemico». L’incremento del rapporto tra crediti deteriorati e il totale degli attivi «potrebbe innescare - sottolinea la relazione - come già visto solo pochi anni fa - un circolo vizioso fatto di eccesso di crediti deteriorati/credit crunch/recessione».
La relazione sottolinea inoltre le regole adottate dalla Bce a fine 2018, note come «calendar provisining», che impongono limiti temporali molto rigidi per lo smaltimento dei crediti deteriorati. Norme già più volte criticate da parte italiana che secondo il Copasir potrebbero spingere le banche «a cedere questi crediti a condizioni molto svantaggiose, di cui i fondi e soggetti speculatori stranieri possono facilmente approfittare».
La relazione sottolinea anche come la moratoria sul recupero dei crediti, che per la normativa italiana è in vigore fino al 31 gennaio prossimo, per l’Ue è scaduta il 30 settembre scorso e in mancanza di un riallineamento incombono sulle aziende 300 miliardi di euro di crediti da rimborsare, pari al 27% del fatturato complessivo delle imprese nazionali. Con conseguenze potenzialmente rilevanti tanto sul tessuto produttivo per i rischi di default delle imprese che sull’occupazione.
Inoltre, il Copasir sottolinea il ruolo delle piccole banche come le Bcc per il sostegno al tessuto economico dei territori di riferimento, danneggiate dalla regolazione europea che impone anche a questi istituti una serie di regole rigide, auspicando l’applicazione di una distinzione regolatoria anche per dimensione e categoria e un revisione della riforma delle Bcc.
Nelle conclusioni, la relazione auspica «un più consistente impegno (...) nelle sedi europee», non solo dal punto di vista normativo ma anche «per quanto riguarda le strategie complessive».