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 2020  novembre 06 Venerdì calendario

I tre colori della pandemia

Il verde non si è acceso. Quindi non c’è via libera. Il verde del Covid free sulla cartina non c’è. L’Italia appare per la maggior parte colorata di giallo, con del rosso al Nord e in fondo allo Stivale, e poi l’arancione in due regioni. La scelta dei colori con cui dipingere la mappa del Bel Paese minacciato dal Covid 19 non era per nulla scontata. Il rosso sì, perché è il colore dell’allarme, del lì-non-si-passa, dello stop. Colore del sangue e dell’amore, è il più usato e amato, prima che il blu lo soppiantasse negli ultimi secoli, almeno in Occidente quale preferito. Nei primi semafori – il numero uno s’inaugura a Londra nel 1868 – il verde non c’era; poi negli anni Trenta del XX secolo in USA, i semafori sono bicolori: rosso e verde. Secondo Michel Pastoureau, studioso di iconologia, nel passato il verde era il colore del disordine, della trasgressione, di ciò che si oppone all’ordine costituito. Oggi è invece il colore della Natura e dell’ecologia: piacevole. Così è diventato il complementare del rosso, il suo opposto simbolico. Si è cominciato nel Settecento con la formula marinara “dare luce verde”, che vuol dire autorizzare il passaggio; oggi verde significa: lasciapassare, libertà. Niente verde sulla cartina proposta dal Governo. C’è invece il giallo spalmato su gran parte della penisola. Anche il giallo è un colore dell’allarme, per quanto si identifica con la luce e con la luminosità. Si tinge di giallo tutto ciò che si deve vedere bene. I bambini, poi, colorano in questo modo il sole: gioia, energia, bellezza. Nel mondo antico e medievale c’è il giallo-oro: tesori, monete, ricchezza, potere. In realtà è un colore ambivalente, poiché è associato alla malattia e alla morte. Giuda è vestito con una veste gialla, e col giallo sono marchiati gli ebrei a partire dal medioevo, anche se non si sa bene quando questo sia cominciato e perché; per un lungo periodo si imponeva loro il nero o segni distintivi di tipo geometrico (losanga, stella, rotella). E non solo a loro, ma anche a tutti coloro che esercitano mestieri ritenuti disonesti o pericolosi come i chirurghi, i musicanti, i vagabondi, i mendicanti, le prostitute. Il giallo scompare dagli abiti delle classi alte a partire dal XIII secolo. Anche oggi è ben poco indossato. La controprova la forniscono le automobili gialle in circolazione: pochissime. Per quanto sia tornato di moda con la rivolta dei gillets jaunes, resta sempre un colore pericoloso. Poi c’è il “pericolo giallo”, una formula inventata nel 1895 da Guglielmo II in Germania e rimasta a lungo per indicare le popolazioni asiatiche: giapponesi e cinesi, per quanto il colore della loro pelle non sia affatto giallo. Nella scelta dei tre colori dell’Italia del nuovo piccolo lockdown di questi giorni la cosa più interessante è l’arancione, reputato un colore intermedio tra il rosso del massimo pericolo e il giallo del piccolo pericolo. Perché l’arancione? Nei sondaggi di opinione sul gradimento dei colori l’arancione si colloca tra i meno amati, quasi quanto il marrone, ancora più in basso nella classifica. Il fatto è che l’arancione viene oggi percepito come un rosso meno forte, più blando. Colore di forte visibilità è senza dubbio un colore naturale, ma difficile da rendere nelle colorazioni artificiali, tanto è vero che è abbastanza raro nella pittura medievale, perché si stinge e non possiede la forza del rosso o del giallo. Sono stati gli Impressionisti a dare forza all’arancione come parte della luce solare. Poi è diventato, in virtù della sua vicinanza al rosso, ma non sovrapposizione, il colore di vari movimenti politici, a partire dalla rivoluzione arancione in Ucraina, ma non ha portato grande fortuna a chi l’ha scelto come emblema. Adesso sta lì nella mappa del secondo lockdown a indicare le regioni né carne né pesce.
Non guarite, perché verde non lo è nessuna, ma neppure malate gravi, come indica la scelta alternativa del rosso per le regioni con maggior contagi e dati allarmanti. Forse a Palazzo Chigi conoscono un’affermazione di Kandinsky: «L’arancione è come un uomo che cerca disperatamente di convincere della sua forza». Forza o impotenza: a metà strada. Insomma una via di mezzo, come le scelte che si fanno dopo l’arrivo del Covid 19.